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Che cos’è la chimica circolare e come rigenera la materia?

Chimica circolare: un chimico scrive formule alla lavagna
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Se allarghiamo l’orizzonte della sostenibilità, uscendo dall’ambito dei prodotti di consumo e includendo l’intero ciclo di vita dei prodotti chimici, entriamo nel concetto di chimica circolare. Questa mira a sostituire l’attuale approccio lineare, detto take-make-dispose, con processi a impatto quasi zero. 

Per consentire a miliardi di persone di soddisfare i propri bisogni è necessario adottare un approccio rigenerativo all’uso delle risorse. In quest’ottica, l’utilizzo di materie prime rinnovabili, in grado di introdurre un modello circolare basato sul riutilizzo e il riciclo dei prodotti, rappresenta un consistente passo avanti rispetto alle comuni abitudini odierne. Si può così favorire un’industria chimica a circuito chiuso, caratterizzata da meno sprechi e maggiore sostenibilità, in ogni settore produttivo. Comunemente, non si parla molto di chimica circolare, né dei suoi orizzonti. In questo approfondimento, vogliamo porre l’attenzione proprio su questo principio. 

Sostanze chimiche dai rifiuti

Nel troppo ampio universo dei rifiuti e degli scarti esistono numerosi esempi di materiali poco, o per nulla, riutilizzabili. È possibile, e doveroso, adottare un approccio differente da quello dell’abbandono e dell’accumulo in discarica. Si può optare per una via virtuosa, la quale consiste nel trasformare i rifiuti, specialmente quelli non riciclabili, impossibili da riutilizzare, in prodotti chimici utili. In inglese tale operazione si chiama waste-to-chemical, letteralmente dallo scarto alla chimica. Il processo prevede la trasformazione dello scarto in syngas, o gas di sintesi, una miscela principalmente composta da idrogeno e monossido di carbonio, in vari rapporti. Questa può contenere anche anidride carbonica o azoto.

Dal gas di sintesi così prodotto, attraverso vari processi non troppo complessi, si possono ottenere etanolo, metanolo, ammoniacaolefine, carburanti e molto altro. Tutti prodotti capaci di sostituire i derivati di petrolio o gas naturale come base chimica. In tal maniera, è possibile ridurre la quantità di materia prima vergine utilizzata, tagliando le emissioni complessive dei processi industriali. Uno dei principali produttori e licenziatari di impianti waste-to-chemical è l’italiana NextChem. Da anni ormai questa realtà promuove piattaforme tecnologiche al fine di estrarre lavorati chimici dagli scarti non riciclabili e difficilmente recuperabili. L’obiettivo è creare nuove catene del valore.

Anche gli impianti per la produzione di SAF circolare, carburanti sostenibili per l’aviazione, sono particolarmente rilevanti. Questi possono essere ottenuti dall’etanolo tramite il processo Fischer-Tropsch, partendo direttamente dal syngas. La frontiera della chimica circolare potrebbe ridurre considerevolmente l’impatto della produzione dei carburanti.

Riciclo della plastica e chimica circolare

Il riciclo chimico della plastica viene definito dagli specialisti del settore advanced recycling e si pone come un’alternativa di eccellenza al trattamento meccanico consueto. Questo processo pone le basi per una nuova gestione della filiera della plastica. Quando parliamo di riciclo chimico, non tradizionale, ci riferiamo a una di tre possibili vie per donare nuova vita allo scarto:

  • la purificazione con solventi;
  • la depolimerizzazione chimica avanzata;
  • la depolimerizzazione termica.

La più utilizzata è indubbiamente l’ultima. Chi se ne serve trasforma i polimeri in molecole più piccole e meno complesse, tramite processi ad alta intensità, come per esempio la pirolisi. Riscaldando la materia a temperature elevate, tra i 300 e i 500 °C, si ottiene un olio di pirolisi. Questo, dopo diverse fasi di purificazione, viene utilizzato come feedstock, o base per la produzione di nuova plastica e/o combustibile. 

Contiamo soltanto 40 impianti effettivamente operativi nell’ambito del riciclo chimico, su tutto il pianeta. Vi sono però oltre un centinaio di progetti per incrementare considerevolmente questa quota. In prima fila abbiamo giganti della petrolchimica quali Shell, Chevron Phillips Chemical e ExxonMobil. Non esattamente aziende note per l’attenzione ambientale. Evidentemente, hanno fiutato la possibilità di lauti guadagni. A livello globale ricicliamo soltanto il 9% dei rifiuti di plastica. La maggior parte, oltre il 79%, finisce nelle discariche o abbandonata a inquinare l’ambiente. La restante parte viene incenerita.

Chimica circolare: due ragazze in un laboratorio di chimica
La chimica circolare è all’inizio della sua storia ma la tecnologia su cui si basa è già piuttosto solida e affidabile

La green chemistry è un’eccellenza italiana: prospettive di sviluppo

Nella nostra indifferenza, la green chemistry si sta sviluppando da tempo sul territorio nazionale. Secondo Marco Frey, ordinario di Economia e Gestione delle imprese presso la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa, l’Italia, da ormai molti anni, rappresenta una vera e propria eccellenza della chimica verde. Aziende come Novamont e Itelyum sono state in grado di riconvertire impianti per la lavorazione di materie prime di origine organica. Queste due realtà sono viste come modello in tutto il mondo, e molti altri attori del settore chimico ne stanno studiando i processi, al fine di replicarli ad altre latitudini.

Le due citate sono parte delle oltre 550 imprese che aderiscono all’UN Global Compact Network Italia e mirano a conseguire quella che le Nazioni Unite hanno definito governance trasformativa.

“A loro, e anche oltre il perimetro dell’iniziativa dell’ONU, rivolgiamo un forte richiamo a un impegno sempre più ambizioso rispetto all’integrazione dell’approccio circolare nelle strategie aziendali, qualsiasi sia il settore produttivo di appartenenza.”

Ha scritto lo stesso Frey, in un editoriale pubblicato su Materia Rinnovabile che desiderava spronare all’adozione di buone pratiche e alla riconversione. L’ambito chimico è uno di quelli che può maggiormente beneficiare della tecnologia attuale per aprire una parentesi di transizione e controllo delle emissioni. La chimica circolare è già alla portata dell’industria dei Paesi avanzati, occorre soltanto abbracciarla.

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Mattia Mezzetti

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