Sulla tossicità del verderame, un fungicida ampiamente utilizzato in agricoltura, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) si è espressa in maniera netta. Il prodotto è tossico. Il fungicida rameico, noto anche con il suo altro nome di ramato, è un noto anticrittogamico. Si compone di idrossido, ossicloruro e gluconato, tutti a base di rame. Tale materiale viene utilizzato in agricoltura da tempo immemore, per via del suo potenziale antibatterico. Ciononostante, data la sua tossicità, è consigliabile sostituirlo con alternative più sostenibili, che descriveremo nelle prossime righe.
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Che cos’è il verderame?
Il verderame si presenta, all’occhio, sotto forma di cristalli, o polvere, dotati di un colore blu intenso. Ciò si deve alla presenza, tra i materiali che lo compongono, del vetriolo azzurro, una combinazione di solfato rameico e idrossido di calcio. Prima di poterlo utilizzare, il prodotto deve essere miscelato con acqua.
Questo potente fungicida agisce direttamente sul processo di respirazione cellulare dei funghi, nonché sulla struttura della loro membrana cellulare. Va a interferire con la loro proliferazione e contribuisce dunque, in questo modo, alla loro estinzione. Tra le patologie che possono essere trattate con il verderame troviamo molte di quelle più pericolose per i vegetali da tavola: l’antracnosi, la cladosporiosi, la septoriosi, la botrite, la peronospora, la fumaggine, i cancri rameali, la ticchiolatura, l’occhio di pavone e la gommosi.
Prima di spargere il fungicida, è necessario leggere con attenzione l’etichetta. Su di essa sono riportate tutte le indicazioni per dosare adeguatamente il verderame e, naturalmente, le istruzioni di utilizzo. le quantità da diluire in acqua non restano sempre le stesse, ma variano a seconda della tipologia di pianta. Generalmente, però, sono sempre piuttosto ridotte. Il prodotto può essere sparso su ogni pianta, senza alcuna esclusione. È bene però impiegarlo all’esterno, onde evitare macchie che sarebbero molto difficili da rimuovere su pareti e pavimenti.
La tossicità del verderame
Il potenziale impatto ambientale del fungicida è molto alto. Com’è risaputo, il rame è un metallo pesante, che tende a penetrare e accumularsi nel terreno. Se quest’ultimo ha una composizione acida, la sua penetrazione è velocissima. Questo sversamento causa un’elevata mortalità della microfauna presente nel sottosuolo. La presenza di questi organismi è importante per l’equilibrio del terreno. In loro assenza, esso si impoverisce e si riduce la portata del processo di umificazione.
Data questa circostanza, occorre utilizzare il prodotto con estrema parsimonia e solo ove strettamente necessario. Nella stagione primaverile, gli alberi a foglia già distesa non possono subire trattamenti a base rameica. Questi ultimi restano altamente sconsigliati con le alte temperature poiché il caldo può originare una reazione fitotossica, soffocando il fogliame e, in casi estremi, la pianta nella sua interezza. Questa è una prima evidenza della tossicità del verderame ma non si tratta certo dell’unica. Il fungicida, infatti, non mette a rischio soltanto la vegetazione.
Il solfato di rame di cui il pesticida si compone è pericoloso anche per il suolo e le fonti d’acqua circostanti. A detta dell’EFSA, esseri umani e animali farebbero bene a non inalare mai i vapori del verderame poiché il composto chimico è potenzialmente dannoso per il sistema respiratorio.
Al bando la tossicità del verderame: vediamo le alternative più sostenibili
In un clima come quello attuale, con le proteste degli agricoltori che mettono a soqquadro l’Europa, Bruxelles non sta dando seguito alla sua idea, tenuta tutt’altro che nascosta, di porre un limite all’impiego della sostanza. L’Unione Europea, già da qualche anno, cerca di limitare, se non proprio bandire, l’utilizzo del verderame. Nel 2019 ne era stato consentito l’utilizzo per altri 5 anni, ovvero fino a questo 2024 che stiamo vivendo. Si attende dunque una decisione in questi mesi ma, data la situazione, non ci sarebbe da stupirsi se si evitasse di normare restrizioni in un periodo caratterizzato da quella che potremmo definire come una vera e propria rivolta nel settore.
A prescindere dai limiti normativi e dalle decisioni che saranno prese nelle stanze dei bottoni, resta consigliabile cercare alternative al rame per il bene delle nostre coltivazioni. Ciò si deve tanto a motivi agronomici (i batteri si evolvono e potrebbero sviluppare difese contro il verderame) quanto a ragioni ecologiche (sovrabbondare con il rame può avvelenare il suolo). Per fortuna, esistono valide alternative a questo prodotto.
Prevenire e difendere
Per rafforzare la pianta si può fare uso di biostimolanti ad azione corroborante, come propoli, lecitina di soia o macerato di equiseto. Questi prodotti si impiegano per dare impulsi positivi alla pianta e renderla maggiormente resistente alle patologie. Non fanno comunque miracoli. Un corroborante non assicura piante sane, diminuisce però la probabilità di avere problemi, e non presenta alcuna controindicazione.
Per massimizzare l’azione dei biostimolanti elencati possiamo affiancarli ad altri prodotti indicati per l’agricoltura, che non contaminano i suoli: il polisolfuro di calcio e il bicarbonato di potassio, ad esempio, due soluzioni naturali contro le malattie fungine. È poi possibile lottare contro i patogeni piantando funghi antagonisti, in grado di contrastare le spore maligne. il Thricoderma harzianum e l’Ampelomyces quisqualis sono alleati delle nostre coltivazioni.
Non trascuriamo, infine, le possibilità che ci vengono offerte dalla prevenzione. I cosiddetti trattamenti elicitori simulano la presenza del patogeno e sollecitano la pianta a innalzare le proprie difese naturali. Di fatto, si comportano seguendo lo stesso principio dei vaccini per gli organismi animali.
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