L’associazione delle imprese che si occupano del verde pubblico non risparmia critiche alla Pubblica amministrazione, dai Comuni al Governo, che non spende per il verde pubblico e non fa la necessaria programmazione. A colloquio con Alberto Patruno, direttore generale Assoimpredia.
Sempre più spesso sentiamo parlare di Nature Based Solutions: interventi che si servono della natura per risolvere i problemi creati dall’uomo, dal global warming all’inquinamento. L’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) le ha definite “azioni per proteggere, gestire o ristrutturare gli ecosistemi in modo sostenibile, che forniscono vantaggi per il benessere umano e per la biodiversità”. E, almeno a parole, sembrano essere diventate le soluzioni più gettonate per accrescere la resilienza dei territori e le politiche di sostenibilità. Abbiamo chiesto un’opinione in proposito ad Alberto Patruno, direttore generale dell’Associazione nazionale imprese di difesa e tutela ambientale (Assoimpredia), che raccoglie le aziende che valgono l’80% dei lavori pubblici nel settore della manutenzione e realizzazione del verde urbano ed extraurbano.
Dott. Patruno, qual è l’atteggiamento in Italia verso le soluzioni naturali in risposta alle crisi ambientali?
“Quando si tratta di stanziare risorse, per il Governo, le Regioni e i Comuni il verde pubblico e il governo del territorio sono l’ultima delle priorità. La manutenzione o l’incremento del verde nelle città e nelle aree periurbane è l’ultimo pensiero della Pubblica Amministrazione. Negli ultimi decenni il cambiamento climatico ha accentuato alcune criticità, come le isole di calore, l’inquinamento atmosferico, la mancanza di sicurezza. Spesso, quando nelle città cadono gli alberi è perché non vengono stanziate le risorse necessarie e non si fanno gli appalti corretti per la manutenzione. Le isole di calore si combattono potenziando, migliorando e sostituendo le essenze arboree nelle città. Uno studio del Cnr di Bologna ha dimostrato che cambiando alcune essenze nelle grandi città, come Napoli o Milano, vengono assorbite più polveri sottili e si possono così ridurre l’inquinamento e le malattie respiratorie. Eppure, il verde resta sempre in fondo alla lista”.
Sono numerosi i progetti per piantumare nuovi alberi – pensiamo agli oltre 300 milioni di euro del PNRR per le città metropolitane – e rigenerare i centri urbani anche attraverso il verde pubblico. Ma in Italia abbiamo le capacità per produrre tutte queste piante?
“Purtroppo no. Perché è mancata una programmazione a tutti i livelli. Ci sono stati molti annunci ma pochi tavoli operativi con chi deve produrre le piante e chi le deve mettere a dimora. Già prima del PNRR abbiamo sollevato questo problema; non aver chiesto ai vivaisti quanti alberi dobbiamo produrre da qui al 2030 e al 2050 per fare la riforestazione delle aree urbane ed extraurbane significa essere miopi e mancare di programmazione. E dire che tra Mantova e Cremona c’è una grande produzione di alberi ad alto fusto, la seconda in Europa per esportazione. La cosa non si risolve se non confrontandoci: perché non parliamo di un prodotto industriale, non si può aumentare la produzione dal giorno alla notte, gli alberi devono crescere, avere specifiche caratteristiche, dimensioni, chioma per essere compatibili con le previsioni sia della Comunità europea che del PNRR”.
Per produrre questi alberi, per farli crescere e poi metterli a dimora servono professionisti e competenze. In Italia ci sono?
“Purtroppo c’è ancora molta carenza di professionalità e competenze. E questo vale sia per il pubblico che per il privato. Il verde e la sua manutenzione, lo ribadisco, sono sempre all’ultimo posto tra le priorità. Come Assoimpredia ci scontriamo quotidianamente con la difficoltà di trovare persone competenti. Pensi che il Comune di Napoli, fino a qualche anno fa, aveva un solo agronomo. Al Comune di Roma erano quasi tutti andati in pensione. In città come Napoli, Roma e Milano solo di recente le figure degli agronomi sono state finalmente rafforzate. Assoimpredia rappresenta imprese che lavorano principalmente con gli appalti pubblici e questo deficit lo percepiamo quotidianamente. Anche quando le risorse ci sono, non si riesce a spenderle bene. La Spagna ha già speso tutti i fondi del PNRR, noi no: è emblematico, non crede? E non parliamo delle Germania e dalla Francia che hanno sempre avuto una marcia in più: assistiamo quotidianamente a fondi europei, o fondi per la coesione, fondi del PNRR che vengono inviati indietro perché chi deve gestire le procedure di gara non è in grado di farlo. E tutto va a discapito dei cittadini, dei territori, della sicurezza. E poi le professionalità che ci sono vanno formate, altrimenti i famosi Criteri ambientali minimi sul verde urbano resteranno solo una sigla e non qualcosa da applicare per garantire la qualità degli interventi”.