La Ragioneria generale dello Stato ha chiesto che il provvedimento sia abbandonato. Un incontro tra i due ministri per trovare le risorse necessarie parrebbe aver sbloccato la situazione
Per il disegno di legge 1131 sulla rigenerazione urbana, marzo è stato un po’ una doccia scozzese. A inizio mese il gelo del parere negativo della Ragioneria generale dello Stato piovuto in Commissione Bilancio: “Contrario all’ulteriore corso del provvedimento”. Dopo questa bocciatura, un incontro tra i ministri dell’Economia e delle Infrastrutture dovrebbe consentire al ddl che “individua nella rigenerazione urbana lo strumento fondamentale di trasformazione, sviluppo e governo del territorio senza consumo di suolo” di proseguire il suo iter.
Cosa prevede il ddl sulla rigenerazione urbana
Quello sonoramente bocciato dalla Ragioneria e in discussione nella Commissione Ambiente del Senato è il testo unificato per i disegni di legge 1131, 985, 970, 1302, 1943 e 1981, “recante Misure per la rigenerazione urbana”. Tra gli obiettivi “favorire il riuso edilizio di aree già urbanizzate e di aree produttive e dei complessi edilizi e di edifici pubblici o privati, in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati o in via di dismissione o da rilocalizzare, incentivandone la riqualificazione fisico-funzionale, la sostenibilità ambientale, la sostituzione e il miglioramento del decoro urbano e architettonico complessivo”. Il ddl prevede l’adozione di un Programma nazionale per la rigenerazione urbana; l’istituzione di un fondo nazionale di 500 milioni di euro annui fino all’anno 2040; l’istituzione di una cabina di regia nazionale per raggiungere gli obiettivi del Programma e coordinare e incentivare il corretto utilizzo dei fondi pubblici. Stabilisce che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano pubblichino bandi per la rigenerazione urbana; che gli enti locali, per poter partecipare ai bandi, predispongano dei piani comunali. Il testo unificato all’esame della Commissione ambiente stabilisce la nascita di una banca dati del riuso per l’individuazione delle aree oggetto di rigenerazione urbana, e fissa alcuni incentivi fiscali per gli interventi su immobili (tra gli altri, esenzione di IMU e TARI; riduzione delle somme per l’occupazione di suolo pubblico; benefici fiscali per ristrutturazioni). Alla gran parte dei maggiori oneri o minori introiti prodotti dalla legge, “si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione” finanziaria. Il ddl fissa inoltre misure di tutela dei beni culturali e dei centri storici e forme di partecipazione diretta dei cittadini nella definizione degli obiettivi dei piani di rigenerazione urbana.
La Ragioneria dello Stato, le proteste, l’azione dei ministri
In Commissione Bilancio è arrivato a inizio marzo il parere della Ragioneria generale dello Stato. Parere in cui si evidenzia che “il testo del ddl prevede, nell’ambito dei processi di rigenerazione urbana, molteplici interventi, diverse norme onerose o suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ovvero minori entrate, nella maggior parte dei casi non quantificate”. Motivo per cui la Ragioneria è contraria all’ulteriore corso del provvedimento. Una scelta che ha scatenato le proteste dei costruttori: “Il testo all’esame in Senato è il frutto di un lavoro lungo tre anni e che ha visto coinvolte le forze politiche, imprenditoriali e associazionistiche del Paese – ha affermato il presidente dell’Ance, Gabriele Buia – e rappresenta un punto di equilibrio tra numerose posizioni inizialmente anche molto distanti. Un risultato, raggiunto grazie al lavoro del Ministro Giovannini, che mira a favorire interventi sul tessuto delle città per evitare degrado e abbandono e favorire uno sviluppo sostenibile delle aree urbane”. Conclude Buia: “È inconcepibile che il prezioso lavoro venga buttato all’aria in un colpo solo per ragioni che potrebbero essere risolte con un proficuo dialogo interistituzionale”. Ma non tutto sarebbe perduto. Stando a quanto riportava a metà mese il Sole24ore, a superare l’impasse sarebbe arrivato un incontro diretto tra i ministri dell’Economia Daniele Franco e delle Infrastrutture Enrico Giovannini per capire come racimolare i fondi necessari e consentire che il disegno di legge prosegua il suo iter.