Compostaggio e digestione anaerobica permettono di valorizzare i fanghi provenienti dalla depurazione civile delle acque attraverso il recupero di materia e di energia. Trasformando quelli che erano considerati solo rifiuti in valore.
I fanghi provenienti dalla depurazione civile delle acque sono una risorsa preziosa da cui recuperare materia ed energia. Nonostante le strategie di gestione europee e italiane spingano per una loro valorizzazione, la loro piena implementazione si scontra in Italia con una disciplina di settore datata e incompleta, resa ancora più complessa da normative regionali non coordinate.
Il 12% dei fanghi di depurazione in Italia vengono recuperati negli impianti di compostaggio
Secondo i ricercatori di Ref, in Italia una delle modalità di recupero più diffusa è il compostaggio, attività che coinvolge più di 290 impianti, gran parte dei quali riceve anche fanghi, per una quantità complessiva di circa 465mila tonnellate nel 2020, corrispondenti a quasi il 12% dei rifiuti trattati; più del 78% di questi fanghi provengono da impianti di depurazione del servizio idrico. La situazione italiana è in linea con quella europea, dove secondo l’Agenzia europea per l’ambiente i fanghi prodotti complessivamente nel 2018 da 32 Paesi europei ammontano a circa 11 milioni di tonnellate e il 34% viene utilizzato in agricoltura, il 31% va ad incenerimento e il 12% a compostaggio o altre destinazioni di recupero simili, il 12% finisce in discarica e il 10% ad altri destini residuali (Eurostat 2020).
Biogas e biometano per la decarbonizzazione e autosufficienza energetica del serivizio idrico
Un uso molto promettente dei fanghi di depurazione è la digestione anaerobica per la produzione di biogas e biocarburanti, il cui utilizzo comporta una riduzione delle emissioni climalteranti dell’80% rispetto a quello dei combustibili fossili tradizionali. Secondo gli analisti di Ref, il biogas prodotto costituisce un’opportunità in termini di decarbonizzazione e autosufficienza energetica del servizio idrico integrato: può essere utilizzato per sostituire il gas fossile per il riscaldamento dei digestori o per la cogenerazione di energia elettrica e calore, arrivando a fornire – secondo dati raccolti da EurEau (Federazione europea dei gestori nazionali del servizio idrico) – tra il 30% e il 50% della domanda elettrica e tra l’80 e il 100% della domanda termica degli impianti di depurazione. Il biogas può anche essere convertito in biometano per l’utilizzo come carburante per i veicoli o l’immissione nella rete gas. Inoltre, il biogas può essere anche immagazzinato in reti intelligenti ed essere utilizzato durante picchi di domanda o cali di produzione da fonti rinnovabili discontinue.
Digestato e CO2 possono essere recuperati in chiave di economia circolare
Il digestato risultante dal processo di digestione anerobica può diventare a sua volta materiale per la produzione di fertilizzanti o, dove la legislazione nazionale lo consenta, prodotto ammendante da utilizzare nel suolo. Recentemente, infatti, il Decreto Legge 21 marzo 2022 n. 21 ha equiparato il digestato “ai fertilizzanti di origine chimica quando è ottenuto dalla digestione anaerobica di sostanze e materiali, da soli o in miscela fra loro, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 22 del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 25 febbraio 2016”; il che vuol dire che, ricorrendo determinate condizioni, il digestato è un sottoprodotto e non un rifiuto. Un valore quindi, non più un costo. Infine, anche la CO2 prodotta dalla digestione anaerobica può essere intercettata e venduta nel mercato alimentare, per la produzione di bibite gassate ad esempio, chiudendo il ciclo in un’ottica davvero circolare. Insomma, la digestione permette la produzione di ben quattro output finali da una frazione che solitamente finisce, direttamente o indirettamente, in discarica, trasformando una voce di costo in quattro voci di ricavo, attraverso recupero di materia e recupero di energia.