Chiudi
Cerca nel sito:

Serve più energia pulita per gli impianti di riscaldamento e raffrescamento

Quali sono i comportamenti da mantenere per rispettare l'ambiente? Scopriamo insieme 12 consigli utili da questo punto di vista.
Condividi l'articolo

Gli impianti di riscaldamento e raffrescamento sono una delle principali fonti di inquinamento atmosferico d’Europa. Come dimostra uno studio del Centro comune di ricerca dell’Unione europea, che sottolinea la necessità di accelerare l’adozione di tecnologie più efficienti e green.

Quanto inquinano i nostri sistemi di riscaldamento e di raffrescamento? Da questi impianti provengono il73% delle polveri sottili (PM2,5) dell’Unione europea, il 33% degli ossidi di azoto (NOx), il 2% dell’ammoniaca (NH3), il 18% dei composti organici volatili non metanici (COVNM), il 61% del monossido di carbonio (CO) e il 49% del biossido di zolfo (SO2), tutti inquinanti che comportano gravi rischi per la salute, e di cui edifici e case sono una fonte rilevante.

A dirlo è il Centro comune di ricerca (JRC – Joint Research Center), una delle Direzioni generali della Commissione europea, nello studio intitolato Tendenze dell’inquinamento atmosferico nel settore del riscaldamento e del raffreddamento nell’UE a 27: uno sguardo al 2030, che sottolinea come i sistemi di riscaldamento e raffrescamento siano ancora, ad oggi, una delle principali fonti di inquinamento atmosferico in tutta l’Ue.

Nell’ottica di sviluppare strategie per mitigare l’impatto ambientale del settore e spingere la transizione verso tecnologie più pulite, la ricerca analizza anche i piani nazionali per l’energia e clima degli Stati membri, valutando le prospettive effettive di un’accelerazione nell’adozione di tecnologie efficienti e rinnovabili.

Efficienza energetica ma non solo, secondo il JRC

“La riduzione della domanda di riscaldamento e raffrescamento è fondamentale per facilitare la transizione verso un futuro a basse emissioni di carbonio”, scrivono gli scienziati del JRC nella presentazione del documento.“ La riduzione della domanda attraverso iniziative di efficienza energetica è importante – spiegano ulteriormente – ma da sola non è sufficiente per raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio. È essenziale una strategia globale per la decarbonizzazione del settore del riscaldamento e del raffreddamento, che preveda l’implementazione di un mix energetico a basse emissioni di carbonio, tecnologie di riscaldamento e raffreddamento efficienti dal punto di vista energetico e l’utilizzo di vettori energetici puliti per ridurre le emissioni di gas serra e l’inquinamento atmosferico”.

Ancora troppi gli impianti inquinanti

Un cambio di passo di cui, dati alla mano, gli scienziati del Centro comune di ricerca sottolineano l’urgenza. Sul territorio dell’Unione europea, infatti, gli impianti di riscaldamento che emettono sostanze inquinanti rappresentavano il 97% della produzione di calore nel 2022 (ultimi dati disponibili al momento dello studio) e la continua dipendenza dai combustibili fossili e dalla biomassa nei sistemi di riscaldamento comporta continui rischi per la qualità dell’aria, sebbene negli ultimi venti anni siano stati compiuti progressi nell’adozione di fonti rinnovabili e nell’efficienza energetica.

Nel 2022, mentre il consumo finale lordo di energia (GFEC) dell’Ue a 27 si era ridotto del 9,5% rispetto al 2005, il consumo per il riscaldamento e il raffrescamento sullo stesso periodo era sceso del 16%, in parte grazie al minor fabbisogno energetico per il riscaldamento degli edifici e in parte grazie a impianti più efficienti. L’uso delle pompe di calore – che non producono emissioni inquinanti dirette in quanto funzionano a elettricità – è aumentato di sei volte dal 2005, attestandosi secondo gli ultimi dati sul 3,7% del consumo finale lordo di energia.  Sebbene il settore del riscaldamento e del raffrescamento abbia raggiunto una quota di energia rinnovabile del 25% nel 2022, le pompe di calore rappresentano ancora una parte relativamente piccola degli impianti (15%).

Pesa il settore residenziale

Secondo lo studio del Centro comune di ricerca, l’85% del particolato (PM2,5), l’82% dei composti organici volatili non metanici, il 79% dell’ammoniaca e il 76% del monossido di carbonio derivanti dal riscaldamento sono prodotti dal settore residenziale. Il che dimostra la necessità di fissare limiti di emissione più severi per gli apparecchi venduti in questo settore. L’analisi mostra in particolare delle criticità per gli impianti a biomassa (ad esempio pellet) riguardo alle emissioni di particolati, mentre per gli impianti a gas le criticità sono relative agli ossidi di azoto (Nox).

Lo studio individua i fattori chiave che influenzano le emissioni: il tipo di combustibile utilizzato (come gas naturale, legna, olio, pellet o elettricità); la tecnologia utilizzata (stufe, camini, caldaie o pompe di calore), l’efficienza complessiva di questi sistemi. Identificare correttamente le cause dell’inquinamento atmosferico è, infatti, fondamentale per selezionare e raccomandare alternative più pulite. Anche perché, in seguito alla revisione della Direttiva sulla qualità dell’aria, che avvicina i target europei ai livelli guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in materia di qualità dell’aria, diversi Stati membri dovranno compiere ulteriori sforzi.

Il quadro delle politiche di riferimento

L’attuale quadro energetico dell’UE fornisce un forte segnale a sostegno delle soluzioni di riscaldamento pulito: promuove l’adozione di teleriscaldamento e pompe di calore efficienti, definendo al contempo il percorso per la graduale eliminazione delle caldaie a combustibile fossile. Tutto ciò si sostanzia nelle recenti revisioni della Direttiva sulle Energie Rinnovabili, della Direttiva sull’Efficienza Energetica e della Direttiva sul Rendimento Energetico nell’Edilizia, e nella Legge sull’Industria Net Zero.

Ultime Notizie

Cerca nel sito