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Acidificazione delle acque degli oceani e biodiversità

Acidificazione delle acque degli oceani e biodiversità
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Il riscaldamento globale e l’aumento della CO2 assorbita dalle acque degli Oceani hanno innescato il fenomeno della cosiddetta acidificazione, con danni agli ecosistemi marini e alla biodiversità. Lo sbiancamento del corallo e la perdita delle barriere coralline ne sono un esempio.

Secondo il programma europeo Copernicus il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato; l’aumento della temperatura globale media è risultato di 0,71°C rispetto alla media dello stesso periodo tra il 1991 e il 2020. La proiezione per l’intero anno indica, per il 2024, una temperatura media globale circa 1,6 °C superiore rispetto alla media del periodo 1850-1900, periodo di riferimento dell’era pre-industriale.

Viene così superato il limite di +1,5 °C stabilito nella COP 26 tenutasi a Glasgow nel 2021, confermato dalla COP 28 del 2023 che si è tenuta a Dubai e discusso con molti problemi nella COP 29 di Baku del novembre 2024. Gran parte di questo aumento della temperatura dipende dall’effetto serra determinato, soprattutto, dalla concentrazione di anidride carbonica in atmosfera; nel febbraio 2024 il Mauna Loa Observatory alle Haway (NOAA) ha rilevato una concentrazione di 424 parti per milione di CO2 in atmosfera, il valore più alto riscontrato nell’era industriale.

Il riscaldamento degli Oceani

L’aumento delle temperature del pianeta si riflette anche sugli oceani, in quanto determina un incremento del loro contenuto di calore e un conseguente aumento di temperatura delle acque. I dati a disposizione ci mostrano come il riscaldamento globale degli oceani sia iniziato ad aumentare intorno al 1960, con un tasso di 0,58 watt per metro quadrato (W/m2). Negli ultimi due decenni il tasso è quasi raddoppiato arrivando a 11,05 W/m2, un aumento costante osservato in tutte le regioni del pianeta, anche se con intensità diverse. Nei primi 2000 metri dell’oceano, gli effetti di riscaldamento più marcati sono stati riscontrati nell’Atlantico settentrionalee negli oceani meridionali, dove le perdite di biodiversità sono già evidenti.

Le barriere coralline, ad esempio, stanno scomparendo in tutto il mondo a causa dell’aumento della temperatura delle acque; tra il 1957 e il 2007 è stata valutata una loro diminuzione di circa il 50% a livello mondiale. La temperatura dell’acqua rappresenta per questo ecosistema un fattore limitante, e deve essere compresa tra 20 e 28°C: temperature superiori portano al fenomeno dello “sbiancamento” del corallo e alla conseguente scomparsa della barriera corallina stessa.

Il corallo, infatti, è formato dagli scheletri calcarei delle colonie dei polipi (Celenterati) caratterizzati da forme e dimensioni molto varie. I polipi dei coralli sono eterotrofi e non sono colorati; il loro colore viene fornito dagli organismi simbionti che vivono all’interno delle loro cellule, le zooxantelle, alghe unicellulari fotosintetiche in grado di trasformare l’energia solare in biomassa e, quindi, nei nutrienti necessari alla barriera corallina. Oltre i 28°C le zooxantelle subiscono dei danni al loro sistema fotosintetico, che smette di funzionare. Non avendo più il sostegno nutrizionale di cui hanno bisogno, i coralli muoiono.

L’acidificazione degli Oceani

L’aumento della CO2 in atmosfera determina un conseguente aumento delle sue concentrazioni nelle acque degli oceani, essendo la solubilità di un gas direttamente proporzionale alla pressione che il gas esercita sulla soluzione (legge di Henry). In particolare, occorre considerare come l’oceano assorba circa un quarto della CO2 che viene rilasciata nell’atmosfera ogni anno e molte ricerche si sono concentrate sui benefici derivanti da questo aspetto, che permette la rimozione dall’atmosfera di gas serra. Tuttavia, molti studi hanno dimostrato che questo fenomeno, apparentemente positivo, può causare notevoli problemi per la biodiversità marina. La CO2 assorbita dall’oceano sta infatti cambiando significativamente la chimica dell’acqua di mare determinando l’abbassamento del pH e, conseguentemente, la sua acidificazione.

Quando la CO2 viene assorbita dall’acqua di mare, si verificano una serie di reazioni chimiche che portano alla trasformazione degli ioni carbonato in ioni bicarbonato liberando ioni idrogeno e aumentando la loro concentrazione nelle acque. Questo fa sì che l’acqua diventi più acida e gli ioni carbonato siano relativamente meno abbondanti.

Dal 1985 al 2022 il pH delle acque oceaniche superficiali è sceso di 0,1 unità ed essendo la sua scala logaritmica questo cambiamento rappresenta un aumento di circa il 30% dell’acidità. L’abbassamento del pH e la diminuzione degli ioni carbonato si riflette negativamente su molti organismi marini, rendendo difficile la costruzione e il mantenimento di strutture come le conchiglie dei molluschi, lo scheletro dei foraminiferi, dei ricci di mare e dei coralli.

Abbassamento del pH su scala globale dal 1985 al 2022 (Dati Copernicus).

Cosa è la coralporosi

L’abbassamento del pH agisce negativamente sulle barriere coralline in quanto l’elevata acidità sta riducendo la saturazione dell’aragonite, un minerale di carbonio da cui sono costruiti gli scheletri di molti organismi marini. Il fenomeno viene chiamato coralporosi, un termine coniato per descrivere l’indebolimento e la disintegrazione di quelle strutture, che può essere considerato simile all’osteoporosi negli esseri umani. Questo processo colpisce particolarmente le comunità a coralli di acque fredde che giocano un ruolo cruciale nel funzionamento ecosistemico dei fondali profondi, regolando la struttura delle reti trofiche ed i cicli biogeochimici dei nutrienti.

Le specie di coralli costituenti tali comunità, altresì noti come coralli bianchi, sono in grado di edificare complesse ed estese biocostruzioni che possono raggiungere diversi metri in altezza. Le comunità a coralli bianchi costituiscono punti importanti di biodiversità, rappresentando importanti aree di riproduzione, crescita, rifugio e alimentazione per un gran numero di specie di invertebrati e vertebrati. Tali comunità sono oggi minacciate dalle attività antropiche, tra cui soprattutto la pesca a strascico, nonché dal riscaldamento degli oceani dovuto al cambiamento climatico globale e dalla coralporosi determinata dall’acidificazione degli oceani.

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