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Biodigestori: che cosa sono e come funzionano?

Biodigestori: un impianto circondato da pascoli
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I biodigestori sono di stretta attualità da diversi anni. Tutti sappiamo che servono a ridurre la quantità di rifiuti che finisce in discarica e possono aiutarci, assieme ad altri sistemi, ad alleviare la pressione su questi centri di smaltimento. Se però entriamo nel merito e andiamo ad approfondire, sappiamo davvero che cosa facciano e quale sia la loro importanza? In questo articolo vedremo che cos’è un biodigestore e perché sia una delle strutture più chiacchierate da ambientalisti e addetti ai lavori, come per esempio Legambiente.

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Legambiente e i biodigestori

Nel panorama delle associazioni ambientaliste attive nel nostro Paese, Legambiente è una delle più stimate. In occasione di una propria iniziativa, il gruppo locale ha organizzato una visita al biodigestore di Anzio, nel Lazio. In quella data, il presidente regionale della ONLUS, Roberto Scacchi, esplicitò in maniera chiara la posizione di Legambiente sui biodigestori:

“Per avviare l’economia circolare del Lazio bisogna puntare sugli impianti per la gestione delle frazioni più presenti nel ciclo, a partire dai biodigestori anaerobici per l’organico. È proprio per questo che abbiamo voluto concludere il nostro Ecoforum visitando il primo impianto di questo genere attivato nella nostra Regione.”

Scacchi si riferisce all’Ecoforum dello scorso anno, 2023, che si è tenuto a Roma e ha avuto come tema principale proprio l’economia circolare. Nel suo intervento, il presidente di Legambiente Lazio assegna un ruolo di primaria importanza ai biodigestori, definendoli fondamentali per mettere in circolo l’economia, in maniera virtuosa, nella regione. Allargando le proporzioni, una simile riflessione può essere portata avanti per l’intera Italia.

Cosa sono i biodigestori?

I biodigestori sono particolari impianti che sfruttano un processo di decomposizione della sostanza organica per via anaerobica, dunque in assenza di ossigeno. Possono convertire i rifiuti organici domestici e gli scarti agricoli in energia termica ed elettrica. Per questo motivo si pongono come anello fondamentale in una catena di economia circolare. Nel nostro Paese contiamo circa 2000 di questi impianti, l’80% dei quali serve solo ed esclusivamente l’ambito agricolo. I biodigestori italiani sono collocati soprattutto al Nord. Il più grande d’Italia è a Montespertoli, nel Chianti. Sono in realizzazione impianti di questo tipo anche a Roma. La capitale sarà servita dall’impianto di Muratella, quello di Cesano e quello di Casal Selce.

Come funzionano questi impianti

Il biodigestore lavora per fasi. Inizialmente apre i sacchetti dell’immondizia, attraverso l’utilizzo di una apposita macchina, chiamata rompisacco. Poi si passa per la cosiddetta vagliatura, ovvero la separazione dei rifiuti leggeri da quelli più pesanti, di grandi dimensioni. In terzo luogo si esegue l’importante passaggio della deferrizzazione. Durante questo step, si fa uso di grandi calamite per privare la massa organica di eventuali scarti ferrosi. A questo punto si esegue una nuova scrematura, ancor più certosina: si eliminano i metalli non attirati dai magneti e si rimuovono le parti plastiche. Completati questi step, è finalmente possibile procedere con la digestione.

Il termine specifico utilizzato per il processo che trasformerà la frazione organica è quello di digestione anaerobica. Dopo un processo di pulizia e un approfondito pretrattamento, il biodigestore invia l’umido verso contenitori colmi di batteri, i quali vengono sigillati subito dopo aver accolto al loro interno la frazione organica. L’azione aggressiva dei corpuscoli presenti all’interno di questi spazi chiusi favorisce la trasformazione dell’organico in biogas e la sua digestione. Al termine di questo passaggio, che è il principale eseguito all’interno dell’impianto, si esegue l’upgrading, ovvero una depurazione del gas che, a questo punto, diventa biometano.

All’uscita dal biodigestore non tutta la frazione organica sarà diventata biogas. Resterà infatti una porzione solida, non sfruttabile alla stessa maniera, detta digestato, ma che avrà comunque una sua precisa utilità: sarà infatti possibile farne compost. Questo compostaggio del materiale organico è un toccasana per i terreni agricoli ed è il motivo per cui i biodigestori sono tanto apprezzati dai coltivatori.

Biodigestori: il digestato diventa compost
La porzione di digestato diventa compost per i terreni agricoli

Il dibattito sui biodigestori

I biodigestori dividono. Esistono studi, come ad esempio quello condotto dalla rivista scientifica specializzata Case Studies in Thermal Engineering, secondo i quali:

“Uno dei problemi più critici per gli impianti di biogas nella produzione di energia elettrica è lo smaltimento economicamente ed ecologicamente sicuro di grandi volumi di digestato.”

Gli autori di una ricerca pubblicata dal Journal of Environmental Sciences and Health, invece, hanno difeso una tesi ben più positiva. A loro avviso:

“Il biogas può contribuire in modo significativo a ridurre le emissioni di gas serra.”

Le considerazioni alla base di questa osservazione, che sarebbe chiaramente un importante punto a favore della realizzazione di biodigestori, si devono al fatto che il digestato sia preferibile alla biomassa non trattata, dal momento che la trasformazione in biometano migliora la qualità dell’aria e riduce le emissioni. Occorre però vigilare che non ci siano perdite di metano durante il processo, o ne risentirebbe la sostenibilità dell’intero iter.

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Mattia Mezzetti

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