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Estate 2023 all’insegna di El Niño

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Cambiamento climatico e ritorno del fenomeno oceanico del Niño sta provocando temperature record e l’aumento di fenomeni meteorologici estremi. Con conseguenze che possono incidere sulla sicurezza alimentare, l’approvvigionamento idrico e la salute pubblica.

El Niño deve il suo nome ai pescatori peruviani, che spesso, in passato, hanno subito le conseguenze devastanti del riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico. Il Perù aveva avviato nel 1953 la pesca delle acciughe al largo delle sue coste con notevole successo; la flottiglia di pescherecci era aumentata rapidamente e il pescato venduto in tutto il mondo, come alimento o come farina di pesce utilizzata per il mangime del bestiame: tra il 1965 e il 1971 le acciughe peruviane costituivano circa il 20% della pesca commerciale mondiale. Ma l’anno successivo le catture diminuirono notevolmente e il Perú perse un’importante fonte di reddito e di lavoro, precipitando in una crisi di grande dimensione, senza riuscire più a ritornare ai livelli di pesca degli anni ’60. Cosa era accaduto alle acciughe peruviane? Non è facile spiegarlo. Le coste del Perù, come quelle del Cile, sono estremamente pescose per una corrente costiera fredda, la corrente di Humboldt, che proviene dall’Oceano Antartico e scorre da Sud a Nord, determinando importanti fenomeni di risalita di nutrienti, dal fondo verso la superficie del mare (hupwelling). Questo fenomeno innesca una catena alimentare rigogliosa, con stock di pesci molto abbondanti. Ad un certo punto però si è verificato questo drastico impoverimento della popolazione ittica. Lo sfruttamento eccessivo dell’acciuga attraverso la pesca commerciale è stato un elemento determinante, ma da solo insufficiente a spiegare il cambiamento.

El Niño e la Niña

All’impatto negativo della pesca sugli stock ittici, si sono aggiunti gli effetti negativi di un fenomeno climatico chiamato Niño, che stava diventando sempre più frequente in seguito al riscaldamento del pianeta. Il Niño si manifesta periodicamente lungo le coste di Ecuador e Perù, quando le acque marine superano di circa 2°C il valore considerato normale, con il quale i forti Alisei che soffiano da sud-est spingono l’acqua calda in superficie lungo l’equatore, allontanandola dalle coste sudamericane. In queste condizioni il termoclino, il confine cioè tra l’acqua calda e quella fredda ricca di nutrienti, è localizzato intorno a 40 metri sotto la superficie, e questo favorisce la catena alimentare determinando una grande abbondanza degli stock. Ogni 2 – 10 anni circa, l’usuale circolazione di venti e correnti nella zona dell’Oceano Pacifico equatoriale subisce un importante cambiamento; il Niño provoca un indebolimento dei venti Alisei, per cui le acque calde si spostano verso le coste sudamericane. Il termoclino si abbassa a circa 150 metri di profondità bloccando la risalita dei nutrienti e determinando un impoverimento degli stock ittici, come nel caso delle acciughe peruviane. In queste condizioni aumenta l’evaporazione dell’acqua marina, le piogge e i temporali anche di forte intensità, con conseguenze talvolta drammatiche.

In origine si parlava del Niño solo per la corrente oceanica calda che si ripeteva ad intervalli irregolari, mentre, se ci si riferiva all’intero fenomeno caratterizzato dall’inversione della circolazione atmosferica e oceanica, si usava il termine ENSO (El Niňo Southern Oscillation). Il Niño  è un fenomeno ciclico che si alterna con periodi normali e, talvolta, con periodi più freddi, ai quali è stato dato il nome di Niña. Dal punto di vista climatico quindi la Niña è un fenomeno opposto al Niño, ed è caratterizzata da un aumento degli Alisei, che spingono le acque calde superficiali verso l’Asia, dove aumenteranno le precipitazioni. Lungo le coste di Perù e Cile il termoclino sale ulteriormente verso la superficie e le acque fredde risalgono portando i nutrienti che arricchiscono la catena alimentare; diminuisce l’evaporazione dell’acqua marina, si riducono le piogge e aumenta la siccità.

Le conseguenze del Niño

Christopher Callahan, dell’Università di Dartmouth nel New Hampshire, in uno studio pubblicato da Science, scrive che “tra il 1997 e il 1998 El Niño ha causato mutamenti climatici che hanno successivamente fatto perdere all’economia globale qualcosa come 5.700 miliardi di dollari, mentre le conseguenze del fenomeno registrato tra il 1982 e il 1983 hanno comportato, negli anni, una perdita di 4.100 miliardi di dollari”. Una valutazione dello stato in tempo reale di ENSO è quindi importante per programmare e sviluppare azioni politiche per l’approvvigionamento idrico, la sicurezza alimentare, la salute e la sicurezza pubblica. A tale scopo è nato il Multivariate ENSO Index (MEI) che combina variabili oceaniche e atmosferiche, facilitando in un unico indice una valutazione di ENSO: fornisce indicazioni in tempo reale dell’intensità ENSO e, attraverso l’analisi storica, il contesto per uno studio comparativo delle condizioni in evoluzione. Il MEI è costituito dalla serie temporale combinata di cinque diverse variabili:

  • pressione a livello del mare,
  • temperatura superficiale del mare,
  • venti zonali superficiali,
  • venti meridionali superficiali,
  • onde lunghe in uscita.

Temperature record nel 2023 a causa di cambiamento climatico e ritorno del Niño

L’ultimo intenso episodio del Niño si è verificato nel 2016, anno considerato fino ad oggi il più caldo di sempre e ha contribuito non solo al raggiungimento di nuovi record di temperatura, ma anche all’innesco di fenomeni climatici estremi. Durante il mese di ottobre 2015 le temperature superficiali del mare nella parte orientale del Pacifico tropicale sono state superiori di 1,5°C rispetto alla media, innescando il Niño più marcato degli ultimi decenni. Dopo 8 anni, di cui gli ultimi 3 caratterizzati da un prolungato fenomeno della Niña, il 2023 si sta rivelando un anno di forte Niño. Secondo l’osservatorio europeo Copernicus, giugno 2023 è stato il giugno più caldo di sempre, con una temperatura media globale di 16,51°C, cioè 0,53°C sopra la media dei tre decenni precedenti. L’effetto combinato del cambiamento climatico e del ritorno del fenomeno El Niño sta spingendo le temperature degli oceani e delle terre emerse a livelli di circa 1,5°C superiori alla media, analogamente a quanto si è verificato nel 2015.

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