Scorretta gestione dei rifiuti, scarichi idrici incontrollati, emissioni in atmosfera oltre i limiti, ritardi o omessa bonifica di siti contaminati: sono alcuni dei reati alla base degli oltre 150 procedimenti curati da Ispra – tra 2021 e 2022 – per valutare l’entità dei danni ambientali. E avviare le procedure per chiederne la riparazione.
Sversamenti incontrollati di sostanze pericolose e abbandono di rifiuti solidi sui terreni sono le cause principali dei fenomeni di inquinamento o disastro ambientale mappati da Ispra con il rapporto “Il danno ambientale in Italia: attività del SNPA e quadro delle azioni 2021 – 2022”.
Complessivamente, nel biennio, sono state 155 le istruttorie finite sui tavoli di Ispra per valutare l’entità dei danni ambientali cagionati agli ecosistemi e avviare l’iter per chiederne la riparazione ai responsabili, nell’ambito di procedimenti giudiziari, sia penali che amministrativi.
La valutazione del danno ambientale
Le procedure di valutazione del danno ambientale possono essere di due categorie:
- tipologia A: tutti gli incarichi che richiedono la ricerca degli elementi utili alle decisioni del Ministero dell’Ambiente in merito alla costituzione di parte civile nei procedimenti penali. Tra 2021 e 2022 sono state avviate 125 istruttorie: i principali reati contestati riguardavano la gestione dei rifiuti, gli scarichi idrici, le emissioni in atmosfera, la bonifica di siti contaminati, l’autorizzazione integrata ambientale (AIA).
- tipologia B: tutti gli altri incarichi, avviati nell’ambito di procedure amministrative. Nel biennio 2021 – 2022 sono state intraprese 30 istruttorie (con tre casi già oggetto di precedenti istruttorie); le risorse naturali più esposte sono risultate i terreni (16 casi), le acque sotterranee (9), specie o habitat protetti (9).
Il monitoraggio ha riguardato diverse categorie di attività, concentrandosi soprattutto all’interno di siti che comprendono impianti industriali, di depurazione e di gestione di rifiuti, soprattutto discariche.
Cosa prevede la norma sul danno ambientale
Il danno ambientale è nato nell’ordinamento italiano in conseguenza della progressiva presa di coscienza degli impatti dei comportamenti illeciti sulle risorse ambientali. Una prima disciplina è stata prevista nel 2004, incardinata sul principio “chi inquina paga”, comune a tutti i Paesi europei (Direttiva 2004/35/CE) e sul presupposto che la sola risposta penale, civile e amministrativa non fosse sufficiente ad assicurare l’eliminazione del danno subìto dall’ambiente.
Il D.lgs 152/2006 (TUA), alla parte sesta “Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente”, impone infatti l’esecuzione di concreti interventi di riparazione, finalizzati a:
- riportare le risorse naturali allo stato originario (precedente all’evento dannoso);
- ripristinare i servizi da esse forniti o in alternativa ripristinare il livello delle risorse e dei servizi danneggiati in un altro sito applicando, in prima battuta, i criteri risorsa-risorsa e servizio-servizio.
In ogni caso, il nostro ordinamento prevede che lo Stato possa intervenire in via precauzionale attraverso l’imposizione di misure di prevenzione nei casi di minaccia di danno ambientale, ossia in quelle situazioni in cui si è accertato che un danno ambientale, non ancora manifestatosi, possa verificarsi.
Il recepimento della Direttiva europea nell’ordinamento italiano ha portato ad una successiva ridefinizione del concetto di danno ambientale che, rispetto al passato, risulta essere più dettagliato e circoscritto. Ad oggi il danno ambientale è definito come il “deterioramento di specifiche risorse naturali che, secondo quanto disposto dall’articolo 302 del TUA, sono identificate in specie e habitat protetti, acque e terreno”. Affinchè si configuri il reato di danno ambientale, il deterioramento delle risorse naturali deve essere:
• significativo: tale da comportare una compromissione dello stato qualitativo, quantitativo e conservazionistico di habitat, specie e acque o, in riferimento ai terreni, comportare un rischio per la salute umana;
• misurabile: ossia accertato in maniera diretta dal confronto, tramite apposite indagini e valutazioni, tra la situazione ante e post evento dannoso.
Solo in questi casi, la normativa consente allo Stato, rappresentato dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di imporre al responsabile la riparazione del danno ambientale.