L’idrogeno è considerato un ingrediente strategico per realizzare la transizione verso un sistema energetico a basse emissioni. Ma secondo un’analisi condotta su 32 studi indipendenti, per il riscaldamento degli ambienti l’idrogeno è una delle soluzioni meno efficienti.
Il panel internazionale dell’Onu sui cambiamenti climatici (IPCC), l’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) e altri 30 gruppi di studiosi hanno emesso il loro verdetto: se l’idrogeno è visto, a ragione, come uno degli ingredienti strategici per la decarbonizzazione, soprattutto per i settori dell’acciaio e del cemento, non può essere però considerato la risposta a tutti i problemi energetici. Un’analisi condotta su 32 studi indipendenti (tra cui quelli di IPCC e IEA) ha concluso che per il riscaldamento degli ambienti l’idrogeno è decisamente meno efficiente di altre soluzioni.
L’idrogeno non è efficiente per il riscaldamento domestico
Secondo l’IPCC (Mitigation of Climate Change report), nel 2050, nessun edificio sarà riscaldato grazie all’idrogeno; si arriverà al 2% a fatica secondo l’International Energy Agency (Net Zero by 2050). E della stessa idea sono l’Imperial College di Londra o McKinsey. “Per oltre due anni ho raccolto studi indipendenti sull’idrogeno impiegato per il riscaldamento” ha spiegato a “Recharge news” Jan Rosenow, esperto di energia e Direttore del programma europeo presso il Regulatory Assistance Project, ong che si occupa di studi sull’energia, oltre che professore emerito dell’Enviromental Change Institute di Oxford, recentemente incluso da Onalytica nella lista mondiale dei “Top 25 energy influencers“. “Praticamente nessuno di questi studi – precisa Rosenow – identifica il riscaldamento con l’idrogeno come una buona opzione”. Esistono molti usi finali legittimi e attuali per l’idrogeno verde ad esempio come materia prima nell’industria, per processi ad alta temperatura, nel trasporto marittimo e per lo stoccaggio di energia. Tuttavia, si legge in una ricerca firmata da Rosenow pubblicata su Joule “la ricerca indipendente esistente finora suggerisce che, rispetto ad altre alternative come pompe di calore, solare termico e teleriscaldamento, l’uso dell’idrogeno per il riscaldamento domestico è meno economico, meno efficiente, più dispendioso in termini di risorse e associato a maggiori impatti ambientali”. I motivi di questa bocciatura, chiarisce ancora la ricerca, “includono i costi, che sono più elevati rispetto ad altre opzioni di riscaldamento pulito. Includono anche gli impatti ambientali, perché per fornire un’unità di calore con idrogeno verde è necessaria da cinque a sei volte più elettricità rinnovabile rispetto a una pompa di calore. Ciò significa da cinque a sei volte più capacità di generazione, più risorse e più terra”. Bocciato non solo l’idrogeno verde, quello ottenuto per elettrolisi da fonti energetiche rinnovabili, ma anche quello blu, derivato dal gas naturale con cattura e stoccaggio del carbonio. Usato per riscaldare le case, richiederebbe in realtà più metano per unità di calore rispetto alla semplice combustione del gas.
Le reti non sono ancora pronte per la distribuzione dell’idrogeno
Oltre a quello dell’efficienza, c’è il tema della praticabilità della distribuzione dell’idrogeno attraverso gli attuali metanodotti. “Un gruppo di 90 distributori di gas europei che si battono per usare 100% di idrogeno nelle loro reti (Ready4H2) – afferma ancora Rosenow – ha inavvertitamente dimostrato l’esatto opposto del suo nome: le reti del gas non saranno pronte per l’H2 puro a breve. Solo il 24% dei membri del gruppo ha affermato che sarebbe ‘completamente pronto’ per il 100% di idrogeno entro il 2035 e solo il 67% ha affermato che lo sarebbe entro il 2040”. Gli fa eco David Cebon, professore di ingegneria meccanica all’Università di Cambridge, esperto di idrogeno e tra i fondatori della Hydrogen Science Coalition: “i costi di generazione dell’energia necessaria per le pompe di calore – afferma Cebon in un articolo pubblicato dal Centre for Sustainable Road Freight-SRF – sono 1/6 di quelli per il green hydrogen, a parità di prestazioni”. “Inoltre – aggiunge – è improbabile che le infrastrutture necessarie per trasportare l’idrogeno possano essere costruite in tempo per il 2040”. “L’Idrogeno, primariamente quello verde, può essere una parte importante del processo di decarbonizzazione del sistema economico nel suo complesso – spiega Luca Iacoboni, responsabile Programmi Nazionali di Ecco, il think tank italiano per il clima – ma concentrandone l’uso nei settori hard-to-abate, dove l’elettrificazione è difficilmente praticabile. Impiegarlo in maniera diffusa nel riscaldamento domestico, dove ci sono alternative più efficienti ed economiche, significa rallentarne l’uso nei settori dove può essere più utile”. L’idrogeno a basse e zero emissioni di carbonio è stato promosso, secondo Rosenow, dai rappresentanti dell’industria del gas e del riscaldamento come una soluzione chiave per sostituire il gas fossile nella rete di distribuzione. Ma, come abbiamo visto, le ricerche scientifiche ne sconsigliano l’uso per il riscaldamento domestico: l’idrogeno non rappresenta la soluzione a tutti i problemi energetici.