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Droni sottomarini e satelliti per monitorare il decommissioning

satellite Esa
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Un progetto coordinato da Enea metterà in campo tecnologie innovative per il monitoraggio ambientale applicato allo smantellamento e la riconversione delle piattaforme petrolifere di gas naturale e di parchi eolici marini.

Si chiama INSURE (Innovation in sustainable offshore decommissioning) l’innovativo progetto coordinato da Enea che ha vinto un bando dell’Agenzia spaziale europea (ESA) per realizzare lo smantellamento e la rifunzionalizzazione di piattaforme petrolifere, di gas naturale e parchi eolici marini giunti a fine vita. A realizzarlo sarà una cordata mista di imprese italiane – Eni, NEXT Ingegneria dei Sistemi, SRS Servizi di Ricerche e Sviluppo, TIM – e organizzazioni di ricerca come International research school of planetary sciences e METAPROJECTS.

“Il progetto – spiega Antonio Palucci, responsabile del Laboratorio Enea di diagnostiche e metrologia – è strettamente legato all’utilizzo di tecnologie satellitari dell’Agenzia spaziale europea per lo smantellamento in sicurezza delle infrastrutture energetiche giunte a fine vita. Nello specifico, Enea sperimenterà nuovi sistemi di monitoraggio ambientale con tecnologie innovative: droni, sensori, sistemi IoT e di intelligenza artificiale”.

Dott. Palucci, il progetto sta muovendo i primi passi, ma avete già esperienza nell’uso dei droni nell’ambito del monitoraggio ambientale. Può spiegarne i vantaggi?

“Enea sta sviluppando sia l’uso di droni volanti che sottomarini. Nel nostro Centro ricerche del Brasimone, nell’Appennino bolognese, abbiamo avviato il primo progetto Exadrone, con l’obiettivo di utilizzare droni terrestri per il monitoraggio ambientale. Inoltre, ci occupiamo da trent’anni di monitoraggio delle acque marine, con campagne oceanografiche realizzate in tutto il mondo, anche in Antartide. Per questo progetto installeremo sensori laser per il monitoraggio marino sui droni che, rispetto ai natanti, sono più veloci, permettono di risparmiare su tempi e costi di realizzazione e di esplorare ambienti difficili. Si indirizzano verso l’area bersaglio ed eseguono la scansione dei dati, inoltre, i droni sottomarini possono scambiare informazioni anche con i satelliti grazie alla loro dotazione di modem, sistemi ottici e acustici hi-tech”.

L’Agenzia Spaziale Europea ha finanziato il progetto sull’utilizzo dei droni, pur occupandosi di tecnologie satellitari.

“L’ESA punta a ottimizzare la sinergia tra le tecnologie spaziali e i droni sottomarini. Questi ultimi hanno un raggio di azione limitato rispetto al satellite, in grado di monitorare un’area molto più grande. All’interno di un progetto comune ognuno fa la sua parte e le due tecnologie comunicano: di fatto i satelliti verranno utilizzati per indagini sullo stato delle piattaforme”.

Le piattaforme ospitano poi macchinari, strutture che non servono più. Come saranno gestite?

“I macchinari saranno smontati, ripuliti e, possibilmente, riutilizzati. Le materie prime recuperate saranno riciclate”.

La dismissione non comporta la distruzione delle piattaforme. Come vengono riconvertite?

“Ci sono molte possibilità: alcuni progetti prevedono la realizzazione di impianti eolici oppure la trasformazione delle piattaforme in centrali solari fotovoltaiche, con stazioni per la produzione di idrogeno da energia rinnovabile. Con l’Università di Chieti ad esempio, stiamo lavorando per la conversione delle piattaforme in laboratori dove poter studiare meteorologia, dinamica delle onde o fare ricerche ambientali e biologiche. Ma ci sono anche progetti per trasformare le piattaforme in centri per il diving e l’esplorazione dell’ambiente sottomarino. In Italia, rispetto ad altre parti del mondo, si registra un grande sforzo per assicurare una seconda vita alle piattaforme”.

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Redazione

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