Sono in arrivo 20 miliardi di euro del piano RePowerEu per aumentare resilienza, sicurezza e sostenibilità del sistema energetico europeo. All’Italia ne andranno 2,8 risultando il maggior beneficiario insieme alla Polonia.
Dando corso all’accordo provvisorio europeo raggiunto il 14 dicembre 2022 dal Consiglio, dalla Commissione e dal Parlamento e dopo il via libera di quest’ultimo, il 21 di febbraio il Consiglio dell’Unione Europea ha formalmente adottato il regolamento finalizzato all’inserimento nel dispositivo per la ripresa e la resilienza di capitoli dedicati al piano RePowerEu. Entro due mesi dalla pubblicazione del nuovo regolamento, ciascun Stato membro potrà quindi aggiungere nel proprio Pnrr un nuovo capitolo dedicato al piano RePowerEu, allo scopo di finanziare investimenti e riforme chiave che contribuiranno al conseguimento degli obiettivi del piano stesso. Nei successivi due mesi la Commissione sarà tenuta a fornire la sua valutazione e dunque, prevedibilmente, le nuove risorse saranno disponibili nel Pnrr entro la fine giugno di quest’anno. Nella nota diffusa dal Consiglio si sottolinea che tra gli obiettivi principali di RePowerEu “figurano l’aumento della resilienza, della sicurezza e della sostenibilità del sistema energetico dell’Unione Europea mediante la necessaria riduzione della dipendenza dai combustibili fossili e la diversificazione dell’approvvigionamento energetico a livello dell’Ue, anche potenziando la diffusione delle energie rinnovabili, l’efficienza energetica e la capacità di stoccaggio dell’energia”. A tale scopo sono messe a disposizione ulteriori sovvenzioni pari a 20 miliardi di euro per finanziare gli investimenti e le riforme. Le fonti di tale finanziamento saranno il Fondo per l’innovazione (60%) e l’anticipazione delle quote Ets (40%).
RePowerEu: quali sono gli aspetti innovativi del Piano
In questa sede vogliamo mettere l’accento su due aspetti innovativi del nuovo piano. Il primo è relativo alla visione olistica dello strumento, che, in tema energetico, guarda non solo agli investimenti infrastrutturali ma anche alle competenze necessarie per accompagnare il mercato del lavoro nella transizione ecologica e digitale. Gli Stati membri, infatti, sono incoraggiati a investire ulteriormente nella riqualificazione per quanto riguarda le tecnologie verdi e digitali, al fine di garantire che nessuno sia lasciato indietro durante la transizione green. Il secondo aspetto è relativo alla facoltà concessa agli Stati membri di poter contare su risorse addizionali (oltre quelle previste dal menzionato pacchetto di 20 miliardi di euro), reindirizzando una quota parte dei fondi strutturali verso il nuovo capitolo RePowerEu all’interno dei Piani nazionali di ripresa e resilienza. In particolare, è data facoltà di utilizzare risorse ancora non spese della vecchia programmazione (2014-2020) nella misura massima complessiva di 5 miliardi di euro per sostenere nel 2023 le pmi duramente colpite dagli aumenti dei prezzi dell’energia (con fondi Fesr) e le famiglie vulnerabili (con fondi Fse). Oltre a queste risorse, gli Stati membri potranno contare anche sulla possibile rimodulazione dei fondi strutturali programmati per il settennio in corso (2021-2027) mobilitando ulteriori 21,6 miliardi di euro circa.
RePowerEu: quanti fondi saranno disponibili per l’Italia?
Relativamente al nuovo pacchetto finanziario dei 20 miliardi di euro, all’Italia arriveranno 2,76 miliardi di euro risultando il maggiore beneficiario assieme alla Polonia. A questi vanno aggiunti i fondi strutturali rimodulabili e rinvenienti dalla vecchia programmazione (visto il tetto dei 5 miliardi complessivi, si stima non oltre 2,5 miliardi) e quelli della nuova (2,8 miliardi di euro). Si tratta, dunque, di 7 – 8 miliardi di euro che rappresentano una spinta addizionale al Pnrr pari al 3-4%. Sono tanti o pochi? La sensazione è che se si mettono ulteriori carte sul castello, il tutto crolli. Non dimentichiamo che l’Italia è ai primi posti nel ricevere fondi strutturali dall’Europa e al penultimo nello spenderli. Fuori metafora la preoccupazione è che questa extra attività programmatoria distolga l’attenzione sulla efficace attuazione del Pnrr, che proprio quest’anno è sul banco di prova. Un rischio da prendere in seria considerazione ora che si darà attuazione al nuovo decreto sulla governance del Pnrr.
Giuseppe Di Taranto, professore emerito di Storia Economica (articolo pubblicato dall’agenzia di stampa MF-Dow Jones).