La cattura e lo stoccaggio del carbonio rappresentano una potente arma nella lotta contro il cambiamento climatico. Questa strategia consente di congelare le emissioni di anidride carbonica (CO2) prodotte dalle attività industriali e contribuire alla limitazione dell’innalzamento delle temperature globali.
Per massimizzare l’efficacia della CCS (carbon capture and storage, ovvero il nome inglese della strategia di cattura e stoccaggio del carbonio) è necessario investire in tecnologie avanzate. Non solo, bisogna infatti anche implementare politiche di sostegno e sensibilizzare l’opinione pubblica. Soltanto attraverso un impegno congiunto possiamo garantire un futuro sostenibile alle prossime generazioni.
Questa strategia divide molto gli ambientalisti, tanto che Greenpeace, dal proprio blog, si è più volte scagliata contro la CCS, anche in maniera molto netta. La tecnologia CCS ha infatti dei difetti, a partire da quello di essere costosa ed energivora. Ciò non toglie che, se impiegata accanto ad altre soluzioni ecologiche, può aiutare il pianeta in questa fase di transizione ecologica non più rinviabile.
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Come avvengono cattura e stoccaggio del carbonio
Il processo di cattura e stoccaggio del carbonio avviene in due fasi. Nella prima si raccolgono le massiccie emissioni di diossido prodotte dalle industrie mentre nella seconda le si immagazzinano in depositi sotterranei appositi, dove verranno conservate per sempre. Tipicamente, si sfruttano giacimenti petroliferi o di gas esauriti. L’approccio è chiaro. Finchè non abbiamo a disposizione una tecnologia capace di mantenere costante la produttività e abbassare le emissioni, privilegiamo i ritmi produttivi, dai quali dovrebbe arrivare ricchezza e prosperità, ma tuteliamo il pianeta assorbendo per lui l’anidride carbonica.
Stoccare l’anidride carbonica
La CO2 viene iniettata, è il caso di dirlo, nel sottosuolo allo stato liquido. Una temperatura costante intorno ai 31 gradi (circa 31,1) e una pressione di almeno 72,9 atmosfere garantiscono una compressione maggiore. Ciò rende possibile all’anidride carbonica occupare meno spazio di quello che le occorrerebbe se fosse allo stato gassoso. Queste caratteristiche sono comuni sotto gli 800 metri di profondità. A tali latitudini, la CO2 può essere conservata nel cosiddetto stato di fluido ipercritico.
Al fine di impedire potenziali fuoriuscite si sfruttano formazioni saline porose, imbevute di acqua. Queste caratteristiche presentano il miglior potenziale di cattura e sono piuttosto diffuse nel sottosuolo. I giacimenti estrattivi che hanno conservato gas e petrolio per millenni sono naturalmente serbatoi privilegiati, in quanto garantiscono la maggiore sicurezza possibile.
Metodi di cattura
Prima di stoccare l’anidride carbonica occorre catturarla. Questo risultato si ottiene sfruttando diverse tecnologie che sono in grado di separare il diossido dagli altri gas presenti nell’atmosfera. A livello industriale si utilizzano tre processi di separazione e sequestro:
- pre-combustione, di fatto una gassificazione che accorpa carbonio e idrogeno senza necessità di bruciare nulla. Al termine del processo, un solvente riseparerà i due elementi;
- post-combustione, tramite solventi chimici che raccolgono la CO2 nei fumi di combustione;
- ossicombustione, un tipo di combustione in ossigeno, e non in aria, per facilitare la cattura dei gas nei fumi di combustione ricchi di diossido di carbonio.
L’importanza della CCS nella sostenibilità planetaria
La strategia di cattura e stoccaggio del carbonio riveste un ruolo chiave nella transizione verso un futuro sostenibile. Le emissioni di CO2 sono una delle principali cause dell’incremento delle temperature globali e del cambiamento climatico. Ridurle è imperativo.
Nella pratica però, non è sempre possibile evitarle. Ai ritmi attuali, che non sono certo rapidi, occorrerà ancora molto tempo prima che la realtà delle emissioni 0 si faccia concreta. È esattamente in questa fase precedente che la CCS deve giocare la sua partita. Sfruttandola al meglio e alimentandola con fonti rinnovabili, potremo neutralizzare le emissioni di anidride carbonica. Essa resterà infatti intrappolata e non sarà liberata nell’atmosfera. Il processo riveste un’importanza cruciale nel limitare l’accumulo di gas serra e mitigare gli effetti del riscaldamento globale.
Il carbonio immagazzinato non deve necessariamente restare statico e immobile per l’eternità. È infatti possibile riutilizzarlo nella produzione di carburanti, plastiche e prodotti alimentari (per esempio bevande gassate). In questo caso, il processo prende il nome di CCU, carbon capture utilisation, ovvero utilizzo del carbonio catturato.
Come incrementare la strategia di cattura e stoccaggio del carbonio
Puntare forte sulla CCS può essere una strategia vincente in questa fase, transitoria da un’attualità energetica dominata dal fossile a una in cui si sfrutteranno prevalentemente – o solo, come ci auguriamo avvenga presto – le rinnovabili. Il tasso attuale di adozione delle modalità di cattura e stoccaggio del carbonio è però ancora insufficiente a livello europeo e planetario. È necessario incrementare questa tecnologia. Come fare?
In primo luogo, è fondamentale investire in tecnologie avanzate per la cattura e lo stoccaggio nonché, magari, preparare incentivi per chiunque creda nel settore. In tal maniera, si renderà il processo più efficiente ed economicamente sostenibile. Il sostegno finanziario e normativo può svolgere un ruolo determinante nel promuovere l’adozione diffusa della CCS. In secondo luogo, è importante educare e sensibilizzare l’opinione pubblica sul potenziale di questa strategia, mettendola in buona luce e incoraggiando una partecipazione attiva alla transizione verso un futuro più sostenibile.
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