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Tessuti riciclati: quali sono i più diffusi?

Tessuti riciclati: una stoffa blu di riuso
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Quando parliamo di tessuti riciclati ci riferiamo alle fibre che possiamo ricavare da prodotti destinati allo scarto. Queste vengono individuate in indumenti o oggetti destinati alla discarica, raccolte e rifilate per potersi nuovamente trasformare in abiti o accessori. Esistono svariati tipi di tessuti riciclati, realizzati in modi anche profondamente differenti tra loro. Ciò si deve alla tipologia del materiale che sarà riutilizzato e alla destinazione d’uso finale del prodotto.

Due categorie di tessuti riciclati

Nonostante, come si è scritto, sia possibile individuare numerose tipologie di tessuti riciclati, generalmente essi sono suddivisibili in due macrocategorie:

  • quelli realizzati a partire da altre fibre tessili o con indumenti di seconda mano;
  • quelli ricavati dal trattamento di altri materiali, che hanno ben poco a che vedere con il tessile, come bottiglie di plastica o rifiuti alimentari.

I tessuti di riuso più diffusi e utilizzati nella moda sono il cotone riciclato; la lana e il cashmere rigenerati; la viscosa di seconda mano; le fibre plastiche di riciclo come polietilene e poliestere rPET. Quest’ultimo, sempre più diffuso grazie all’opera accorta di leader del settore come Adidas, assume molte forme e nomi differenti. In commercio lo si può trovare con denominazioni come Econyl, NewLife, Renew o numerose altre. Di fatto, stiamo sempre parlando di rPET ma nei negozi e presso gli store online tale nome non riscuote successo.

Occorre anche considerare che non è così facile reperire prodotti riciclati in commercio. I fornitori sono pochi e il giro d’affari è decisamente più limitato rispetto a quello del nuovo. Il mercato si allarga se si aggiungono ai prodotti riciclati anche quelli ottenuti dalla trasformazione di materiali a basso impatto ambientale, ma resta ancora una nicchia se paragonato a quello su cui si immettono indumenti derivati da fibre vergini.

Come si riciclano i tessuti?

Il processo di riciclo dei tessuti è piuttosto complesso. Principalmente se pensiamo a quelli ottenuti da vestiti già indossati. A causa delle operazione di distruzione e ricomposizione necessarie, i tessuti riciclati hanno costi di produzione anche considerevolmente maggiori rispetto a quelli nuovi. Apparirà come una contraddizione, ma è la triste realtà odierna. Le attuali tecnologie di riciclo non sono all’avanguardia come potremmo attenderci. In aggiunta, il cosiddetto eco-design dei prodotti è ancora molto più un’utopia di una prossima realtà.

Uno dei problemi più gravosi da affrontare è dovuto alle miscele di tessuto. Quando abbiamo a che fare con capi composti al 60% di cotone e al 40% di poliestere, ci troviamo di fronte a un prodotto molto difficile da trattare. Il discorso sarebbe differente nel caso di un tessuto composto al 100% da un unico materiale, o anche da più di uno, purché tutti naturali o tutti sintetici. È questo il motivo per cui gran parte degli indumenti, o prodotti tessili, composti da miscele di tessuti finisce direttamente in discarica. È molto più conveniente, e meno dispendioso in termini di tempo, spedire tutto in inceneritore. Lo spreco di risorse dovuto a questa decisione è naturalmente enorme.

Tessuti riciclati colorati
È molto difficile trattare tessuti misti naturali/sintetici per il riciclo

Per il futuro c’è ottimismo, in quanto sono allo studio nuove tecnologie e sarà presto possibile riciclare gran parte dei materiali presenti oggi in commercio con costi accessibili, anche nel caso di doppia composizione. I filatoi capaci di riuscirci però sono oggi prettamente sperimentali e contano su macchinari che hanno un costo ingente, specialmente dal momento che non possiamo alimentarli integralmente con le rinnovabili, poiché altamente energivori.

Moda, inquinamento e tessuti riciclati

Non è un segreto che l’industria della moda sia tra le più inquinanti al mondo. Le va però riconosciuto il merito di avere preso atto del problema e aver cominciato ad attivarsi. Naturalmente, siamo ancora molto lontani da un risultato che possa definirsi accettabile, ma se paragoniamo questo settore a quello dei trasporti, ad esempio, notiamo come siano diversi i marchi che si stanno impegnando a dare avvio a una produzione più sostenibile. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che sia i consumatori, sia gli stessi brand, si sono resi conto dell’impatto devastante dell’indotto del fashion e desiderano porvi rimedio.

I consumatori chiedono a gran voce prodotti più sostenibili, e lo dimostrano con i loro acquisti. I marchi, pur di accontentarli – e vendere – si stanno orientando verso collezioni a basso impatto ambientale.

Allo stato attuale, comunque, acquistare tessuti riciclati e vestiti usati o non comprare affatto sembrerebbero le uniche scelte totalmente green. C’è qualcos’altro che si può fare per acquistare moda, senza contribuire all’inquinamento ambientale? Restare indifferenti è sicuramente un errore. Meglio spendere meno, scegliendo prodotti realizzati con materiali ecologici. Questo sarebbe già un buon inizio. Rifuggiamo le tentazioni del fast fashion e acquisiamo consapevolezza del collegamento tra moda e inquinamento. Ciò ci aiuterà molto nella scelta dei prodotti da acquistare.

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Mattia Mezzetti

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