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Acqua: una risorsa a rischio

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La domanda di acqua aumenterà del 55% entro il 2050 ma la sua disponibilità nelle differenti aree del pianeta è estremamente variabile, anche a causa dell’inquinamento. Gestione delle risorse idriche, smaltimento delle acque reflue, qualità dell’acqua e accesso universale ai servizi idrico sanitari sono problemi ancora aperti.

L’acqua è una molecola molto semplice, composta di due atomi di idrogeno e uno di ossigeno (H2O); è alla base dell’origine della vita e questo l’ha resa indispensabile per tutte le forme viventi sul nostro pianeta. In ecologia, la comparsa dell’acqua viene inserita fra le proprietà emergenti, termine che indica il risultato di un’unione superiore alla somma delle singole componenti che formano la nuova entità, entità che rappresenta un livello successivo di evoluzione del sistema. L’intero volume dell’acqua presente sulla Terra viene valutato in circa 1,5 miliardi di chilometri cubi (1,5 miliardi di miliardi di tonnellate!) e il 97% circa costituisce i mari e gli oceani. Il 3% restante, circa 38 milioni di chilometri cubi, è acqua dolce, che si trova per lo più nelle aree perennemente ghiacciate: circa il 70% è localizzata in Antartide, a costituire la calotta di ghiaccio che si è formata negli ultimi 20 milioni di anni e ricopre questo continente. L’acqua dolce residua è presente soprattutto come acqua sotterranea e, solo in piccola parte, come acqua superficiale; la quantità disponibile per l’utilizzo umano si riduce pertanto a pochi milioni di chilometri cubi. Inoltre, a causa della sua irregolare distribuzione sulla superficie terrestre e dell’altrettanto irregolare distribuzione della popolazione umana, la disponibilità locale di acqua è estremamente variabile da zona a zona.

Domanda di acqua: entro il 2050 è previsto un aumento del 55%

Paesi come il Sud America e il Canada hanno a disposizione un importante patrimonio idrico: una media di 30 – 40 mila litri di acqua a persona all’anno; in alcune aree invece si fatica a raggiungere i 3.000 mila litri per persona all’anno.

Fig. 1 – Livello di stress idrico nel pianeta (www.financialounge.com)

Gli ultimi dati FAO indicano che 2,3 miliardi di persone vivono in Paesi soggetti a stress idrico; di queste, più di 733 milioni di persone, pari a circa il 10% della popolazione mondiale, vivono in aree ad alto e critico rischio di carenza idrica. La siccità ogni anno provoca la morte di milioni di persone, soprattutto bambini, ed è causa di tensioni fra Paesi che si trovano in aree “a rischio”, soprattutto in Africa e in Medio Oriente. Etiopia, Sudan ed Egitto si contendono l’accesso alle acque del fiume Nilo; Giordania, Siria e Israele al fiume Giordano. Le sorgenti dei fiumi Tigri ed Eufrate si trovano in un bacino con più di 100 milioni di persone, popolazione che raddoppierà nel giro di 20 anni.

Il sesto dei 17 Obiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Onu riguarda il diritto a garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie entro il 2030.

Oggi siamo però ancora molto distanti. L’acqua dolce facilmente accessibile di fiumi e laghi – lo 0,3% di quella presente sul Pianeta – è utilizzata per il 70% nell’agricoltura, per il 22% nell’industria e solo l’8% è destinata al consumo umano e al settore dei servizi. Questa ripartizione varia da un Paese all’altro: in quelli più sviluppati le attività industriali assorbono oltre il 40% dell’acqua utilizzata, mentre nei Paesi poveri l’acqua serve soprattutto ad irrigare i campi. Una pratica fondamentale per lo sviluppo della specie umana: è soprattutto grazie all’irrigazione, infatti, che si è riusciti ad alimentare una popolazione in rapida e costante crescita. Anche se non potrà più consentire, per il futuro, ulteriori significativi incrementi nelle rese alimentari. La richiesta complessiva di acqua cresce in modo esponenziale, analogamente all’aumento della popolazione mondiale. Una valutazione UNEP ritiene che vi sia un incremento progressivo medio di circa il 6% per anno.

Fig. 2 – Andamento dei principali usi dell’acqua dolce del pianeta (Ritchie e Roser, 2018)

Secondo i dati elaborati da UNWater, ente coordinatore delle Nazioni Unite e delle organizzazioni internazionali sui temi relativi all’acqua e ai servizi igienico-sanitari, la scarsità di risorse colpisce già tutti i Continenti. La domanda di acqua è cresciuta, a livello globale, più del doppio del tasso di aumento della popolazione nell’ultimo secolo e, per questa ragione, molte zone della Terra hanno sempre più difficoltà a garantire un accesso idrico sicuro. UNWater ha dichiarato che, entro il 2030, il 47% della popolazione mondiale vivrà in zone ad elevato stress idrico. In questo scenario, complici i cambiamenti climatici, nel 2030 la scarsità di acqua nei luoghi più aridi potrebbe provocare lo spostamento di 24 – 700 milioni di persone, a seconda dell’intensità del problema. Per l’OCSE la domanda di acqua aumenterà del 55% entro il 2050 e, per questo, è importante cercare una soluzione affidabile e sostenibile. Sebbene i target relativi all’acqua potabile e ai servizi igienici siano stati integrati negli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals), aspetti cruciali come la gestione delle risorse idriche, lo smaltimento delle acque reflue, la qualità dell’acqua e la riduzione della vulnerabilità nei confronti delle catastrofi legate all’acqua non sono stati affrontati. L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile ha avviato un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU; questo programma considera 17 obiettivi per un totale di 169 ‘target’ o traguardi. L’avvio ufficiale dell’Agenda 2030 ha dato seguito ai risultati degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio su un insieme di questioni importanti per lo sviluppo come la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico. L’obiettivo 6 “Acqua pulita e servizi igienico sanitari” comprende, oltre all’accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, anche ulteriori sotto-obiettivi, come quelli della protezione e la riabilitazione di ecosistemi legati all’acqua, tra cui montagne, foreste, zone umide, fiumi e laghi. La qualità dell’acqua dovrà migliorare e l’inquinamento idrico essere ridotto, soprattutto quello generato da prodotti chimici pericolosi. La cooperazione transfrontaliera sarà incentivata al fine di pervenire a una gestione integrata delle risorse idriche a tutti i livelli.

