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Deforestazione: che cos’è e perché è in aumento

La deforestazione minaccia le foreste
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Quando parliamo di deforestazione, o di disboscamento, utilizzando un termine suo sinonimo, ci riferiamo all’eliminazione della vegetazione da un’area boschiva. Vi sono molteplici ragioni per metterla in atto, molte delle quali sono nocive all’ambiente, com’è noto. Qui occorre però fare un importante distinguo. Non necessariamente l’azione di deforestare fa male al pianeta. Vi sono infatti frangenti in cui un disboscamento controllato, e ben gestito, mantiene la foresta in salute, garantendo a ogni pianta lo spazio che le occorre per crescere e limitando il depauperamento del suolo sottostante, che può risentire della presenza di troppe radici in un’area ristretta.

Le cause della deforestazione

Fatta eccezione per le situazioni salubri di cui si è scritto, a questa parola si accostano dati preoccupanti. Il tasso di perdita di area forestale, in tutto il mondo, è infatti allarmante. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), nel trentennio 1990-2020 abbiamo perso 420 milioni di ettari boschivi a causa della deforestazione. Si tratta di un’area ampia quanto il territorio dell’intera Unione Europea. La ragione principale per cui si mette in atto il disboscamento è quella di liberare terra per destinarla ad altri scopi. Causare degrado forestale significa provocare la perdita della capacità dei boschi di produrre benefici essenziali, come fornire legname o tutelare la biodiversità.

I processi di deforestazione avvengono principalmente nei tre maggiori bacini forestali presenti sul pianeta Terra. Si tratta dell’Amazzonia, in Sud America; il Congo, in Africa Centrale, e il polmone pluviale del Sud-est asiatico. In Europa siamo testimoni del processo inverso, dal momento che la superficie boschiva del vecchio continente è aumentata di oltre il 5%, nel nuovo millennio.

Le foreste coprono il 31% della superficie terrestre globale (dato in diminuzione, proprio a causa del costante disboscamento di cui stiamo trattando) e ospitano la maggior parte della biodiversità del nostro pianeta. Le regioni ove sono collocate le più ampie macchie boschive danno rifugio a popolazioni native, le quali vivono in simbiosi perfetta con la natura e si sostengono grazie a essa. Il 25% dell’umanità conta su un reddito legato direttamente alla foresta. Gli alberi più imponenti svolgono un ruolo insostituibile nell’assorbimento del carbonio. Eppure, preferiamo raderli al suolo per favorire uno stantio modello di urbanizzazione e liberare terreno per l’agricoltura di stampo industriale.

Conseguenze di una deforestazione indiscriminata

Per preservare il patrimonio boschivo mondiale occorre gestire in maniera corretta e sostenibile le foreste. Esse sono probabilmente la migliore arma a disposizione dell’umanità per mitigare il cambiamento climatico. Trattenendo l’anidride carbonica bonificano e ripuliscono l’atmosfera e, dunque, l’aria che respiriamo. Il disboscamento indiscriminato impedisce alla macchia di portare a termine questo suo ruolo. Perdere biodiversità e accelerare il global warming significa causare siccità, inondazioni e incendi. Questi fenomeni si stanno già verificando a frequenze preoccupanti e, oltre a mettere a rischio la nostra incolumità e i luoghi che viviamo, portano anche a ulteriore deforestazione.

Questo circolo vizioso va interrotto, o finirà per deturpare il pianeta, mettendolo esponenzialmente sempre più a rischio. Le foreste sono un tesoro da tutelare, non un fastidio o una scomodità da eliminare.

La deforestazione deturpa il pianeta, mettendo a rischio le sue difese naturali contro le calamità più temibili

Quali sono i Paesi più colpiti dalla deforestazione?

Il nostro pianeta ha bisogno di alberi. Ci servono per mantenere fertili i suoli, prevengono erosione e smottamenti, assorbono e conservano l’acqua in maniera tale da mitigare o evitare completamente le inondazioni. Tutti gli animali – essere umano incluso, naturalmente – ne necessitano se vogliono sopravvivere e proliferare sulla Terra. A livello internazionale si constata una certa sensibilità, sempre maggiore, nei confronti della deforestazione. Numerosi Paesi, infatti, stanno adottando politiche per ridurla e contrastarla. Numerosi, però, non significa tutti. Vi sono infatti alcune nazioni particolarmente colpite dal fenomeno, presso le quali il disboscamento è in aumento.

I Paesi più colpiti e minacciati sono Laos, Portogallo, Svezia, Finlandia, Nicaragua, Cambogia, Guatemala, Indonesia, Paraguay e Malesia. In quest’ultimo stato, il tasso di deforestazione è al 14,4%. Una percentuale agghiacciante. Dall’indipendenza in poi, il Paese ha puntato sul legname per raggiungere un certo grado di stabilità finanziaria, senza preoccuparsi delle conseguenze di questa scelta. Stupisce il dato relativo alle nazioni scandinave. Il manto forestale è particolarmente minacciato a queste latitudini. Ciò si deve ad aree grigie nella legislatura, che consentono ai taglialegna di fare il buono e il cattivo tempo in ampie aree di macchia boschiva (Finlandia) e al giro di affari di IKEA (Svezia).

Il caso del Portogallo è frequentemente preso da esempio. Data la sua contenuta dimensione e la considerevole espansione delle sue foreste, la nazione iberica sta disboscando a un tasso allarmante. Continuando di questo passo, i lusitani sperimenteranno molto presto gli effetti del surriscaldamento globale, divenendo una sorta di cartina al tornasole per tutti gli altri Paesi. Siccità, carestie e inondazioni potrebbero essere presto una triste realtà a queste latitudini. I modelli meteorologici stanno già suonando il campanello d’allarme per il Portogallo, ma alla politica non sembra interessare più di tanto.

