Zone a zero emissioni, potenziamento del trasporto pubblico, della mobilità elettrica e di quella in sharing. Ma anche un grande piano di riqualificazione energetica delle abitazioni, con la sostituzione delle vecchie caldaie. Le proposte di Legambiente per ridurre l’inquinamento atmosferico nelle città italiane.
Le sperimentazioni per combattere l’inquinamento atmosferico in città sono tante, in tutta Europa: dall’adozione della sharing mobility, al potenziamento del trasporto pubblico e all’istituzione di zone a bassa emissione (Low Emission Zone): aree urbane in cui solo i veicoli meno inquinanti sono ammessi. Grenoble ha puntato sul bike sharing e ha generalizzato su tutto il territorio cittadino il limite di velocità di 30 km orari creando delle “autostrade per biciclette” in pieno centro. Rotterdam e Utrecht, per prime in Olanda, hanno introdotto le “zone ambientali” dove è vietato l’ingresso a diverse categorie di veicoli inquinanti e sempre più diffuse nelle città olandesi. Ma la Low Emission Zone più estesa d’Europa è quella di Bruxelles: copre un’area metropolitana che comprende 19 Comuni ed è attiva ogni giorno, 24 ore su 24.
Le proposte per ridurre l’inquinamento atmosferico nelle città italiane
Legambiente, nel rapporto “Mal’aria di città 2023: cambio di passo cercasi” ha raccolto una serie di proposte per l’Italia:
- il passaggio dalle zone a traffico limitato alle zone a zero emissioni. Come dimostra l’esperienza di Milano con l’estensione della Ztl dell’area C alla più grande area B e, soprattutto, dell’ultra Low Emission Zone londinese, le limitazioni alla circolazione dei veicoli più inquinanti riducono le emissioni da traffico del 30% e del 40%;
- un grande piano di riqualificazione energetica dell’edilizia pubblica e privata, che incentivi la riconversione delle abitazioni ad emissioni zero grazie alla capillare diffusione di misure strutturali;
- potenziamento del trasporto pubblico e trasporto rapido di massa (Trm), almeno quadruplicando l’offerta di linea e la promozione di abbonamenti integrati;
- incentivare la mobilità elettrica condivisa (bici, auto, van e cargo bike), realizzando ulteriori 16.000 km di percorsi ciclabili;
- ridisegnare lo spazio pubblico urbano secondo il modello della “città dei 15 minuti“, dove la maggioranza dei residenti ha la possibilità di soddisfare le proprie necessità spostandosi a piedi o in bicicletta, aumentando anche la sicurezza stradale abbassando i limiti di velocità, seguendo l’esempio di Cesena, Torino, Bologna e Milano.
- Tutto elettrico in città, anche prima del 2035, grazie alla progressiva estensione delle zone a zero emissioni e l’istituzione dei distretti a energia zero, ossia quartieri urbani alimentati ad energia rinnovabile, con un’importazione di energia pari a zero.
I nuovi limiti europei sulla qualità dell’aria
In Italia, secondo i dati sulla qualità dell’aria raccolti dall’associazione ambientalista nell’ambito della Clean Cities Campaign, i livelli di inquinamento atmosferico in molte città italiane sono ancora lontani dai limiti normativi previsti dall’Unione europea, che entreranno ufficialmente in vigore il 1 gennaio 2030 (20 µg/mc da non superare per il Pm10, 10 µg/mc per il Pm2.5, 20 µg/mc per l’NO2). Secondo Legambiente, su 95 centri urbani monitorati, 29 hanno superato nel 2022 gli attuali limiti normativi per gli sforamenti di PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 µg/mc). Secondo le raccomandazioni fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dei limiti previsti dalla nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria, solo 23 città su 95 (il 24% del totale) non hanno superato la soglia di 20 µg/mc: 72 città sarebbero dunque fuorilegge.
Inquinamento atmosferico: le città italiane sono in ritardo
“La Direttiva europea sulla qualità dell’aria, recentemente proposta, rappresenta solo il primo step di una sfida importante. I nuovi Air Quality Goals impongono un notevole adeguamento rispetto ai valori guida Oms e introducono nuove metriche, come il dimezzamento dei valori di legge attuali – dichiara Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – Le nostre analisi hanno evidenziato che il 76% delle città monitorate superano già i limiti previsti dalla futura direttiva per il Pm10, l’84% per il Pm2.5 e il 61% per il NO2. Questo significa che le città italiane dovranno lavorare duramente per adeguarsi ai nuovi limiti entro i prossimi sette anni, soprattutto considerando che i trend di riduzione dell’inquinamento finora registrati non sono incoraggianti e che i valori indicati dalle linee guida dell’Oms, che sono il vero obiettivo da raggiungere per tutelare la salute delle persone, sono ancora più stringenti dei futuri limiti europei”. Le città che devono lavorare di più per ridurre le concentrazioni di inquinanti e adeguarsi ai nuovi target sono:
- per il PM10: Torino e Milano (riduzione necessaria del 43%), Cremona (42%), Andria (41%) e Alessandria (40%);
- per il PM2.5: Monza (60%), Milano, Cremona, Padova e Vicenza (57%), Bergamo, Piacenza, Alessandria e Torino (55%), Como (52%), Brescia, Asti e Mantova (50%);
- per l’NO2: Milano (47%), Torino (46%), Palermo (44%), Como (43%), Catania (41%), Roma (39%), Monza, Genova, Trento e Bolzano (34%). La tendenza di decrescita dell’inquinamento secondo l’associazione è troppo lenta. Il tasso medio annuale di riduzione delle concentrazioni a livello nazionale è, infatti, del 2% per il Pm10 e del 3% per l’NO2. Le città più distanti dall’obiettivo previsto per il Pm10 dovrebbero ridurre le proprie concentrazioni cittadine tra il 30% e il 43% entro i prossimi sette anni, ma stando agli attuali trend di riduzione registrati negli ultimi 10 anni (periodo 2011 – 2021, dati Ecosistema Urbano), potrebbero impiegare mediamente altri 17 anni per raggiungere l’obiettivo, ovvero il 2040 anziché il 2030.