Inquinamento idrico: quali sono le tipologie e le cause

Una domanda che ci possiamo fare riguarda lo stato delle risorse idriche e le possibilità di un loro corretto utilizzo ai fini di una disponibilità sufficiente per l’umanità. L’acqua è una risorsa rinnovabile, che si rigenera attraverso un ciclo fondamentale per l’intera biosfera. Nel percorso sulla superficie e nel flusso sotterraneo l’acqua raccoglie e scioglie sali e sostante organiche, viene assorbita dagli apparati radicali delle piante e trasportata per capillarità nei tessuti delle piante stesse e giunge poi agli esseri viventi, uomo compreso.

In un sistema in equilibrio l’acqua non dovrebbe mancare. Purtroppo, questo preziosissimo componente della vita sta subendo fenomeni di degradazione tali, che la salvaguardia della sua qualità è ormai un grave problema. A causare la degradazione delle acque è soprattutto l’inquinamento. Quando l’impatto umano non raggiunge determinati livelli critici, le capacità di autodepurazione di fiumi, laghi e mari riescono a superare positivamente gli effetti dell’impatto stesso; quando però la dimensione dell’impatto è tale da non poter essere recuperata dal sistema superando la sua capacità di resilienza, l’inquinamento diviene una drammatica realtà. L’inquinamento costituisce quindi uno dei fattori fondamentali che incidono sulla disponibilità delle acque; esso è esploso in conseguenza dell’aumento della popolazione, della sua concentrazione urbana e della crescente produzione agricola e industriale. In acqua finiscono gli scarti, i rifiuti, le emissioni di tantissime attività domestiche, agricole, industriali, artigianali. Attraverso gli scarichi, l’acqua riceve e trasporta quotidianamente liquami, sostanze eutrofizzanti (nitrati e fosfati da concimi chimici e detersivi), prodotti chimici organici (fitofarmaci, tensioattivi, oli minerali, idrocarburi), sostanze chimiche inorganiche (sali, acidi, metalli tossici, solventi), sostanze radioattive (da laboratori, industrie e reattori nucleari) e plastiche sotto varie forme.

La maggior parte di questi rifiuti finisce direttamente o indirettamente in mare, trasportato dai fiumi o dall’atmosfera, dove provoca

  • inquinamento chimico, con effetti che si ripercuotono lungo le catene alimentari;
  • inquinamento fisico dovuto al calore provocato dalle particelle in sospensione;
  • inquinamento biologico, con diffusione di organismi patogeni quali batteri, virus, e parassiti vari.

Le responsabilità dell’inquinamento non spettano soltanto all’industria e all’agricoltura; tutti quanti noi, sebbene in misura diversa, contribuiamo a questa pericolosa azione. Occorre ricordare che spesso non sono le sostanze immesse ad essere dannose in quanto tali, ma le loro ingenti quantità. È proprio un problema di quantità, ad esempio, quello che causa il fenomeno dell’eutrofizzazione. Fosforo e azoto costituiscono di fatto due elementi importanti e certamente non tossici né inutili per la vita, ma trattandosi di sostanze nutrienti per gli organismi viventi se vengono rilasciate in abbondanza nei corsi d’acqua (si è calcolato che nel 1994 l’Alto Adriatico ha ricevuto 2.800 tonnellate di fosforo) provocano un’eccessiva proliferazione di alghe e fitoplancton. Si innesca a questo punto una catena mortale: la decomposizione di alghe e fitoplancton comporta un elevato consumo dell’ossigeno disciolto nell’acqua che causa la morte per asfissia degli organismi acquatici, come i pesci. L’inquinamento chimico delle acque provoca l’aumento delle concentrazioni di alcuni contaminanti negli organismi mediante i fenomeni del bioaccumulo e della biomagnificazione, che determinano la loro amplificazione nella catena alimentare. Le conseguenze di questi fenomeni hanno causato gravi danni per le specie che si trovano ai vertici delle catene alimentari stesse, uomo compreso. Per fortuna alcuni rimedi, anche se parziali e insufficienti, hanno cominciato ad essere adottati, come leggi e normative tendenti a ridurre la quantità dei prodotti inquinanti e a imporre l’obbligo di costruzione di impianti di depurazione. Proteggere l’acqua e gli ecosistemi acquatici dall’inquinamento, in fondo, vuol dire anche proteggere l’uomo.

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