Attualmente conviene ancora produrre gli accumulatori attraverso un sistema lineare. Occorre un’azione concertata a livello internazionale per cambiare rotta
La transizione energetica nel campo della mobilità passa per il ruolo cruciale delle batterie. Che possono far svanire i benefici per l’ambiente legati ai carburanti elettrici se non inserite in un processo di economia circolare. Il Rocky Mountain Institute (organizzazione statunitense che si occupa di ricerche nel campo della sostenibilità) ha realizzato uno studio sui benefici di un sistema nel quale gli accumulatori vengono riciclati o riutilizzati.
Il risultato sarebbe una riduzione della domanda di materie prime di quasi due terzi, accompagnata da un rafforzamento delle catene di approvvigionamento per i produttori di veicoli elettrici. Il tutto senza considerare le criticità sul piano geopolitico derivanti dalla dipendenza da Paesi non proprio amici. “Un’adozione massiva dell’economia circolare aiuterebbe a minimizzare il rischio di interruzioni della filiera a causa del cambiamento delle alleanze commerciali, della geopolitica e del cambiamento climatico”, scrivono gli analisti.
Detto delle prospettive, la strada per concretizzarle è tutt’altro che agevole. La sfida più complessa riguarda la capacità di armonizzare le normative a livello globale in modo da coinvolgere le filiere internazionali. Le politiche devono poi facilitare il potenziamento dei nodi principali nella filiera: il trasporto, lo stoccaggio, la produzione, il riciclo e il riutilizzo. Inoltre, è importante mettere in piedi un quadro regolamentare che fissi i parametri e gli indicatori affinché le aziende possano monitorare la conformità. Sullo sfondo resta il nodo dei costi. Oggi conviene spesso produrre nuove batterie in una logica di economia lineare e, affinché si affermi davvero la circolarità, occorre un ecosistema che renda conveniente il nuovo approccio.