Secondo una nuova norma del Governo, il digestato prodotto negli impianti di produzione di biogas e biocarburanti può essere utilizzato come fertilizzante in sostituzione dei fertilizzanti chimici di sintesi. A patto che siano rispettate garanzie di qualità della filiera.
Una delle risposte normative del nostro Paese ai carri armati di Putin è stato il Decreto legge n. 21 del 21 marzo 2022 “Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina” che all’art. 21 introduce l’equiparazione del digestato a sottoprodotto.
Il digestato è il residuo del processo di digestione anaerobica, ossia il processo biologico di degradazione della sostanza organica che avviene grazie all’azione della flora microbica. Può derivare dalla digestione di effluenti zootecnici, biomasse vegetali (di scarto o dedicate), sottoprodotti di origine animale, fanghi di depurazione, frazione organica dei rifiuti solidi urbani.
Obiettivo del Governo è quello di agevolare l’utilizzo agronomico del digestato, in sostituzione dei fertilizzanti chimici di sintesi: la transizione ecologia passa anche da qui. Se il passaggio da scarto a sottoprodotto dall’uso immediato avviene nella massima trasparenza e correttezza di tutti i passaggi, rappresenta una pratica virtuosa. Ma è chiaro che la garanzia sulla qualità del prodotto finale dipende dalla qualità delle matrici in ingresso, quindi da come è strutturata la filiera, dalla raccolta al conferimento finale, e con quali garanzie di tracciabilità.
Favorito l’uso agricolo, ma fondamentale il controllo di qualità
Fino a ieri, lo smaltimento del digestato è avvenuto secondo regole regionali, collegate comunque con il DM n.5046/2016 “norma di settore di carattere nazionale sui criteri per l’uso delle acque reflue e affluenti dagli allevamenti e l’uso del digestato in campo agricolo”, prevedendo il suo spandimento nei campi in linea con i Piani di utilizzazione agronomica e nel rispetto dei limiti imposti dalla Direttiva nitrati, in termini di quantità massime di azoto derivante da effluenti di allevamento, per ettaro. L’assimilazione del digestato a un fertilizzante consentirà a chi lo utilizza di non dover rispondere più alla disciplina autorizzativa legata alla gestione dei rifiuti, favorendone concretamente l’uso in agricoltura. Ma è fondamentale non abbassare la guardia sulle procedure, sia a monte che a valle, per evitare che errori o cattive pratiche possano portare sostanze inquinanti sui terreni.
Lo ha affermato chiaramente in audizione nelle Commissioni Finanza e Tesoro del Senato il Presidente Enea Gilberto Dialuce, chiamato ad esprimersi sul decreto in via di definizione: “occorre garantire le tutele ambientali di cui alla Direttiva nitrati, atte ad evitare contaminazioni da nitrati di acquiferi sotterranei, in particolar modo nelle aree definite sensibili, dove l’apporto di azoto ammissibile per ettaro è ridotto [..] Riteniamo infine fondamentale che venga salvaguardata la tutela della salute, garantendo caratteristiche di qualità delle sostanze e dei materiali da cui si ottiene il digestato equiparato, nonché la sicurezza del prodotto finale per il suo impiego come fertilizzante”. Più entusiasta il commento del Consorzio Italiano Biogas (CIB), secondo cui “la norma sul digestato equiparato inserita nel Decreto legge Taglia prezzi ne riconosce il valore fertilizzante, dando al settore agricolo uno strumento importante per contribuire alla transizione agro-ecologica, alla riduzione della nostra dipendenza da fertilizzanti chimici di importazione e alla riduzione dell’impronta ambientale del settore primario. Il digestato equiparato dovrà essere un’opzione che l’agricoltore potrà scegliere in funzione delle caratteristiche della propria attività produttiva. Il decreto attuativo, nello stabilire i criteri per garantire l’equiparabilità, potrà consentire così l’effettiva sostituzione dei concimi chimici di sintesi grazie a modalità di distribuzione in campo innovative, che garantiscano l’alta efficienza di riciclo dei nutrienti”.
Biocarburanti per la decarbonizzazione dell’economia
Non ultimo, la produzione di biogas e biocarburanti dalla digestione anaerobica rappresenta uno dei passaggi verso la decarbonizzazione dell’economia e una delle tessere per sottrarsi alla dipendenza dal gas estero, soprattutto russo. Sia il biogas che il biometano sono in grado di ridurre le emissioni di gas climalteranti di almeno il 70% rispetto al gas naturale o a un combustibile fossile equivalente. Consorzio italiano biogas, Snam e Confagricoltura concordano sul fatto che il biometano sia una fonte energetica nazionale che può contribuire fino al 15% circa della domanda di gas al 2030 e sostenere la produzione di gas sul territorio nazionale.