Il cambiamento climatico spesso ha un effetto moltiplicatore sulle disuguaglianze di genere, soprattutto nel Sud del mondo. Lo denuncia Terre des Hommes, che in occasione della Giornata mondiale delle bambine ha raccolto testimonianze di ecofemminismo e impegno per la giustizia climatica.
Dalle Filippine al Messico e al Brasile, passando per l’Italia, le donne e le ragazze sono in prima linea contro la crisi climatica. Molto spesso, sono anche quelle che ne subiscono più pesantemente gli effetti, in particolare nel Sud del mondo, dove le conseguenze del riscaldamento globale si fanno già pesantemente sentire. Secondo le Nazioni Unite l’80% dei migranti climatici è donna; almeno 380 milioni di donne vivono in un contesto di elevato o critico stress idrico e il loro numero, secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i diritti delle donne UnWoman, è destinato ad aumentare. Il cambiamento climatico ha un effetto moltiplicatore “sulle forme nuove o già esistenti di disuguaglianze di genere”, ha dichiarato Reem Alsalem, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne e le ragazze, le sue cause e conseguenze.
L’aumento degli eventi climatici estremi ha, insomma, impatti particolarmente gravi sulla vita di milioni di donne e di ragazze. Lo sanno bene, per esempio, Maria Reyes (messicana, 20 anni) o Mitzi Jonelle Tan (filippina, che 20 anni li aveva nel 2017 quando decise di diventare un’attivista per il clima) ma anche le giovani donne indigene che hanno deciso di formare il Rural Women’s Microenterprise Network nella regione amazzonica brasiliana e che sono alcuni dei volti protagonisti delle storie di ecofemminismo e impegno per la giustizia climatica raccolte da Terre des Hommes nel dossier Indifesa 2023, “La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo”. Un’iniziativa che l’associazione presenta oggi, in occasione della Giornata mondiale delle bambine che si celebra l’11 ottobre.
Storie di ecofemminismo e giustizia climatica
“Vivevamo tutti con mia nonna, alla periferia della città di Puebla, in Messico; da un giorno all’altro non c’è più stata acqua”, ricorda Maria Reyes, attivista del Movimento per il clima dal 2019, che fin da bambina ha sperimentato sulla propria pelle la crisi idrica che ha colpito il Messico, con il forte aumento delle temperature e della siccità che rendono sempre più difficile coltivare i campi, e a cui si accompagna l’intensificarsi di tifoni e inondazioni. “Il 70% del territorio messicano è vicino al Day zero, il giorno in cui resteremo completamente senz’acqua perché non ce ne sarà più – spiega Reyes – sono arrivata all’attivismo per il clima attraverso l’ecofemminismo, che mi ha fatto capire come le ingiustizie con cui mi ero sempre scontrata erano sistematicamente collegate alla crisi climatica”.
Mitzi Jonelle Tan ha deciso, invece, di entrare a far parte di una rete di movimenti filippini e internazionali impegnati per la difesa dell’ambiente e la giustizia climatica nel 2017, durante una marcia dei popoli indigeni per protestare contro la violazione dei loro diritti e lo sfruttamento delle terre ancestrali. Oggi è portavoce dell’alleanza Youth Advocates for Climate Action Philippines ed è tra i portavoce di Fridays for Future International. Nel corso degli ultimi anni le Filippine sono state colpite sempre più frequentemente dai cosiddetti super-tifoni che causano distruzione, morti e migliaia di sfollati.
Rete, condivisione e lavoro di gruppo sono alla base anche del Rural Women’s Microenterprise Network: un progetto di micro imprenditoria femminile che, oltre a promuovere la silvicoltura comunitaria per ridurre la deforestazione, ha permesso a giovani donne indigene della regione amazzonica brasiliana di ritagliarsi spazi politici, partecipando a dibattiti sul lavoro e sulla conservazione dell’ambiente. Una strada tutt’altro che in discesa per le donne indigene e non solo. Ma è sempre più chiaro che “i diversi approcci alternativi sperimentati dalle donne nella filiera agro-alimentare e, più in generale, nella gestione delle risorse possono davvero aprire la strada a stili di vita sostenibili per tutti”, racconta a Terre des Hommes anche Irene Gonzales, 26 anni, portavoce per l’area milanese di Extinction Rebellion.
Donne in prima linea per combattere la crisi climatica
“Oggi finalmente si inizia a parlare dell’intersezione tra clima e genere con dati alla mano, condividendo sia l’impatto che la crisi climatica ha sulle donne che le opportunità che la transizione ecologica ed energetica potrebbe riservare alle donne” scrive nel dossier Indifesa Martina Rogato, co-chair del Women7, il gruppo ufficiale del G7 sulle pari opportunità che sarà ospitato in Italia nel 2024, in occasione della presidenza italiana del Gruppo dei 7. Si parla di 60 milioni di posti di lavoro generati dall’evoluzione green del mercato del lavoro entro il 2050, in base a quanto dichiarato dalla Commissione europea. “Per combattere la crisi climatica, è necessario che le donne, in un’ottica intersezionale, siano in prima linea nelle istituzioni, nelle organizzazioni e nei movimenti della società civile e che si diffonda una lente femminista per raccogliere dati disaggregati, disegnare soluzioni testate ex ante anche in ottica di impatto sul genere e per costruire una cultura realmente più rispettosa del pianeta ma anche delle diversità”, dice Rogato. Che ricorda anche il ruolo svolto dall’attivista brasiliana Txai Surui, impegnata contro l’estrazione illegale di materie prime e la deforestazione, prima donna della sua comunità a studiare legge per formarsi come avvocata ambientale. O di Helena Gualinga, volto della lotta dei Sarayaku per i diritti alla terra in Amazzonia: una battaglia che dura da decenni, prima che l’attivista nascesse, e che ha visto la comunità indigena lottare per anni contro i soprusi delle multinazionali petrolifere in Ecuador.
Donne più preoccupate per l’ambiente
A preoccuparsi per la crisi climatica sono soprattutto le donne. Se soffre di eco-ansia il 45% di chi ha tra 16 e 25 anni, secondo i rilevamenti dello Stanford Medicine Center for Innovation in Global Health su un campione di 10.000 persone in 10 Paesi nel 2021, in Italia secondo l’Istat – che nel Rapporto generale2023 ha dedicato un approfondimento sulle differenze di genere – la preoccupazione per le tematiche ambientali è più diffusa tra le ragazze e le donne. E la differenza è particolarmente evidente tra i più giovani: nella fascia 14 – 24 anni si dice preoccupato più del 66% delle ragazze contro il 58% dei coetanei maschi. Tra i giovanissimi (14 – 19 anni) le ragazze sono più preoccupate dei loro coetanei per i cambiamenti climatici (+7%), la perdita di biodiversità (+7%), la produzione e smaltimento dei rifiuti (+4%) e la distruzione delle foreste (+4%).