La crisi climatica, di cui i Paesi africani sono responsabili con quote minime di emissioni climalteranti, colpisce il continente africano più della media globale. Mettendo a repentaglio sicurezza alimentare, idrica e sviluppo socio-economico.
“Dai tempi preindustriali, il clima dell’Africa si è riscaldato più della media globale”, ha affermato il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) Petteri Taalas, in occasione della presentazione del terzo Rapporto sullo stato del clima in Africa 2021 , iniziativa congiunta dell’OMM e della Commissione dell’Unione africana. Nonostante le emissioni di gas serra dell’Africa rappresentino dal 2 al 3% circa di quelle globali, il continente risente in modo sproporzionato delle conseguenze del cambiamento climatico. “Il clima estremo e il cambiamento climatico – spiegano gli autori del Rapporto – stanno minando la salute e la sicurezza umana, la sicurezza alimentare, idrica e lo sviluppo socioeconomico”. “L’aumento della temperatura, le ondate di calore, le estese inondazioni, i cicloni tropicali, la siccità prolungata e l’innalzamento del livello del mare con conseguente perdita di vite umane, danni alle proprietà e sfollamento della popolazione, minano la capacità dell’Africa di realizzare i propri impegni per raggiungere gli obiettivi dello sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e l’Agenda 2063 dell’Unione africana” afferma l’ambasciatore Josefa Leonel Correia Sacko, Commissario per l’agricoltura, lo sviluppo rurale, l’economia blu e l’ambiente sostenibile presso la Commissione dell’Unione africana.
Emergenza idrica, fenomeni meteo estremi e salinizzazione del terreno stanno già colpendo le comunità africane
Secondo gli esperti dell’Organizzazione metereologica mondiale, lo stress idrico, la siccità feroce e le inondazioni devastanti stanno già colpendo duramente le comunità, le economie e gli ecosistemi africani: molte parti del Nord Africa hanno sperimentato un caldo estremo, in particolare Tunisia, Algeria, Marocco e Libia. E i picchi di temperatura sono stati frequentemente accompagnati da grandi e gravi incendi. Inondazioni gravi hanno colpito per il terzo anno consecutivo il Sud Sudan e poi la Nigeria, il Congo, la Repubblica Democratica del Congo e il Burundi. I modelli che descrivevano l’andamento delle precipitazioni sono saltati, i ghiacciai stanno scomparendo e i laghi chiave si stanno restringendo: la superficie del lago Ciad è passata da 25mila kmq negli anni ’60 a 1.350 kmq negli anni 2000 e, da allora, è rimasta stabile. Nell’Africa occidentale, aumenti della temperatura, siccità e crescita della domanda di acqua hanno causato la riduzione della portata dei fiumi. L’emergenza idrica secondo le previsioni dell’OMM colpirà entro il 2030 circa 250 milioni di africani, aggravando i conflitti e le migrazioni. “I cambiamenti climatici possono esacerbare gli shock idrici, minacciando la vita di centinaia di migliaia di persone e destabilizzando comunità, Paesi e intere regioni” commenta il segretario Taalas. Che l’Africa paghi i costi più alti del mutamento climatico lo dimostra anche l’innalzamento del livello del mare, che lungo le sue coste è più rapido della media globale: lungo il Mar Rosso e l’Oceano Indiano sudoccidentale il tasso di crescita è vicino a 4 mm all’anno. “È probabile che ciò continui in futuro, contribuendo all’aumento della frequenza e della gravità delle inondazioni e dell’erosione costiera e all’aumento della salinità nelle città in prossimità del mare. Con importanti impatti sul settore agricolo, sugli ecosistemi, sulla biodiversità”, sottolinea Taalas.
Le crisi ambientali producono crisi sociali e geopolitiche
L’aumento della temperatura, la riduzione e l’irregolarità della disponibilità idrica hanno contribuito – dal 1961 ad oggi – a una riduzione del 34% della produttività agricola africana, più di qualsiasi altra regione del mondo, sottolinea l’Organizzazione meteorologica mondiale. “Questa tendenza potrebbe continuare in futuro, aumentando il rischio di insicurezza alimentare acuta e malnutrizione”. L’OMM prevede che un riscaldamento globale di 1,5 °C sarà accompagnato da un calo del 9% della resa di mais nell’Africa occidentale e del 20-60% della resa di frumento nell’Africa meridionale e settentrionale. Inondazioni e siccità croniche, insicurezza alimentare ed emergenza idrica creano una bomba sociale esplosiva, che entro il 2030 spingerà alla migrazione fino a 700 milioni di persone, all’interno del continente e fuori. “Nel 2021, circa 14,1 milioni di persone nell’Africa subsahariana sono state costrette ad emigrare: 11,5 milioni a causa di conflitti e violenze e 2,5 milioni a causa di disastri” aggiunge il segretario Taalas. L’Organizzazione metereologica mondiale raccomanda il rafforzamento dei sistemi di allerta precoce, l’aumento della cooperazione transfrontaliera, lo scambio di dati e la condivisione delle conoscenze. “La necessità di maggiori investimenti nell’adattamento è fondamentale – si legge nel Rapporto – così come una spinta concertata verso una gestione integrata delle risorse idriche”.