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Colture antiche per un’agricoltura sostenibile e resiliente

Colture antiche: un campo di grano
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Le condizioni climatiche estreme, come per esempio la siccità protratta e le temperature sopra la media, stanno mettendo a repentaglio la possibilità di sopperire ai nostri bisogni alimentari. Le specie su cui facciamo più affidamento, a livello globale, sono riso, grano e mais. Si utilizzano per tantissimi scopi, primo fra i quali, naturalmente, sfamarci. La coltivazione estensiva di questi tre prodotti ha portato a un impoverimento della biodiversità. Non solo. Ha anche causato a una maggiore esposizione a malattie e parassiti. Per tal motivo, si è intrapresa una strada nuova: quella di puntare su altri ortaggi, riscoprendo alcune colture antiche.

Saggezza in agricoltura

Colture antiche: un prato verde
Un campo coltivato: le principali colture odierne sono troppo impattanti per l’ambiente

Consideriamo che il fabbisogno di acqua delle specie che oggi vanno per la maggiore è abbastanza elevato, come nel caso del riso. Questo è uno dei motivi per i quali affidarci esclusivamente a tali piante sia controproducente. Lo spirito di adattamento dell’uomo, che da sempre lo contraddistingue, ha portato a un ripensamento generale della pratica agricola, dettata dall’esigenza di assorbire l’impatto del cambiamento climatico, riducendone l’avanzamento. La chiave di volta per costruire un futuro più sostenibile si deve alla saggezza antica. L’agricoltura del futuro potrebbe essere strettamente legata a quella del passato, grazie a graminacee esotiche e resistenti provenienti da Sud America, Africa dell’Ovest e del Sud.

Le colture antiche possono dare il via a una rivoluzione?

Una nuova forma di agricoltura potrebbe rappresentare la migliore soluzione al complesso problema del cambiamento climatico. Questo settore dell’industria è uno dei principali responsabili del cambiamento climatico e ripartire da qui significa lanciare un messaggio forte, oltre che tagliare molte emissioni e fattori di rischio alla fonte. Come sappiamo, sarà necessario intavolare una serie di misure per invertire la tendenza che abbiamo avviato. Non basterà riconvertire il mercato automobilistico. Non sarà sufficiente piantare molti più alberi. Neanche limitarci ad allontanarci dai combustibili fossili sarà la risposta giusta. Queste azioni vanno intraprese tutte, non soltanto alcune.

Insieme alle altre soluzioni, includiamo anche quella di un ritorno alle colture antiche, più diversificate e meno impattanti di quelle che stiamo portando avanti su scala globale. Di seguito, segnaleremo 5 prodotti che possiamo sostituire alle piantumazioni più tradizionali per dare il via a una rivoluzione verde, o almeno provarci. Il comparto agricolo ha vaste responsabilità in merito al surriscaldamento globale, ma difficilmente viene considerato dall’opinione pubblica come uno dei principali responsabili. È possibile limitare il suo impatto, partendo da un miglioramento del seminato. Facciamo conoscenza delle cinque colture antiche che abbiamo introdotto in maniera vaga.

L’amaranto

L’amaranto è una pianta straordinaria. Per diversi motivi. È famosa per essere sopravvissuta fra gli agricoltori Aztechi, Inca e Maya, incurante dei divieti imposti dai colonizzatori, che avevano proibito la sua coltura in sfregio alle usanze locali. Oltre che in America Centrale e Meridionale, è diffusa anche in Africa e in tutta l’Asia. Si tratta di un vegetale virtuoso, se così vogliamo definirlo, perché interamente commestibile. Sia i semi, sia le foglie, sia il gambo sono edibili. Per questo, non sorprenderà sapere che è un ingrediente molto utilizzato in varie tradizioni culinarie. Vanta ottimi valori nutrizionali, contenendo ferro, proteine e acidi fenolici.

La notizia più rincuorante, relativamente al global warming, è che questa pianta è estremamente resistente alla siccità. La sua coltura può dunque farci risparmiare acqua e, in generale, ci aiuta a sopportare meglio i periodi di afa e scarse piogge che sono destinati a intensificarsi, nei prossimi anni.

Il fonio

Il fonio è un grano molto antico, originario dell’Africa dell’Ovest. In particolare, prolifera in Mali, Burkina Faso e Senegal. È una pianta naturalmente senza glutine e con basso indice glicemico. La sua farina si presta moltissimo a svariate diete ed è adatta per celiaci. Anche il fonio, come l’amaranto, è resistente alla siccità. Non necessita di molta acqua e possiede radici molto profonde, le quali aiutano il terreno a trattenere l’acqua, combattendo l’erosione del suolo. Fornisce fino a tre raccolti l’anno, così da rendersi in grado di limitare il danno causato da un’eventuale carestia

I fagioli dall’occhio

Alcune varietà di fagioli potrebbero presto diventare molto difficili da coltivare, per esempio i borlotti. per questo motivo, i coltivatori di tutto il mondo stanno sperimentando con altre varietà più resistenti. In questo momento si parla molto del fagiolo dall’occhio. Questa pianta è molto antica ed è stata coltivata in Africa Occidentale per secoli. Oggi viene apprezzata meno. La Nigeria è la nazione che ne produce di più al mondo. È una varietà ricca di potenziale poiché resiste al caldo e al secco e presenta foglie e baccelli commestibili.

Taro e kernza tra le colture antiche da riscoprire

Il taro è un ortaggio originario del Sud-est asiatico, caratterizzato da buccia marroncina e interno bianco latte, costellato di puntini rossi. Contiene un’alta percentuale di amidi, fibre e vitamine, specie B ed E. Lo si può cucinare esattamente come fosse una patata. Oltre alla polpa, anche le foglie del vegetale sono commestibili, Se stufate, sprigionano un deciso sapore che sa conquistare ogni palato.

La kernza non è propriamente una coltura antica, bensì una sua evoluzione. È simile al grano ma è stata selezionata attraverso decenni di incroci per poter sopravvivere a qualunque clima. Non serve ripiantarla ogni anno in quanto è una coltura perenne, dotata di lunghe radici che possono trattenere l’acqua a lungo, combattendo l’erosione del terreno. Esattamente come il tofu e altri prodotti, però, kernza è un brand ed è possibile coltivarla soltanto negli States, e solamente in alcuni distretti specifici.

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Mattia Mezzetti

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