Di riscaldamento globale negli ultimi anni abbiamo iniziato a sentire parlare sempre più spesso, anche grazie al prezioso contributo di diverse organizzazioni, associazioni e attivisti sparsi nei quattro angoli del globo. Ormai da diverso tempo sono in atto anche a livello istituzionale degli importanti cambiamenti che, ci auguriamo, potranno mettere fine una volta e per tutte ad un fenomeno che mette seriamente a rischio l’incolumità del genere umano e di tutto il mondo naturale. Eppure, in questo percorso verso un mondo più green, dobbiamo purtroppo affrontare una serie di importanti minacce, tra cui quella rappresentata dalle cosiddette bombe di carbonio. Ma che cosa sono esattamente e in che modo possiamo evitare che vanifichino tutti gli sforzi compiuti fino a questo punto? Qui di seguito risponderemo a questa e ad altre domande.
Indice
Cosa sono le bombe di carbonio
Una bomba di carbonio (o carbon bomb, in lingua inglese) è un progetto di estrazione di combustibili fossili che è in grado di generare più di una gigatonnellata di CO₂ (1 GtCO₂) durante la sua vita utile rimanente. Si tratta di un numero a dir poco impressionante: basti pensare che corrisponde a ben tre volte la quantità di emissioni di anidride carbonica che il nostro Paese da solo emette nel giro di un intero anno.
Ad oggi ci sono 425 bombe di carbonio nel mondo, e sono tutte già operative o in fase di avvio. Questi progetti minacciano significativamente gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi (sottoscritto il 28 novembre de 2019) che richiedono il rispetto di un certo budget di carbonio per rimanere al di sotto di un riscaldamento di 1,5°C rispetto all’era preindustriale.
Le bombe di carbonio sono i 425 più grandi progetti di combustibili fossili ma rappresentano solo circa il 45% dei progetti di estrazione di petrolio e gas e il 25% per il carbone delle emissioni totali che potrebbero essere generate dall’intero settore dell’estrazione di combustibili fossili. Ciascuno di questi progetti genera un livello elevato di emissioni, il che li rende una priorità da affrontare nel più breve tempo possibile: “disinnescare” una singola bomba significa fermare l’equivalente di centinaia di progetti più frammentati.
Dove si trovano
Al momento, come anticipato, c’è ancora un numero fin troppo elevato di bombe di carbonio sparse in giro per il mondo, alcune delle quali si trovano non molto distanti dal nostro Paese. In Europa, ad esempio, troviamo la miniera di carbone di Hambach in Germania oppure il West Macedonia Lignite Centre (WMLC) in Grecia, oppure ancora il complesso di miniere di carbone di Kolubara in Serbia o quello di Maritsa in Bulgaria: in questo caso si tratta di siti ancora oggi pienamente operativi.
Una grossa fetta delle bombe di carbonio sono poi ovviamente concentrate nei grandi Paesi produttori di petrolio come per l’esempio l’Arabia Saudita, ma anche gli Stati Uniti, il Messico e la Cina. Nel continente africano un’altra importante miniera di carbone, quella di Grootegeluk, si trova in Sud Africa.
Impedire la proliferazione delle bombe di carbonio
Chi ha spiegato nel dettaglio quali sono i passi da compiere per risolvere questo grave problema ambientale è stato l’esperto Kjell Kühne, che ha evidenziato come vietare la proliferazione di nuove bombe al carbonio potrebbe ridurre di circa un terzo le potenziali emissioni provenienti da queste fonti. Un divieto globale potrebbe eliminare un numero significativo di bombe al carbonio; il problema principale (non di poco conto) è che ancora oggi sono numerosi i Governi nazionali ad avere importanti interessi economici legati a questo tipo di progetti inquinanti (ma profittevoli). Risulta dunque fondamentale che i Paesi particolarmente vulnerabili ricevano un adeguato supporto per rompere questo tipo di dipendenza.
Nel contesto attuale è necessario sensibilizzare il più possibile il pubblico mainstream e avviare una seria discussione tra i principali Paesi produttori di combustibili fossili, iniziando a dare la priorità a quelli che possono essere disinnescati più facilmente, a cominciare dagli stabilimenti dedicati all’estrazione di carbone. Secondo l’AIE, ridurre le emissioni di metano dalle operazioni di petrolio e gas è a sua volta una delle azioni più efficaci in termini di costi e impatto che i Governi possono intraprendere per raggiungere gli obiettivi climatici globali. Non dovrebbe essere poi così complicato iniziare delle discussioni nel merito della questione, essendo soltanto 10 i Paesi del mondo responsabili di ben due terzi delle potenziali emissioni delle bombe al carbonio.
Per gli esperti, infine, è importante ricordare che un’altra misura chiave è legata alla riduzione della domanda e non soltanto sulla produzione. I “Paesi sviluppati” che non sono direttamente produttori di combustibili fossili hanno una grande responsabilità nel ridurre la loro domanda attraverso misure connesse alla transizione energetica.
Gli attori in gioco
Tutta la società civile è chiamata ad un cambiamento di abitudini quotidiane che possa condurre, in tempi rapidi, all’abbandono delle fonti di energia non rinnovabili. Al di là degli sforzi individuali, tuttavia, è triste dovere constatare come siano ancora numerosi gli stakeholder interessati alla proliferazione di questo tipo di progetti ben poco green. Tra questi (oltre agli Stati) troviamo:
- Le banche: gli istituti bancari possono finanziare le bombe al carbonio sia direttamente che indirettamente. Direttamente, attraverso il finanziamento di progetti: una banca può infatti finanziare un progetto specifico di estrazione di combustibili fossili; indirettamente, attraverso il finanziamento aziendale, cioè supportando economicamente una compagnia di combustibili fossili, che può utilizzare questi soldi per qualsiasi dei suoi progetti;
- Le aziende: ogni bomba al carbonio è gestita e/o posseduta da una o più compagnie di combustibili fossili. Queste compagnie gestiscono l’esplorazione e l’estrazione di risorse di petrolio, gas e/o carbone;
- Gli investitori: questi soggetti forniscono il capitale necessario per finanziare le attività di esplorazione, perforazione e produzione. Possono investire direttamente nelle compagnie di combustibili fossili o attraverso fondi comuni, fondi negoziati in Borsa (ETF) o altri veicoli di investimento. Il 50% degli investimenti istituzionali totali (ovvero delle società di investimento) nelle compagnie di combustibili fossili è detenuto da solo 23 investitori, di cui 18 con sede negli Stati Uniti (secondo i dati forniti da Investing in Climate Chaos nel 2023).