Un quarto del totale mondiale di černozëm, uno dei tipi di suolo più fertili al mondo, si trova in Ucraina. Ma ora è minacciato dall’inquinamento provocato dagli eventi bellici, dall’erosione e dalla crisi climatica, con il rischio di innescare crisi alimentari in molti Paesi.
L’Ucraina è tra i primi produttori mondiali di grano (il settimo) e mais (il quinto), come abbiamo imparato da quando il 24 febbraio la Russia ha invaso il Paese. Questi primati li deve alla geologia. E a quello che viene chiamato černozëm: “terra nera”, in russo. È grazie alla grande fertilità di questo tipo di suolo che l’Ucraina è diventata il granaio d’Europa, e non solo. Come rischiano di mettere in luce le possibili crisi alimentari nei Paesi dell’Africa dipendenti appunto dalle forniture ucraine di cereali.
In Ucraina un quarto del černozëm globale
Nella pedologia (la branca delle scienze della Terra che studia la composizione, la genesi e le modificazioni del suolo), il termine černozëm indica un gruppo di suoli dalla caratteristica colorazione bruna, che ricadono nella classe dei suoli calcarei. Secondo l’Enciclopedia Britannica, il černozëm copre solo l’1,8% della superficie emersa del Pianeta, alle medie latitudini di entrambi gli emisferi: nelle praterie del Nord America, nella pampa Argentina e nelle steppe asiatiche o dell’Europa orientale. Si tratta di un terreno ad elevata componente organica, con alta percentuale di humus (dal 7 al 15%) e grandissima fertilità. E in Ucraina copre il 65% della superficie nazionale, un quarto del totale mondiale di questa tipologia di terreno.
Guerra, erosione e crisi climatica in agguato
Questo oro nero oggi è a rischio. La minaccia più immediata, come si può immaginare, è il conflitto bellico. “In termini di inquinamento – ha spiegato Daniele Baldi, geologo e responsabile bonifiche siti contaminati della Società italiana di geologia ambientale (Sigea) – le armi sono una sorgente di contaminazione sia quando avviene la deflagrazione, sia quando l’arma stessa è colpita: la combustione libera nell’ambiente sostanze nocive e cancerogene, quali metalli pesanti, idrocarburi e uranio impoverito. Analogamente, quando un mezzo militare, come ad esempio un carro armato, viene colpito, libera queste sostanze a cui si aggiunge anche l’amianto, che normalmente trova largo impiego negli armamenti”. L’Ucraina è un paese fortemente industrializzato, con industrie petrolchimiche, chimiche, minerarie e siderurgiche, che la guerra sta distruggendo: “Quando ci riferiamo a miniere, petrolchimici, industrie chimiche – aggiunge Baldi – sappiamo che nel loro ciclo produttivo sono presenti sostanze tossiche e cancerogene che una volta liberate vanno a diffondersi nell’ambiente: nell’aria che respiriamo, nelle acque superficiali e sotterranee che beviamo, nei suoli che utilizziamo per coltivare”. Le bombe, le macerie, la distruzione di impianti produttivi stanno dunque contaminando un patrimonio unico e una risorsa non rinnovabile. Ma non c’è solo la guerra a metterlo a rischio. Come ricorda Re Soil Foundation, la Banca mondiale ha stimato che la cattiva gestione del territorio legata a sovrasfruttamento e pratiche agronomiche errate provoca ogni anno in Ucraina l’erosione di oltre 500 milioni di tonnellate di terreno agricolo, causando la perdita di fertilità in oltre 32 milioni di ettari. Secondo i dati della Banca mondiale, per ogni dollaro di valore aggiunto agricolo generato, un terzo viene perso a causa dell’erosione, con dieci tonnellate di suolo erose per ogni tonnellata di grano prodotta. Non solo. Alle minacce locali si aggiungono quelle globali: la crisi climatica e gli eventi estremi. Lo scorso anno il Ministero ucraino dell’Ambiente ha lanciato l’allarme sul rischio desertificazione delle terre agricole nazionali. Le tempeste di sabbia, ha stimato, colpiscono oggi 20 milioni di ettari di terreno. Altri 13 milioni di ettari sono interessati dal dissesto idrogeologico.