Per salvare la legge sulla deforestazione, ma anche per non perdere il rinvio di un anno della sua applicazione recentemente approvato, il tempo stringe. L’iter della legge volta a fermare la commercializzazione di alcuni prodotti derivanti da operazioni di deforestazione, attraverso il rafforzamento dei controlli sulle filiere di approvvigionamento, fa un passo avanti e due indietro. La posta in gioco va oltre il provvedimento: siamo al banco di prova della tenuta del Green Deal.
Tra tira e molla e colpi di scena, l’iter del regolamento europeo sulla deforestazione è diventato una vera e propria saga. Il provvedimento è già formalmente in vigore dall’estate 2023, ma una serie di botta e risposta tra le istituzioni europee sta facendo traballare questo pilastro del Green Deal e della politica della prima Commissione presieduta da Ursula Von der Leyen. Ed è proprio il partito della presidente al secondo mandato, il Ppe, con un’alleanza con le destre, a far vacillare non solo i tempi ma addirittura i contenuti dello Eudr (Regulation on Deforestation-free products), come si chiama il testo volto a impedire l’ingresso sul mercato unico di prodotti che derivino dallo sfruttamento eccessivo delle aree boschive imponendo alle imprese un maggiore controllo della propria catena di approvvigionamento.
Le richieste di rinvio e di modifica del testo della legge sulla deforestazione
Approvato in via definitiva alla fine del 2022, il regolamento è entrato in vigore a giugno del 2023 e la sua applicazione dovrebbe scattare il 30 dicembre 2024 per le grandi aziende e il 30 giugno 2025 per le piccole e medie imprese.L’obiettivo è quello di rafforzare i controlli sugli operatori e i commercianti, chiamati a dimostrare che i prodotti immessi sul mercato europeo – tra cui caffè, cacao e olio di palma – non arrivano da terreni recentemente disboscati. Ma c’è chi ritiene che le scadenze stabilite vadano rinviate e chi insiste per modificare anche il contenuto della legge. Come, ad esempio, il Ppe che la reputa “un mostro burocratico che rischia di sovraccaricare gli agricoltori, le aziende e i partner commerciali dell’Ue”. Con l’aumento del controllo sulla catena di approvvigionamento crescono infatti gli oneri burocratici.
Il passo indietro della Commissione
La richiesta di rinviare di almeno un anno l’attuazione della legge risale già all’inizio del 2024, quando, sulla scia delle proteste degli agricoltori, alcuni governi (tra cui quello italiano) e numerose imprese cominciano a fare pressioni sulla Commissione europea affinché venga concesso più tempo per adeguarsi. Così, all’inizio di ottobre Ursula von der Leyen fa un passo indietro: senza apportare alcuna modifica al testo, propone di ritardare di un anno l’applicazione del regolamento, che scatterebbe a questo punto il 30 dicembre 2025 per le grandi imprese e l’estate successiva per quelle piccole e micro. “La presidente della Commissione europea ha condannato le foreste del mondo a un altro anno di distruzione a causa del consumo europeo”, tuona Greenpeace. Altri plaudono. E, incassato l’ok degli Stati membri sulla proroga, il provvedimento torna all’Europarlamento. A questo punto, la posta in gioco non è solo un rinvio dei tempi di attuazione più o meno lungo, ma la possibilità di tenuta del Green Deal.
Emendamenti dei deputati bocciati dal Consiglio, serve nuovo round negoziale
La proposta di rinvio di un anno del regolamento sulla deforestazione passa, con il voto degli eurodeputati del 14 ottobre. Il Ppe – che ha presentato 15 emendamenti – ne ritira alcuni, ma non quello che chiede l’inserimento di una categoria di Paesi privi di rischio, in aggiunta a quelli a basso, medio e alto rischio. La nuova categoria – da cui poter continuare a importare senza nuovi obblighi – viene approvata; in essa rientrerebbero Paesi “o parti di essi” in cui “lo sviluppo delle aree forestali è rimasto stabile o è aumentato rispetto al 1990”. La partita però non è ancora chiusa.
Affinché le modifiche entrino in vigore, il testo deve essere negoziato nuovamente con il Consiglio dell’Unione europea. Siamo così al 20 novembre. E salta di nuovo il banco. I rappresentanti dei 27 Stati membri, si dicono favorevoli al rinvio dell’applicazione del regolamento ma respingono gli emendamenti introdotti con il voto dell’Europarlamento. Nessun via libera definitivo, il Consiglio chiede un nuovo round negoziale tra le istituzioni europee. L’obiettivo è raggiungere un accordo finale entro la fine del 2024. Altrimenti salta anche la proroga già approvata. Il tempo stringe.