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Batteria a gravità: cos’è e come funziona

Batteria a gravità: una pila arancione
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La batteria a gravità ha questo nome in quanto sfrutta la gravità terrestre per immagazzinare energia e renderla disponibile quando è necessario utilizzarla. È importante approfondire il tema, in un periodo di transizione energetica come quello che stiamo attraversando, poiché si tratta di una soluzione relativamente sostenibile per risolvere il problema dello stoccaggio di energia in eccesso, derivante da fonti rinnovabili. Di questa tematica si parla meno di quanto si dovrebbe. Tutti conosciamo i benefici provenienti dal produrre energia in maniera pulita, ma pochi parlano di come limitare, o evitare, i possibili sprechi a essa connessi.

La batteria a gravità

Batteria a gravità: un caricatore
La batteria a gravità può accumulare energia potenziale e liberarla all’occorrenza

Quella che definiamo batteria a gravità, o batteria gravitazionale, è un dispositivo capace di immagazzinare energia in eccesso tramite accumulo gravitazionale. Il nome deriva naturalmente da questa capacità. Il funzionamento alla base di questo dispositivo è quello della riconversione del surplus di carica. Può infatti renderla energia potenziale. Questa si utilizza poi per sollevare grandi masse. È profondamente legata all’altitudine e all’altezza da terra. Normalmente, dunque, le batterie gravitazionali sono impiegate per spostare masse d’acqua nelle centrali idroelettriche di pompaggio o grandi blocchi, solitamente in ferro o cemento, presso impianti dedicati che vedremo.

L’accumulo gravitazionale è utilizzabile per stipare energia. Questa può provenire da qualsiasi fonte, ma tipicamente si abbina a impianti di produzione eolica oppure solare, dal momento che può andare a chiudere un circolo virtuoso di produzione energetica completamente sostenibile. La riconversione in carica potenziale, infatti, avviene in modo relativamente sostenibile.

Rispetto alle batterie operanti tramite reazioni chimiche, come ad esempio gli accumulatori di flusso, quelli al sale o alla sabbia, quelle di cui stiamo scrivendo operano in maniera meno impattante e forniscono la soluzione che si stava cercando per accumulare un’energia naturalmente intermittente e difficilmente immagazzinabile come quella proveniente dalle fonti rinnovabili. Le perdite energetiche causate dagli accumulatori gravitazionali sono risibili, così come i rischi di malfunzionamento. Questi dispositivi possono veramente giocare la loro parte nella gestione della rete elettrica, accumulando grandi quantità di energia.

La batteria a gravità più grande del mondo è la Energy Vault di Shanghai ed è in grado di fornire una potenza di 25 MW.

L’intuzione vincente

L’idea di base, quella che ha portato all’ideazione prima, e alla realizzazione poi, delle batterie a gravità è piuttosto semplice. È noto che vi sono periodi nei quali l’energia prodotta da fonti rinnovabili è sovrabbondante rispetto all’effettivo fabbisogno. In questi frangenti, invece di dissiparla, la si può utilizzare per sollevare, fino a una certa altezza, masse del peso di svariate tonnellate. In tal maniera, la carica eccessiva si converte in energia potenziale spendibile in futuro, previo apposito stoccaggio all’interno di batterie a gravità, che forniscono un deposito sicuro e duraturo. Ogni accumulatore gravitazionale necessita di un impianto di stoccaggio dedicato.

Gli impianti di stoccaggio idroelettrici

Questo tipo di impianto è anche noto con il nome di centrale idroelettrica di pompaggio. Nei periodi di maggior richiesta energetica, si ottiene carica da destinare a chi la richiede facendo scendere l’acqua dall’alto verso il basso. Quando non vi è questa necessità, il fluido viene reimmagazzinato in alto. Questi impianti, dunque, producono energia grazie a una turbina idroelettrica e sfruttano la presenza della batteria a gravità per spostare le masse d’acqua verso l’alto e resettare il meccanismo.

Lo stoccaggio con blocchi di cemento

Un’altra tipologia di impianti capace di sfruttare al meglio le batterie a gravità è quella attrezzata per sfruttare al meglio il sollevamento di blocchi di cemento. Il già citato Energy Vault è uno di questi. Visto da fuori, l’impianto ricorda infatti un enorme grattacielo e, al suo interno, si sollevano decine di blocchi in cemento ogni qualvolta vi sia un surplus energetico. Quando invece la potenza deve essere prodotta, i blocchi vengono rapidamente rilasciati. Questo impianto ha una vita stimata di circa 35 anni e, generalmente, regola il suo carico elettrico ogni giorno. È in grado di generare energia per circa 18 ore al giorno

Impianti di stoccaggio con blocchi di ferro

La startup scozzese Gravitricity sfrutta il movimento di 50 tonnellate di ferro sospeso, tramite cavi d’acciaio, in un pozzo profondo quattro piani. È una modalità di fruizione differente rispetto a quella di Energy Vault, ma comunque efficace: l’impianto raggiunge una potenza di 250 kW.

Batterie a gravità: vantaggi e svantaggi

Le batterie a gravità fin qui esaminate offrono un’ottima alternativa a quelle chimiche che dominano oggi il mercato. Per meglio dire, sono delle loro ottime alleate. I tempi non sembrano infatti ancora maturi per una sostituzione completa degli accumulatori.

I benefici che questi dispositivi possono portare sono svariati: l’impatto ambientale è basso e il rischio di incendio bassissimo, dal momento che non vi è alcuna reazione chimica. Va poi considerata l’enorme efficienza di questi strumenti. In merito al loro surplus energetico, essa è prossima all’80%.

Le batterie gravitazionali che sfruttano il sollevamento di masse d’acqua, accusano perdite energetiche limitate. Esse si devono principalmente all’energia utilizzata per pompare l’acqua in quota e al processo, completamente naturale e inevitabile, dell’evaporazione del bacino. Gli accumulatori che, invece, sollevano blocchi di cemento, presentano un degrado nel tempo molto basso.

L’altro lato della medaglia, relativo agli svantaggi, è rappresentato dai costi. Essi sono moderatamente elevati. Possono infatti oscillare tra i 7,5 e i 15 centesimi di euro al kilowattora. Inoltre, si richiedono vasti spazi poiché le strutture necessarie sono tipicamente di grandi dimensioni. 

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Mattia Mezzetti

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