Chiudi
Cerca nel sito:

Carbon offset: strategie per compensare le emissioni

Carbon offset: un'azienda inquinante
Condividi l'articolo

L’introduzione del concetto stesso di compensazione delle emissioni di carbonio ha favorito, per molte aziende, la possibilità di fare greenwashing e nasconderlo dietro una narrazione di neutralità non sempre genuina. L’urgenza di ridurre le emissioni di gas climalteranti ha dato vita a svariati meccanismi, in precedenza sconosciuti, e a strategie per le imprese, come quella denominata carbon offset, che intendono raggiungere obiettivi di neutrality. Oltre a quella di ridurre le emissioni generate dalla propria attività, esiste la possibilità di compensare se si inquina, finanziando la riduzione o rimozione di tossine altrove. Lo stabilisce il Clean Development Mechanism, previsto dal Protocollo di Kyoto.

Facciamo chiarezza sui termini

Come tutte le volte che si fa uso della lingua inglese, è importante spiegare a che cosa si riferisca ogni termine utilizzato. Le parole carbon credit, carbon offsetcarbon neutrality e net-zero sono tutte prese in prestito, sebbene probabilmente non le restituiremo mai. In esse, sicuramente, ci siamo tutti imbattuti almeno una volta. Nonostante la somiglianza, hanno in realtà significati molto diversi.

  • Il carbon credit, o credito di carbonio, è la moneta corrente, per così dire, sul mercato delle emissioni. Un credito di carbonio vale una tonnellata di anidride carbonica o un quantitativo equivalente di un altro gas serra. Simili equivalenze sono definite dal protocollo di Kyoto.
  • Net-zero e carbon neutrality sono due concetti introdotti dall’IPCC, il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, che definisce in questi termini una situazione in cui le emissioni antropogeniche di tutti i gas climalteranti sono controbilanciate dalla rimozione dei suddetti gas. La differenza tra net-zero e carbon neutrality è che la seconda è limitata alle sole emissioni di CO2, tanto che si può anche fare uso della fraseazione net-zero CO2 emissions.
  • Quando parliamo di carbon offset ci riferiamo alla vera e propria compensazione delle emissioni. Con questo termine si intende la riduzione, o rimozione, di gas climalteranti in atmosfera. Si procede andando a bilanciare le emissioni generate altrove tramite il finanziamento di progetti che le riducono (come per esempio i parchi eolici) o rimuovono quelle già esistenti (come le attività di riforestazione). Gli offsets sono misurati in tonnellate di CO2 equivalente e sono azioni volontarie, le quali fanno parte di un mercato non ancora regolamentato ma in via di definizione.

Carbon offset e meccanismi di riduzione

Carbon offset: alberi in una foresta
Molte aziende compensano le proprie emissioni piantando alberi altrove

I meccanismi previsti per ridurre le emissioni sono mantenuti, a forza, semplici e flessibili. La ragione è che si desidera dare a imprese e governi la possibilità di scegliere la strategia a loro più congeniale per eliminare quante più emissioni possibile nel modo più economico e rapido. Se da una parte si può apprezzare la voglia di fare velocemente qualcosa di concreto, dall’altra è difficile non scuotere la testa di fronte a soluzioni che non hanno l’obiettivo di fronteggiare seriamente il problema, bensì di poter affermare che non si è solo chiacchierato, ma si è anche fatto qualcosa.

La mancanza di adeguati protocolli da utilizzare per mettere il sistema a regime in caso di anomalie, o meccanismi di controllo che supervisionino il tutto, ha reso il modello che mira alla neutralità pieno di contraddizioni. Lo si è purtroppo trasformato in una sorta di scappatoia legale, allo scopo di attuare pratiche di greenwashing e procrastinazione. Non è così difficile, per una impresa che voglia farlo, evitare di ridurre concretamente le proprie emissioni mascherando il suo operato dietro gli scudi di una pianificazione insufficiente e di strategie che fanno acqua da tutte le parti. Dati questi preamboli, il carbon offset resta molto più un auspicio di una realtà.

Carbon offset come greenwashing legale?

Quello che meno piace della strategia carbon offset e delle sue afferenti è la combinazione di progetti vecchi e crediti nuovi. Al fine di generare una reale compensazione, è necessario che l’investimento effettuato riduca concretamente la quantità di emissioni. Va dimostrato che l’inquinamento generato in mancanza di tale esborso sia effettivamente stato prevenuto. Questo basilare criterio si chiama addizionalità. Colossi come ENI o Total, che avrebbero i mezzi per impegnarsi nella transizione ecologica,hanno dichiarato di aver compensato parte delle loro emissioni investendo in parchi eolici in Cina. Questi, tuttavia, erano attivi da anni. In aggiunta, la loro realizzazione si deve a fondi pubblici.

Questo modus operandi genera carbon credits di dubbia autenticità, soprattutto perché le emissioni globali, di fatto, non si riducono. L’obiettivo di governi e imprese, nella transizione ecologica, deve essere quello di ridurre al massimo l’inquinamento generato dalla propria attività, affidandosi al mercato delle compensazioni solo qualora questo non fosse sufficiente. La filosofia del “Sì, ho inquinato ma, ehi, ho piantato centinaia di alberi e dunque siamo pari!” È ben lontana da una reale azione contro il cambiamento climatico. Le responsabilità delle imprese non potranno essere scaricate all’infinito su altri. Il meccanismo di greenwashing sottostante è evidente.

Ci occorre un arbitro

Le modalità di calcolo delle compensazioni non sono precise. Esse si basano su scenari e ipotesi difficilmente verificabili. Questo porta spesso alla sovrastima dell’effettivo impatto del progetto, frequentemente fomentata dall’impresa promotrice, chiaramente interessata. La superficialità nel finanziare progetti di afforestamento è evidente: molti sembrano dimenticare che gli alberi non sono cestini di gas serra, non basta piantarli per nascondere l’anidride carbonica nelle loro chiome, come fosse polvere da celare sotto un tappeto. Le piante sono esseri viventi. Anch’esse respirano e, nel farlo, producono CO2.

Finché non avremo un organismo super partes predisposto a controllare la qualità dei carbon credit generati da attività di compensazione, i dubbi saranno più che leciti. Il mercato del carbonio, secondo le ultime stime, potrebbe raggiungere un volume d’affari di 700 milioni nel 2027. Forse, giungerà a questa cifra completamente privo di ogni regolamentazione.

Condividi l'articolo
Mattia Mezzetti

Ultime Notizie

Cerca nel sito