Lo scioglimento dei ghiacciai interessa tutto il Pianeta e avanza con velocità impressionante. Di questo passo tra 50 – 100 anni la maggior parte dei ghiacciai saranno scomparsi. L’unica soluzione per fermarlo è arrestare il riscaldamento globale.
Il 2022 è stato l’anno peggiore mai osservato per i ghiacciai alpini. L’allarme arriva da più parti. Dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Valle d’Aosta e dal bilancio delle sue attività di monitoraggio sui ghiacciai di Timorion e del Rutor, per esempio. Dall’ufficio idrologia e dighe e dalla Protezione civile dell’Alto Adige, che denunciano perdite di volume record dei ghiacciai altoatesini. Dal gruppo di ricercatori del progetto ClimADA, che per un anno hanno studiato l’Adamello, il ghiacciaio più profondo d’Italia, tra Lombardia e Trentino. Dal report della Carovana dei Ghiacciai 2022 di Legambiente e del Comitato glaciologico italiano. Dal professore olandese Johannes Oerlemans, tra i ricercatori sul clima più influenti al mondo secondo l’agenzia di stampa Reuters, cofondatore, in Svizzera, dell’associazione GlaciersAlive, tra i cui progetti c’è la salvaguardia del ghiacciaio del Morteratsch nei Grigioni.
La fusione dei ghiacciai interessa tutto il Pianeta
Non sono solo le Alpi a soffrire: si sciolgono i ghiacciai di tutto il pianeta, a una rapidità preoccupante. Proprio questa velocità preoccupa gli scienziati. I risultati di una ricerca sulla fusione dei ghiacciai della Groenlandia, pubblicata sulla rivista scientifica Nature, indicano che i modelli esistenti hanno notevolmente sottovalutato la quantità di ghiaccio che si è persa trasformandosi in acqua durante questo secolo. Inoltre, uno studio dell’Università di Cambridge e della società di ingegneria austriaca Enveo, pubblicato sulla rivista The Cryosphere, ha esaminato i movimenti stagionali nel flusso di ghiaccio terrestre che defluisce nella piattaforma di ghiaccio George VI, in Antartide. Grazie alle immagini raccolte dai satelliti della missione Sentinel-1 del progetto Copernicus dell’Agenzia spaziale europea, si è osservato che i ghiacciai che alimentano la piattaforma di ghiaccio accelerano di circa il 15% durante l’estate antartica. Un’accelerazione non insolita nelle regioni artiche e alpine durante l’estate, ma il ghiaccio in Antartide, dove le temperature restano sotto lo zero per la maggior parte dell’anno, non era soggetto agli stessi movimenti stagionali. L’andamento in corso non lascia presagire niente di buono per il futuro.
La riduzione dei ghiacciai in Val d’Aosta
Sulle montagne della Valle d’Aosta, oltre alla riduzione della massa glaciale e all’arretramento delle fronti prosegue la frammentazione degli apparati glaciali e l’emersione di isole rocciose, più o meno ampie, che aggraveranno ulteriormente le dinamiche di fusione future. Le condizioni meteo-climatiche dell’anno, caratterizzato da un inverno particolarmente avaro di precipitazioni e da un periodo di ablazione (perdita di massa di ghiaccio) estremamente prolungato e intenso, hanno avuto un impatto rilevante e, a fine estate, i ghiacciai erano in uno stato di grande sofferenza. Così come sul resto della catena alpina. Sul ghiacciaio di Timorion (Valsavarenche) le rilevazioni hanno riscontrato valori fra i più bassi in 22 anni di misurazioni: gli accumuli dell’inverno passato sono circa la metà della media dell’ultimo periodo. La stima dell’ablazione, realizzata attraverso il confronto della superficie del ghiacciaio a fine stagione negli anni 2021 e 2022, rappresenta la situazione più gravosa registrata in tutta la serie storica di misura e testimonia il grave stato di sofferenza dei ghiacciai posti alle quote intermedie e privi di bacini di accumulo in grado di raccogliere masse nevose che solo in alto riescono a sopravvivere, almeno parzialmente, alle torride estati verificatesi ultimamente. Il ghiacciaio del Rutor (vallone di La Thuile), considerata la posizione di confine e la prossimità alla Francia, ha beneficiato maggiormente degli apporti delle perturbazioni atlantiche; gli accumuli misurati risultano dunque maggiori rispetto a quelli dei settori più interni della Valle d’Aosta.
La riduzione dei ghiacciai sulle Alpi occidentali
Secondo la Carovana dei Ghiacciai 2022, dossier realizzato da Legambiente e Comitato glaciologico italiano, i ghiacciai delle Alpi Occidentali hanno fatto registrare un arretramento frontale medio di circa 40 metri annui. Emblematico il caso del Ghiacciaio del Lupo (Val d’Arigna, Alpi Orobie) che, solo nel 2022, si è ridotto del 60% rispetto a quanto perso nell’arco di 12 anni. Del grande Ghiacciaio del Careser (Val di Pejo, Provincia di Trento) rimangono placche di pochissimi ettari: la sua superficie si è ridotta dell’86%. E il Ghiacciaio della Marmolada tra quindici anni potrebbe scomparire del tutto, dopo che nell’ultimo secolo ha perso più del 70% in superficie e oltre il 90% in volume. L’unica eccezione è il Ghiacciaio Occidentale del Montasio (Alpi Giulie), “piccolo ma resistente che, pur avendo subito in un secolo una perdita di volume del 75% circa e una riduzione di spessore pari a 40 metri, dal 2005 risulta stabilizzato, in controtendenza rispetto agli altri ghiacciai alpini”.
Scioglimento dei ghiacciai: l’unica soluzione per fermarlo è arrestare il riscaldamento globale
Il progetto “ClimADA”, guidato da Fondazione Lombardia per l’Ambiente e sostenuto da Fondazione Cariplo con l’obiettivo di ricostruire l’evoluzione climatica degli ultimi secoli e l’impatto antropico nell’area di alta montagna alpina, integra le informazioni ricavate da una sonda a fibra ottica con quelle provenienti da sensori convenzionali per studiare il comportamento del ghiacciaio dell’Adamello. Al termine del primo anno di lavori emerge che l’impatto del riscaldamento globale sta via via distruggendo l’esistenza di realtà geologiche millenarie; il ghiacciaio dell’Adamello è a rischio sparizione entro i prossimi 80 anni. Il climatologo olandese Johannes Oerlemans, tra i vincitori del Premio internazionale Balzan 2022 per il suo lavoro su ghiacciai e calotte polari, lavora insieme al glaciologo svizzero Felix Keller alla protezione del ghiacciaio del Morteratsch. Utilizzano neve artificiale, prodotta con l’acqua di scioglimento. Un sistema che potrebbe rallentare lo scioglimento del ghiacciaio svizzero, ma che di certo non salverà i ghiacciai del mondo. “Con l’aumento delle temperature – dice Oerlemans in un’intervista su SWI swissinfo – la quantità di acqua di scioglimento continuerà ad aumentare per i prossimi 10-20 anni. Poi inizierà a ridursi e fra 50-100 anni i ghiacciai saranno in gran parte scomparsi. Sarà un problema. L’unica soluzione è fermare il riscaldamento globale”.