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Com’è fatto il cemento bio autorigenerante che assorbe anidride carbonica?

Cemento bio: carpentieri ne stendono sulle fondamenta di una casa
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L’ultima sfida ecologica, in chiave transizione, arriva direttamente dai Paesi Bassi. Gli olandesi sono al lavoro su un cemento che sia naturalmente durevole, com’è caratteristico per il materiale, ma anche innovativo e amico dell’ambiente. Per abbattere questa seconda frontiera, hanno scelto di puntare su una pasta contenente batteri, capaci di renderlo più duraturo e meno impattante. Che la ricerca si sia concentrata proprio su questo materiale, dando origine al cemento bio che stiamo per descrivere, non deve stupire: si tratta infatti di uno degli impasti da costruzione più utilizzati al mondo, noto addirittura fin dall’epoca degli antichi Romani.

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Il cemento e le sue vulnerabilità

Di primo acchito, il titolo di questo paragrafo potrebbe confondere. Stiamo scrivendo di uno dei materiali più duraturi e resistenti e lo associamo alla vulnerabilità. Che significa? Si tratta di una peculiarità del cemento che non tutti conoscono. Indipendentemente da come venga preparata, questa soluzione va incontro alla formazione di crepe, nel corso della sua vita. Anche quando lo si mescola con altri composti per rinforzarlo, il cemento resta sottoposto a un’ampia serie di fattori esterni, per tutta la durata del tempo in cui sorregge una determinata infrastruttura. Questi potrebbero indebolirlo e destabilizzarlo, fino a portare – in taluni casi – al crollo dell’edificio.

Ciò avviene in maniera molto semplice. Si pensi a una crepa, anche piccola e sottovalutabile, creatasi nel cemento solidificato. Essa diventa inevitabilmente un punto d’accesso per l’acqua, ogni volta che piova in maniera copiosa, come sempre più di frequente avviene negli ultimi anni. Come sappiamo, il fluido dà origine a infiltrazioni che indeboliscono il materiale di sostegno dell’edificio. Se si tratta di un manufatto in cemento armato, l’azione dell’acqua può corrodere le barre di acciaio. Questi fattori sono molto spesso alle origini di cedimenti o crolli. Non solo. Un edificio indebolito da infiltrazione idrica è molto più suscettibile a un eventuale sisma. Il cemento bio è stato pensato proprio per porre rimedio a questo rischio.

Come funziona il cemento bio

Il cemento bio è stato pensato per autoripararsi, limitando il rischio di cedimenti o crolli

Grazie al cemento bio, edilizia e microbiologia hanno avuto modo di incontrarsi, e la loro unione appare molto promettente. L’idea si deve ai microbiologi della Technology University di Delft, in Olanda. Sono stati loro i primi ad aver ricercato una soluzione completamente ecologica contro la fragilità del cemento. La trovata consentirà a questo materiale di avere una vita molto più lunga di quanto non gli sia possibile oggi. Il percorso concettuale che ha portato alla nascita del cemento bio è meno attuale di quanto si potrebbe pensare, risalendo al 2006.

In quell’anno accademico, al professor Henk Jonkers fu chiesto se fosse possibile realizzare un cemento dall’azione autoriparante, attraverso l’utilizzo di batteri. Sono stati necessari 3 anni per trovare una soluzione. Alla fine, dopo un buon numero di tentativi, Jonkers ha trovato una soluzione e inventato un cemento bio, nella cui miscela di sabbia, acqua e detriti, sono inseriti alcuni batteri. Questi, se attivati da infiltrazioni nel materiale, si attivano. In completa autonomia, possono produrre calce, in grado di autoriparare tutte le crepe create nel calcestruzzo.

Quali batteri sono stati impiegati?

Per creare questo particolare cemento bio, Jonkers aveva bisogno di trovare batteri che sopravvivessero in ambienti alcalini, estremamente secchi. È questo lo stato in cui si trova tipicamente il cemento. Tali organismi dovevano inoltre sopravvivere, anche in caso di inattività prolungata, poiché il cemento può impiegare molto tempo prima di lasciar filtrare l’acqua necessaria alla loro attivazione al suo interno. Il microbiologo, dopo mesi di ricerca, ha optato per i batteri denominati bacillus, in grado di prosperare in contesto alcalino. Le spore prodotte da questa famiglia batteriologica possono sopravvivere anche decenni senza acqua né cibo.

Allo scopo di produrre la calce, indispensabile per sanare le crepe, occorreva che questi batteri avessero una fonte di cibo dalla quale trarre l’energia necessaria. Inizialmente, si era pensato di mescolare i batteri allo zucchero, ma ciò avrebbe indebolito troppo la struttura in cemento, rivelandosi controproducente. Si è scelto allora di mescolare i batteri al calcio lattato, inserendolo insieme ai microrganismi in capsule di plastica biodegradabile, all’interno dell’impasto di cemento bagnato. In questo modo, se nel cemento si formano crepe e l’acqua penetra in esse, questa scioglierà la plastica, attivando i batteri.

A contatto con l’acqua, i batteri potranno così germinare e il loro metabolismo convertirà velocemente il lattato di calcio in carbonato. Di fatto, la calce sarà stata così creata e agirà sulla struttura risanandone le crepe.

Il cemento bio può rivoluzionare l’edilizia?

A oggi, siamo lontanissimi dall’introduzione del materiale sul mercato. Per ora, è stato utilizzato nella costruzione di una torretta di controllo collocata sulle sponde di un lago, necessaria a verificare il funzionamento del materiale esternamente al laboratorio. Ciononostante, le aspettative per il futuro sono numerose e la Cina (Paese che si espande alla velocità della luce e utilizza in un triennio, secondo le stime, la stessa quantità di cemento che gli USA esauriscono in un secolo) si è già detta molto interessata. Non che ci sia da stupirsene: poter disporre di un materiale dai costi di manutenzione bassissimi sarebbe un affare per l’edilizia orientale.

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Mattia Mezzetti

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