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Deep sea mining: quali impatti per il pianeta?

Con il deep sea mining rischiamo di inquinare l'ambiente per andare alla ricerca di minerali negli oceani: ecco i suoi potenziali effetti negativi.
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L’attività di estrazione mineraria in mare aperto, anche chiamata deep sea mining, ci permette di estrarre risorse minerarie fondamentali per la nostra economia e per la generazione di energia. La tanto attesa transizione ecologica, necessaria affinché il genere umano possa sperare di avere un futuro su questo pianeta, passa anche per l’esplorazione di nuove risorse, incluse quelle presenti sul fondo dei nostri oceani. Ecco perché un numero crescente di Paesi e aziende stanno cercando di sviluppare una nuova industria, per l’appunto quella del deep sea mining, che non è però evidentemente priva di lati oscuri.

Vediamo dunque qui di seguito quali sono i rischi ambientali connessi al deep sea mining e in che modo questo tipo di attività può minare alla salute dei nostri mari e dell’ambiente più in generale.

Indice

Che cosa si intende con deep sea mining

Il deep sea mining è una pratica alla quale puntano molti stati e molte aziende ma quanto è davvero sostenibile? Vediamolo insieme.
Il sole che tramonta sull’oceano

I nostri fondali marini sono ricchissimi di materiali molto preziosi, come ad esempio alcuni metalli, la cui estrazione potrebbe rivelarsi molto utile in un’ottica industriale, e non solo. Ecco perché negli ultimi anni stiamo assistendo a quella che ha tutte le sembianze di una vera corsa all’oro moderna che però presenta una minaccia diretta per gli oceani e i mari del nostro pianeta. L’aumento della domanda di materie prime ha portato a considerare l’estrazione di metalli e terre rare dalle profondità marine come una potenziale fonte di risorse, con l’avvio delle prime operazioni previsto già a partire dal 2024. Tuttavia, gli impatti del deep sea mining sono ancora poco chiari e difficili da valutare, e stanno generando una viva preoccupazione tra la comunità scientifica internazionale.

Come sottolinea anche Greenpeace, questo nuovo tipo di estrattivismo potrebbe seriamente intaccare, per di più in modo irreversibile, ambienti unici che giocano un ruolo chiave negli equilibri del nostro pianeta Terra. .

Una questione molto aperta

I fondali marini sono ad oggi alcuni tra i pochissimi ambienti davvero incontaminati rimasti sulla faccia della Terra: perché, dunque, andare per forza a mettere a repentaglio la loro stabilità e i loro preziosi ecosistemi? Per provare a rispondere a questa e ad altre domande lo scorso luglio è stato necessario che l‘Autorità Internazionale dei Fondali Marini (AIFM, una delle tante agenzie dell’ONU) si riunisse a Kingston, in Giamaica. Sembra che la questione non solo sia molto aperta, ma anche molto dibattuta: i membri dell’Autorità si sono infatti divisi in due fazioni, da un lato chi vorrebbe dare il via alle prime esplorazioni, dall’altro chi ha intenzione di battersi contro questa nuova industria inquinante.

Valutare gli effetti concreti di questo tipo di attività, ad ogni modo, è complesso. Poiché il mare profondo rimane poco studiato e mal compreso, ci sono molte lacune nella nostra comprensione della sua biodiversità. Questo rende difficile valutare con precisione gli impatti potenziali dell’estrazione mineraria in mare profondo o mettere in atto strumenti di salvaguardia adeguati per proteggere l’ambiente marino e le tre miliardi di persone il cui sostentamento dipende dalla biodiversità marina e costiera. Il rischio principale, ad ogni modo, è che lo scavo e la misurazione del fondo oceanico da parte di macchinari possano alterare o distruggere habitat marini profondi. Ciò potrebbe portare all’estinzione di specie, molte delle quali non si trovano da nessun altra parte, e alla frammentazione o perdita della struttura e della funzione degli ecosistemi, forse in modo permanente.

La posizione dell’Italia

Rispetto al tema, il nostro Paese non ha ancora preso una posizione ben definita. La premier Giorgia Meloni, in occasione dell’ultima edizione del Forum “Risorsa Mare” di Trieste, si era limitata a dichiarare: “Una delle tante sfide che ci attendono è la corsa al mondo subacqueo e alle risorse geologiche dei fondali. Un dominio nuovo nel quale l’Italia intende giocare un ruolo di primo piano“. Chi invece ha espresso un punto di vista più puntuale, in un’intervista esclusiva concessa a Open, è stato il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, che a proposito ha precisato: “L’Italia è convinta della necessità di applicare puntualmente il “principio di precauzione” relativamente allo sfruttamento commerciale delle risorse minerarie presenti nei fondali marini per prevenire ed evitare possibili gravi ed irreparabili danni ambientali alla biodiversità, agli ecosistemi e possibili inquinamenti marini”.

Cosa possiamo fare?

Con il deep sea mining rischiamo di inquinare l'ambiente per andare alla ricerca di minerali negli oceani: ecco i suoi potenziali effetti negativi.
Uno scavatore al lavoro

Chiariamo che stando alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), il mare e le sue risorse minerarie sono un patrimonio comune dell’umanità. Ciò significa che devono essere gestiti a nome e nell’interesse di tutta l’umanità, incluso attraverso la condivisione dei benefici economici, il supporto alla ricerca scientifica marina e la protezione efficace dell’ambiente marino. Al Congresso Mondiale per la Conservazione della IUCN a Marsiglia (settembre 2021), i membri della IUCN avevano a proposito adottato la Risoluzione 122 per proteggere gli ecosistemi e la biodiversità dell’oceano profondo attraverso una moratoria sull’estrazione mineraria in mare profondo. Queste le condizioni imposte:

  • La comprensione completa dei rischi dell’estrazione mineraria e la garanzia di una protezione efficace
  • La conduzione di valutazioni d’impatto rigorose e trasparenti basate su studi basali completi
  • L’applicazione del Principio di Precauzione e del Principio “Chi inquina paga”
  • Lo sviluppo e l’attuazione di politiche che incorporano principi di economia circolare per il riutilizzo e il riciclo dei minerali
  • La consultazione del pubblico durante tutto il processo decisionale
  • La governance dell’estrazione mineraria in mare profondo dovrà essere sempre trasparente, responsabile, inclusiva, efficace e rispettosa dell’ambiente
  • La dipendenza dai metalli estratti può essere ridotta attraverso il riutilizzo e il riciclo
  • Inoltre, la ricerca dovrebbe concentrarsi sulla creazione di alternative più sostenibili al loro utilizzo perché l’estrazione mineraria in mare profondo potrebbe danneggiare irreparabilmente gli ecosistemi marini e limitare i molti benefici che il mare profondo offre all’umanità

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Alberto Muraro

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