I pannelli fotovoltaici, che ben conosciamo perché popolano i tetti delle nostre case e, in numerose zone di Italia, anche campi e colline, si compongono principalmente di silicio. Questo materiale, a fine ciclo vitale del pannello, deve essere smaltito in qualche modo. Quella del riciclo del silicio è una grande sfida per il settore, forse la più impegnativa. Ebbene, molto presto potrebbe essere possibile riutilizzare questo materiale. Un team di ricerca presso L’IFM, Institute for Frontier Materials, dell’Università di Deakin, in Australia, potrebbe aver trovato una soluzione alla questione, grazie a un processo che consente di riciclare silicio trasformandolo in un prezioso nanomateriale.
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La questione riciclo
Il problema principale nel riutilizzo del silicio ad alto valore, impiegato nella costruzione dei pannelli solari è che – durante i quasi trent’anni del suo ciclo di vita – si contamina fortemente. È quindi necessario un accurato processo di purificazione. Il metodo sviluppato dal gruppo dell’IFM consente di riportare il silicio raccolto dai pannelli usati a un grado di purezza superiore al 99%. Non solo. Lo fa in un tempo molto breve. E senza utilizzare sostanze chimiche nocive. In sostanza, riciclare il silicio diventa possibile perché si ottiene materiale riusabile. Il processo è ecologico, efficiente e meno caro di ogni altra metodologia di trattamento del silicio conosciuta a oggi.
Le celle fotovoltaiche, dette anche celle solari, sono composte di un materiale semiconduttore. Sono questi elementi a rappresentare la componente fondamentale dei pannelli. Si tratta infatti dei componenti che, di fatto, trasformano la luce del sole in energia elettrica. Tra i semiconduttori, quello più usato per le celle è, appunto, proprio il silicio. L’elemento, non a caso, è presente in circa il 95% dei moduli sul mercato. L’Agenzia Internazionale per l’Energia (AIE), ha evidenziato che la produzione di potenza da fotovoltaico aumenta in maniera costante, di anno in anno. Si prevede che, nel giro di pochi anni, supererà il carbone come principale fonte di generazione elettrica.
Riciclare silicio e altri materiali
Il pannello si costituisce, ad ogni modo, anche di altri componenti. Per esempio, il metallo della struttura e il vetro della copertura. L’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA) stima che il recupero delle materie prime dai pannelli fuori uso potrebbe raggiungere i 450 milioni di dollari al 2030. Oltre al riciclo del vetro, e al recupero con purificazione del silicio, altri metalli quali rame, piombo, argento e stagno potrebbero rientrare nel ciclo produttivo. In fin dei conti, hanno svariati utilizzi. I dati attuali del Laboratorio nazionale per l’energia rinnovabile (NREL) e dell’Istituto di ricerca sull’energia elettrica (EPRI) riportano che negli Stati Uniti meno del dieci per cento dei moduli fotovoltaici vengono avviati al riciclo.
Si tratta di una percentuale che fa impallidire, per non dire innervosire. Parliamo di un metodo di produzione ecologico, green e amico dell’ambiente. Com’è possibile che dopo aver condotto una vita tanto virtuosa debba finire in discarica senza poter essere riutilizzato (magari) o riciclato (soluzione comunque accettabile)? A quanto ci dice l’Arc Research Hub for Safe and Reliable Energy, il silicio recuperato dalle celle solari, grazie alla tecnologia australiana, può diventare una fonte di materia prima affidabile e sostenibile. Potremmo così soddisfare parte della crescente domanda di componentistica per le batterie nonché risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti da pannelli solari dismessi.
La ricerca australiana
Il procedimento sperimentato dal team IFM è molto innovativo. Attraverso questo processo, a oggi ancora sperimentale, è possibile ottenere nano-silicio. Combinando quest’ultimo con la grafite, si possono produrre anodi di nuova concezione da utilizzare con le batterie, al fine di aumentarne in maniera concreta la capacità, anche fino a dieci volte rispetto alle batterie al litio. Tali materiali consentono lo sviluppo di batterie a basso costo. Esse sono più efficienti, durature ed economiche di quelle che oggi popolano i nostri dispositivi. Per via di queste caratteristiche, sono perfettamente in grado di sostenere al meglio la transizione energetica in atto.
La ricerca universitaria descritta è quanto meno incoraggiante. Nonostante si sia ancora nelle primissime fasi della sperimentazione, quelle del laboratorio di una piccola università, le sensazioni sono positive. È già qualche anno che si sta parlando di una via rapida ed efficace per rimettere il silicio usato a disposizione dell’industria energetica. In fin dei conti, presto scoppierà una bolla, dal momento che la scadenza dei 30 anni si avvicina a grandi passi per i primi pannelli che abbiamo installato, in Italia e nel mondo, durante la seconda metà degli anni ’90. Più passerà il tempo, più dovremo essere in grado di gestire questa enorme quantità di silicio dismesso.
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