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Come difendersi dai PFAS, persistenti e pericolosi

PFAS: un rubinetto rotondo
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Con la sigla PFAS, acronimo di sostanze perfluoroalchiliche, secondo l’ordine delle parole in inglese, indichiamo gli inquinanti tossici che contaminano l’acqua potabile. Queste sostanze, presenti in prodotti di uso comune, possono causare problemi di salute seri, come cancro, danni al fegato e/o al sistema immunitario. La loro presenza è una minaccia non trascurabile per la salute pubblica e l’ambiente. Si tratta di composti chimici molto resistenti, ignifughi e idrorepellenti. Sono presenti in vari prodotti di uso quotidiano come rivestimenti antiaderenti, schiume antincendio e tessuti impermeabili. Queste sostanze possono contaminare l’acqua potabile, il suolo e l’aria.

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La produzione di PFAS

Storicamente, la produzione di PFAS si fa risalire agli anni ’40. In quel decennio, negli USA, si iniziò a introdurre la molecola perfluoroalchilica in un’infinità di prodotti di consumo e applicazioni industriali. Le sue proprietà di resistenza erano infatti molto vantaggiose per oggetti come pentole e parti meccaniche. Era un’epoca nella quale a ben pochi importava qualcosa dell’ambiente, perché la sensibilità era molto diversa. Tra i prodotti immessi sul mercato globale e quelli finiti, a causa dell’utilizzo, nelle acque reflue, un’ottantina di anni dopo la situazione sembra essere veramente sfuggita di mano

Dal 1940 a oggi, i PFAS sono stati prodotti da diverse aziendeDupont, 3M, Chemours e Solvay, solo per citare le principali, per una vasta gamma di applicazioni industriali e di consumo. Le principali fonti di produzione includono fabbriche di prodotti chimici, impianti di lavorazione dei metalli, raffinerie di petrolio e stabilimenti dove si trattano acque reflue. Come non di rado accade, l’operato di queste multinazionali con fatturati da miliardi di dollari è il principale contributo alla presenza diffusa nell’ambiente dei PFAS.

La contaminazione da PFAS

PFAS: un rubinetto che goccia
I PFAS, inquinanti tossici, contaminano l’acqua potabile

La contaminazione da parte di queste sostanze riguarda acqua potabile, pesce, frutta, uova e prodotti a base di uova. A oggi, non c’è ancora una moratoria verso queste sostanze: nel 2017 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha etichettato definitivamente i PFOA (sostanze perfluoroottanoiche) e i PFOS (perfluoroottano sulfonato) come interferenti endocrini, causa di aumento del colesterolo, disturbi alla tiroide e ipertensione in gravidanza. L’IARC, Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, ha confermato il legame tra il PFOA e i tumori ai testicoli e ai reni. È dunque lecito attendersi una condanna ufficiale anche per le sostanze cui ci stiamo dedicando ma, a oggi, non è ancora arrivata.

La presenza di questi composti chimici inquinanti è sempre più pervasiva: se ne sono ritrovati nelle schiume antincendio, nei rivestimenti metallici antiaderenti per padelle, negli imballaggi per alimenti, nei tessuti per mobili e anche nell’abbigliamento per esterni. Come se non bastasse, ve n’è traccia anche nelle creme e nei cosmetici, nei pesticidi come nei prodotti farmaceutici. Insomma, sono davvero dappertutto.

Effetti sulla salute

Gli esperti epidemiologici dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa hanno riscontrato che l’interazione tra la Vitamina D e i PFAS può favorire l’insorgenza dell’osteoporosi. I soggetti maggiormente a rischio sarebbero i più deboli: bambini, anziani e donne in gravidanza. Nei più piccoli esposti ai PFAS, durante il periodo prenatale e quello postnatale, gli studi confermano la tossicità di queste sostanze sul sistema immunitario. Per quanto riguarda le donne, specie quelle in gravidanza, i PFAS limitano lo sviluppo fetale e intaccano la fertilità. Negli anziani contaminati si evidenzia un aumento del colesterolo e delle malattie cardiovascolari.

Come difendersi dai PFAS

È molto difficile difendersi da un nemico subdolo e invisibile come i PFAS. Acquisire consapevolezza dei pericoli a loro imputabili è un primo passo fondamentale ed è esattamente il motivo per cui si scrivono articoli come questo. Non è però sufficiente perché, dal momento che, nelle stanze dei bottoni, non si prendono decisioni in questo senso, dobbiamo essere noi stessi ad agire in prima persona. Impariamo a conoscere, per quanto possibile, le fonti di esposizione e limitiamole. Filtriamo l’acqua del rubinetto, evitiamo l’uso di prodotti contenenti PFAS, ad esempio utilizzando utensili da cucina di qualità, e sosteniamo politiche di prevenzione.

L’acqua potabile è il principale veicolo di intossicazione da PFAS. Se i livelli di sostanze perfluoroalchiliche nella nostra rete idrica sono oltre la norma, dovremmo prendere delle precauzioni. La tecnologia dei moderni sistemi di filtrazione adatto può ridurre significativamente i livelli assunti attraverso l’acqua del rubinetto, pur non azzerandoli. Assicuriamoci di utilizzare impianti di alta qualità, progettati per rimuovere i PFAS, e seguiamo alla lettera le istruzioni del produttore per la manutenzione e la sostituzione dei filtri.

I passi da compiere sono ancora numerosi e, tristemente, la situazione è destinata a peggiorare, almeno nell’immediato. Auspichiamo che la politica possa prendere rapidamente una decisione in merito ma, nel frattempo, riduciamo l’esposizione a queste dannose sostanze. Con un occhio di riguardo alle pentole e stoviglie che utilizziamo e l’ebollizione o il filtraggio dell’acqua possiamo ridurre i nostri contatti con i PFAS e proteggere la nostra salute. Riduciamo l’uso di capi di abbigliamento e arredi che presentano rivestimenti impermeabili. Questi prodotti potrebbero contenere perfluoroalchilici a lento rilascio nel tempo, capaci di inquinare per decenni.

Sembreranno piccoli cambiamenti, ma possono davvero difenderci dai PFAS e fare la differenza sul lungo termine. 

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Mattia Mezzetti

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