Chiudi
Cerca nel sito:

Crisi idrica: a rischio più della metà della produzione alimentare mondiale entro il 2050

crisi idrica
Condividi l'articolo

La crisi idrica che ha già colpito diversi territori e comunità, se non invertiamo la rotta, avrà pesanti conseguenze planetarie. La Commissione mondiale sull’economia dell’acqua indica ai Governi cinque missioni da cui iniziare a ripensare il modello di gestione della risorsa idrica.

I co-presidenti della Commissione mondiale sull’economia dell’acqua,nella loro premessa a The economics of water: valuing the hydrological cycle as a global common good, parlano chiaro. “Nessuna comunità, nessuna economia sarà risparmiata dalle conseguenze di un ciclo dell’acqua squilibrato, risultato del nostro agire collettivo da decenni. La cosa più pericolosa è che falliremo nella lotta al cambiamento climatico se falliremo in quella ai problemi legati all’acqua. Inoltre, non raggiungeremo nessuno degli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati”. Il rapporto, elaborato dalla stessa Commissione, analizza l’urgente necessità di ripensare il modo in cui l’acqua viene considerata e gestita a livello mondiale. Evidenziando le ragioni e suggerendo il metodo di questo indispensabile cambio di paradigma. Infatti, se non verrà affrontato il problema, la crisi idrica globale potrebbe mettere a rischio entro il 2050 più della metà della produzione alimentare mondiale e portare a una perdita media dell’8% del PIL a livello globale e fino al 15% per i Paesi a basso reddito.

La crisi idrica mette a rischio il futuro collettivo

La crisi idrica globale sta già colpendo duramente i più vulnerabili. Decenni di cattiva gestione collettiva dell’acqua in tutto il mondo hanno danneggiato i nostri ecosistemi d’acqua dolce e quelli terrestri e hanno prodotto una continua contaminazione delle risorse idriche. Più di mille bambini sotto i cinque anni muoiono ogni giorno per malattie causate da acqua non potabile e servizi igienici inadeguati. Le donne e le ragazze passano complessivamente nel mondo 200 milioni di ore al giorno a raccogliere e trasportare acqua. I sistemi alimentari stanno esaurendo l’acqua dolce e le città soffrono dell’esaurimento delle falde acquifere. Quasi 3 miliardi di persone e più della metà della produzione alimentare mondiale si trovano oggi in aree in cui si prevede una diminuzione delle riserve idriche totali. Non possiamo più contare sulla disponibilità di acqua dolce per il nostro futuro collettivo, ammonisce il rapporto.

Ciclo idrologico sottoposto a stress senza precedenti

Un quadro drammatico, determinato – secondo l’analisi della Commissione mondiale sull’economia dell’acqua – da un approccio economico obsoleto che reagisce ai fallimenti del mercato piuttosto che dare forma a economie sostenibili, aggravato da pratiche dannose di utilizzo del suolo, da una cattiva gestione delle risorse idriche e dall’accelerazione degli impatti del cambiamento climatico, tutti fattori che stanno esercitando un’immensa pressione sul ciclo globale dell’acqua. In sostanza, abbiamo sottoposto il ciclo idrologico a uno stress senza precedenti, con conseguenze crescenti per le comunità e i Paesi di tutto il mondo. Inoltre, le nostre politiche, insieme alla scienza e all’economia che le sostengono, hanno trascurato una risorsa critica di acqua dolce: “l’acqua verde”, quella presente nei suoli e nella vita vegetale, che in ultima analisi circola nell’atmosfera e genera circa la metà delle precipitazioni che riceviamo sulla terraferma.

Ripensare la collocazione dell’acqua nelle economie

Per questo, “dobbiamo cambiare radicalmente il modo in cui pensiamo all’acqua e quello in cui agiamo in questo settore. L’obiettivo è chiaro: ripristinare la stabilità del ciclo idrico globale, garantire il diritto umano all’acqua potabile, assicurare la sicurezza alimentare e lo sviluppo per tutti e preservare il nostro pianeta per le generazioni future”, scrivono i co-presidenti della Commissione Mariana Mazzucato, Ngozi Okonjo-Iweala, Johan Rockström e Tharman Shanmugaratnam.

Invertire la rotta è ancora possibile. Mobilitando un’azione sistemica, collettiva ed economica, possiamo affrontare la crisi idrica globale, attraverso un nuovo approccio “mission-driven” che governi il ciclo dell’acqua come un bene comune globale. Dobbiamo modellare le economie per allocare e utilizzare correttamente l’acqua fin dall’inizio ed evitare di dover risolvere problemi come l’inquinamento idrico a posteriori. Il rapporto chiede un riassetto fondamentale della collocazione dell’acqua nelle economie, un cambio di paradigma che richiede la partecipazione di tutti gli stakeholder, da quelli locali a quelli globali.

Cinque missioni per affrontare la crisi idrica

Come? Iniziando a “definire i risultati che vogliamo ottenere e a progettare le nostre economie per raggiungerli”. Per trasformare radicalmente l’uso e l’approvvigionamento dell’acqua è necessario passare da una visione settoriale e isolata a un approccio economico all’intero ciclo idrologico, che comprenda sia l’acqua blu che quella verde, e che dia forma e impulso all’innovazione. Il rapporto raccomanda ai governi di concentrarsi su cinque aree di missione, per affrontare attraverso una risposta coordinata le sfide più importanti e interconnesse della crisi idrica globale:

  •  avviare una nuova rivoluzione nei sistemi alimentari;
  • conservare e ripristinare gli habitat naturali essenziali per la protezione dell’acqua verde;
  • creare un’economia circolare dell’acqua;
  • consentire un’era basata sull’energia pulita e sull’intelligenza artificiale con un’intensità idrica molto più bassa;
  • fare in modo che nessun bambino muoia a causa di acqua non sicura entro il 2030.

Cinque missioni che indicano i percorsi di adattamento essenziali per un futuro idrico sicuro ed equo. E che implicano il riorientamento degli strumenti politici: prezzi, sussidi, regolamenti, appalti pubblici, sovvenzioni, prestiti… così come il ruolo delle istituzioni, quali le banche pubbliche di sviluppo, le società idriche e le imprese pubbliche. “I governi possono catalizzare gli investimenti nel settore idrico attraverso una maggiore certezza politica e normativa e, soprattutto, attraverso investimenti pazienti e a lungo termine. Il processo decisionale deve, inoltre, diventare più collaborativo, responsabile e inclusivo di tutte le voci, specialmente quelle dei giovani, delle donne, delle comunità emarginate e delle popolazioni indigene che sono in prima linea nella conservazione dell’acqua”.

Ultime Notizie

Cerca nel sito