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La simbiosi industriale è la via per la transizione ecologica

economia circolare
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La simbiosi industriale è la chiave per ottimizzare l’uso delle risorse nei cicli produttivi, generando vantaggi competitivi per le imprese di un territorio. Un approccio familiare alle dinamiche produttive dei distretti industriali italiani, asso nella manica del nostro sistema produttivo per imboccare la via della transizione ecologica.

La simbiosi industriale è l’asso nella manica del nostro sistema produttivo e la chiave del suo sviluppo in ottica circolare. Il 90% delle industrie italiane è costituito da piccole e medie imprese, con un numero massimo di 250 addetti e un fatturato non superiore a 40 milioni di euro, che producono da sole il 64% circa del fatturato nazionale, impiegando il 72% dell’occupazione del settore (ben oltre la Francia con il 47%, il Regno Unito con il 44% e la Germania con il 37%). L’ossatura del nostro sistema produttivo è costituita dai distretti, aree ad alta concentrazione di piccola e media impresa, caratterizzate da un elevato livello di specializzazione produttiva, un marcato livello d’interdipendenza dei cicli produttivi e una forte integrazione con il contesto socio-economico. I distretti sono realtà dove si generano economie di scala, cultura d’impresa e radicamento territoriale. È la cosiddetta Terza Italia, narrata da sociologi ed economisti come Bagnasco, Becattini e Foà, per spiegare quel filo comune che lega la galassia di piccole e medie imprese a connotazione familiare, ben radicate sul territorio, che creano un sistema di sinergie basate sulle esigenze dei territori. Una sorta di economia circolare ante litteram.

Cosa è la simbiosi industriale

La simbiosi industriale è definita come un sistema integrato per condividere risorse (materiali, acqua, sottoprodotti, scarti, servizi, competenze, strumenti, database, ecc.) secondo un approccio di tipo cooperativo, in cui l’output di un’azienda può essere utilizzato come input da un’altra, nell’ambito del suo processo di produzione (Chertow 2000, Lombardi e Laybourn 2012). La simbiosi industriale rappresenta, dunque, una chiave di ottimizzazione dell’uso delle risorse, in grado di generare vantaggi competitivi per le imprese di un territorio. Le aziende possono così utilizzare in modo più efficace flussi di materiali, energia, acqua e altre attività, conseguendo una maggiore produttività complessiva. La simbiosi è la quint’essenza della sostenibilità, poiché ne esalta gli aspetti cruciali; la cura del territorio e dell’ambiente – integrato con la realtà produttiva – spesso diventa per l’azienda elemento di identità e motivo di vanto con i propri interlocutori, anche su scala internazionale. Invece dei grandi numeri e del consumo di massa, i distretti italiani hanno da sempre puntato sui piccoli numeri e sulla qualità, distinguendosi per una manifattura di alto livello, nota in tutto il mondo. Sebbene la realtà distrettuale italiana oggi sia messa a dura prova dalle dinamiche globali e le eccessive oscillazioni dei prezzi, rimane un asset vincente per il Paese e il miglior viatico verso la transizione ecologica.

La rete SUN è il riferimento italiano per chi vuole attuare la simbiosi industriale

Già nel 2012 una indagine conoscitiva di Ispra indagava il contributo dei distretti industriali non soltanto in termini di crescita economica, ma anche di protezione del territorio, tutela delle risorse, salute, sicurezza, erogazione di servizi e miglioramento della qualità della vita. Individuando nella promozione di eco-innovazioni di prodotto e nell’introduzione delle BAT (Best Available Technologies) nei processi produttivi, ad esempio, non solo un fattore di riduzione dei costi ma anche di riduzione degli impatti sulle matrici ambientali. Per mappare la dimensione sostenibile dei distretti industriali, Enea ho costituito nel 2017 un network di simbiosi industriale denominato Symbiosis Users Network (SUN), che attualmente riunisce 39 partner tra Università, istituzioni politiche, enti di ricerca, società private, reti tecnologiche ed enti locali. La rete SUN si propone come riferimento italiano per gli operatori che vogliono attuare la simbiosi a livello industriale, di ricerca e di territorio. “La simbiosi industriale – spiegano i ricercatori Enea Laura Cutaia e Roberto Morabito, curatori dell’iniziativa SUN – attraverso il trasferimento di risorse di scarto in esubero o sottoutilizzate da un’industria ad un’altra, consente di conseguire benefici economici e ambientali derivanti dal mancato smaltimento dei rifiuti e dal consumo evitato di risorse primarie. Complessivamente, consente quindi di ottenere soluzioni di tipo win-win in cui tutti gli attori coinvolti possono trarre vantaggio dalle reciproche interazioni”. “La simbiosi industriale – spiegano ancora i due ricercatori – si presta anche come uno strumento utile di pianificazione territoriale per la valorizzazione locale delle risorse, indubbio fattore di eco-innovazione e di arricchimento per il territorio. In un’ottica olistica di gestione delle aree industriali diventa, inoltre, uno strumento imprescindibile per garantire un uso più efficiente delle risorse e per innescare le condizioni di competitività territoriale ed economica”.

I progetti di simbiosi industriale che guardano alla transizione ecologica

Gli esempi di progettualità che sposano simbiosi e sostenibilità non mancano. Solo per citarne alcuni: in Umbria il progetto europeo BIOECO-R.D.I supporta le aziende nell’adozione di cicli produttivi orientati all’economia circolare, ampliandone l’offerta con prodotti riciclabili e bio-based; in Emilia Romagna il progetto Interreg Tris Transition Regions for Industrial Symbiosis ha l’obiettivo di analizzare gli elementi che rendono possibile l’applicazione estesa e duratura di pratiche di simbiosi industriale; infine, nelle Marche il progetto europeo Interreg MED Greenomed promuove le sinergie tra aziende marchigiane, incluso il trasferimento di tecnologie ed eco-innovazione. A livello di singolo distretto, invece, in quello di Brescia, grazie al lavoro svolto da Confindustria in collaborazione con il Consorzio di filiera Conou, è stata sperimentata una rete di raccolta e valorizzazione degli oli usati di origine minerale. Una sperimentazione quasi naturale, considerato che nel distretto la produzione di olio usato delle industrie è concentrata per l’82% in 49 aziende (pari a circa l’8% di oli prodotti sull’intero territorio nazionale). Nel 2018 sono state raccolte oltre 5.000 tonnellate di olio usato industriale e avviate al riciclo tramite rigenerazione, grazie all’efficienza della filiera del recupero. Se le aziende produttrici di tale rifiuto si trovano a beneficiare di un meccanismo di conferimento snello e conveniente, le aziende di trattamento riescono a mettere a punto economie di densità tali da abbattere significativamente i costi di trasporto e stoccaggio. È in questo paradigma di sinergie e condivisione che si cela la carta vincente verso la transizione ecologica, che, come già detto, trova in Italia un terreno fertile.

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