I cambiamenti climatici non aspettano, e sono sempre più veloci. Il tempo a disposizione del nostro pianeta, e quindi di noi che vi abitiamo, è sempre meno. Ogni anno è più caldo del precedente e tutti passano alla storia come i periodi più caldi mai registrati, tanto che, in tempi recenti, ci abbiamo fatto l’abitudine. La convenzione del tempo accompagna quotidianamente le nostre vite e ci viene naturale misurarlo attraverso un orologio. Data la familiarità che abbiamo con lo strumento, è stato creato ad hoc il cosiddetto orologio della Terra. Ne esistono diversi nel mondo e uno si trova a Roma. Essi ci indicano quanto tempo ci resti, di fatto, per salvare il pianeta e la vita su di esso.
Può interessarti anche: “Marine cloud brightening: geoingegneria al servizio degli oceani“
Climate clock, l’orologio della Terra
Il Climate Change Performance Index è la graduatoria che indica come la società umana stia andando, in maniera inesorabile e neppure troppo lenta, nella direzione sbagliata. L’indice analizza il comportamento dell’Unione Europea e di altri 63 Paesi nei loro sforzi contro il cambiamento climatico. Secondo questa classifica, l’Italia è al trentesimo posto. Potrebbe sembrare un piazzamento accettabile. Non si tratta però di una gara tra un Paese e gli altri, bensì di un indice che riporta quanto poco si stia facendo, dal momento che anche chi è in testa compie sforzi insufficienti per invertire la tendenza distruttiva.
L’orologio della Terra vuole essere uno strumento concreto per tradurre in numeri (anni, mesi, settimane, giorni, ore, minuti, secondi e così via…) l’astrazione di cui solitamente si serve la comunità scientifica per comunicarci che il tempo per cambiare è sempre minore. Senza provvedimenti seri e considerevolmente più ambiziosi di quelli che vediamo oggi, gli impatti fisici, geologici e socioeconomici del global warming saranno sempre più evidenti. Continuando a farci scivolare la situazione addosso ci ritroveremo ad avere a che fare con qualcosa di catastrofico.
Leggere l’orologio della Terra
L’orologio della Terra, che può essere chiamato anche climate clock oppure orologio climatico, mostra la velocità con la quale il pianeta si sta avvicinando alla soglia limite di un grado e mezzo di riscaldamento rispetto ai valori preindustriali. Non è un valore a caso, bensì il limite fissato dalla comunità scientifica per evitare che si inneschi un surriscaldamento globale irreversibile, destinato a condurre il pianeta verso la sua rovina. Questa soglia è stata resa pubblica nel 2015, durante la conferenza climatica di Parigi. In quella occasione, i governi si impegnarono, firmando un documento, a fare tutto il possibile per non superare mai quel dato valore. Alle parole, però, non sono seguiti i fatti.
L’orologio stabilisce la sua ora zero, ovvero quella che ufficializzerà il superamento della soglia del grado e mezzo – eventualità che a questi ritmi è inevitabile – stabilendosi sui dati relativi alle emissioni globali. Ogni climate clock è infatti connesso a una centralina che legge i dati relativi all’inquinamento in giro per il mondo e li pone su una linea temporale. Maggiore sarà la quantità di emissioni prodotte sul pianeta, più rapidamente si accorcerà tale linea. Ogni quadrante, dunque, converte le emissioni in tempo. Per questo motivo, l’orologio della Terra è anche soprannominato CO2 clock, dal momento che considera la quantità di anidride carbonica emessa fino a oggi.
La soglia di 1,5 gradi non è un valore soltanto convenzionale. Essa è infatti rilevante per la maggior parte degli effetti sul clima. Ogni volta che la temperatura globale aumenta, fanno lo stesso anche i fenomeni atmosferici estremi. Quanto più l’ambiente si scalderà, tanto più avremo a che fare con interminabili ondate di calore e precipitazioni incontrollate. Al raggiungimento di un aumento pari a 2 gradi tutti i coralli marini, affidabili indicatori climatici, finirebbero per estinguersi.
I più noti orologi climatici
Tra i più celebri climate clocks ricordiamo quello situato a New York, il Metronome di Union Square. È stato inaugurato nel 2020, il 19 settembre. Nel momento in cui è stato acceso, segnava 7 anni e 102 giorni all’ora zero. Nel 2021, in occasione dell’Earth Day, è stato aggiunto un indicatore per segnalare la percentuale di energia proveniente da fonti rinnovabili a livello globale.
Un altro orologio della Terra particolarmente celebre è quello posto sul gasometro di Berlino. Per quanto riguarda l’Asia si fa affidamento su quello posto a Seul sul tetto dell’Herald Corp, posizionato nel maggio 2021. Circa un mese dopo, anche l’Italia si è dotata del proprio quadrante e lo ha collocato sulla facciata del Ministero della transizione Ecologica, sito in via Cristoforo Colombo a Roma.
Quanto tempo ci resta?
Gli orologi del clima non ci danno molto tempo. Non tutti sono sincronizzati e qualcuno è leggermente più ottimista. In media, però, siamo intorno a 5 anni dallo scoccare dell’ora zero. Per scongiurare questa possibilità, occorre agire su due fronti.
Da un lato, naturalmente, i potenti dell’economia e della politica devono indirizzare il pianeta verso una transizione ordinata e regolare delle attività produttive, portandoci a impattare meno. Dall’altro, è necessario che anche noi privati cittadini facciamo tutto quanto sia in nostro potere. Tanti semplici accorgimenti quotidiani possono aiutarci a raggiungere l’obiettivo. Limitiamo i consumi di gas e riscaldamento, pratichiamo la raccolta differenziata con convinzione e in maniera corretta e non abusiamo di automobili e mezzi di trasporto inquinanti. La vittoria nella battaglia per il clima passa anche dalle piccole cose.
Può interessarti anche: “Inquinamento termico: come funziona e quali sono gli impatti?“