Amazzonia

Vediamo ora in quale situazione versino alcune delle aree maggiormente colpite dalla deforestazione selvaggia. Un allarmante report del WWF ci dice che, entro il 2050, perderemo 230 milioni di ettari di foreste. Gran parte di queste macchie è collocato nella fascia tropicale del pianeta, quella che ospita il maggior numero di residenti.

Nicaragua e Guatemala sono due Paesi che ci mostrano molto bene quale dramma stia vivendo l’Amazzonia. I governi non riescono ad arginare le attività dei taglialegna, o non vogliono farlo. Questa inazione ha portato alla moltiplicazione dei problemi ecologici e ambientali nella regione. A causa di essi, l’inquinamento è aumentato, la scarsità d’acqua si è fatta endemica e le dispute sulla terra sono diventate abituali. In Guatemala le precipitazioni sono ormai una minaccia. Non di rado una pioggia torrenziale crea laghi di fango mortali, perché capaci di sommergere fatalmente la popolazione locale. Un numero di piante sempre più ristretto non può certo opporsi con efficacia alla furia meteorologica.

In questa zona del mondo non è raro che si abbattano cicloni e uragani. Le foreste rappresentano una difesa naturale, in quanto possono rallentarne la corsa e limitare i danni a cose e persone. Privandoci di esse non facciamo che aumentare i rischi di un impatto devastante. Al giorno d’oggi, Paesi in via di sviluppo, come la maggior parte di quelli amazzonici, sono a elevato rischio di calamità naturale distruttiva.

Malesia

Per quanto riguarda la Malesia, qui la deforestazione è stimolata dal governo e praticata senza freni. Sebbene la politica non agevoli più questa pratica come faceva fino agli anni ’80, quando anche a queste latitudini si è iniziata a sviluppare una certa sensibilità ambientale, non esiste ancora alcun tipo di legislazione contro il disboscamento, che resta una delle principali fonti di reddito nel Paese. Spesso sono le grandi multinazionali a sovvenzionarla, perché hanno bisogno di terreno sul quale piantare le palme da olio necessarie alla produzione alimentare.

Una motosega che taglia un tronco in una foresta
Sebbene il disboscamento controllato e ben gestito sia di aiuto alla salute della macchia, una deforestazione selvaggia causa grossi problemi all’ecosistema, perché lo indebolisce considerevolmente

Africa centrale e orientale

Questa regione del mondo possiede una grande varietà arborea e si caratterizza per governi deboli, i quali difficilmente possono mettere i bastoni fra le ruote di multinazionali e gruppi imprenditoriali senza scrupoli capaci di pagarsi, letteralmente, l’utilizzo di aree boschive dalle quali trarre legname. Le imprese, da queste parti, non si limitano a tagliare piante per guadagnare spazio per le colture, ma anche per introdurre legni rari e pregiati sul mercato.

Australia

In Oceania, e soprattutto in Australia, gli allevatori sono i principali fautori della deforestazione. Il caso del Queensland esemplifica bene che cosa significhi avere interesse nella scomparsa delle macchie boschive. In questo Stato si disbosca a ritmi da record e, nello spazio di pochi anni, si è assistito a una distruzione senza precedenti.

Al termine del 2022 il governo rese nota la scomparsa di 418.656 ettari di suolo nel biennio 2019-2020. Una cifra mostruosa per un distretto che, se fosse una Stato nazionale, sarebbe il nono Paese al mondo per superficie forestale distrutta. L’85% dei boschi devastati, nel Queensland, diventa un allevamento. Come se ciò non bastasse, oltre il 50% della vegetazione sradicata (siamo intorno al 52%), si compone di piante di vecchia crescita, con almeno 15 anni di età.

Russia

In Russia, il campanello d’allarme sta suonando sulle sponde del lago Bajkal, che contiene il 20% dell’acqua dolce, non congelata, che abbiamo a disposizione sul pianeta. Nel 2023 il Parlamento russo ha autorizzato una massiccia deforestazione della macchia che lo circonda, già minacciata dal turismo di massa. Le seghe potranno aggredire una superficie di 90mila metri quadrati, intorno allo specchio idrico. La diversità di questo bioma è strepitosa: delle oltre 2000 specie animali e vegetali che troviamo da queste parti, più della metà si trovano soltanto in questa area. Il disboscamento, naturalmente, corre il rischio di estinguerne buona parte.

La mappa delle foreste globali

Prima di concludere, analizziamo quale sia lo stato attuale delle foreste del mondo. I boschi ricoprono oggi circa il 31% della superficie del Pianeta. Parliamo grossomodo di 4 miliardi di ettari, dunque circa 0,52 a persona. Ogni dodici mesi, nel mondo, perdiamo qualcosa come 10 milioni di ettari di macchia. Il tasso di deforestazione globale, nell’ultimo decennio, appare in calo. Ciò vale per le foreste europeenord americane e dell’Asia. In Africa e Sudamerica, però, la situazione è ben diversa. Da queste parti, il disboscamento avanza inarrestabile.

Trillion Trees – una joint venture fra WWF, Birdlife International e Wildlife Conservation Society dedicata al sostentamento delle foreste – ha calcolato come, negli ultimi 20 anni, quasi 59 milioni di ettari di foreste nel mondo siano ricresciuti. Si tratta di un’area ampia quanto l’intera Francia. È una grande notizia. Una simile superficie alberata è infatti in grado di assorbire l’equivalente di 5,9 miliardi di tonnellate di CO2. Tale quantità supera le emissioni annuali degli USA. Questo dato ci dà speranza, ma quello della deforestazione selvaggia è ancora un problema concreto e troppo diffuso.

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Mattia Mezzetti

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