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Allevamenti di salmone in Scozia: impatto ambientale e alternative sostenibili

Il taglio del salmone
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Non c’è dubbio che il salmone sia uno dei pesci più prelibati e apprezzati della nostra tradizione culinaria, e ovviamente anche di quella di alcuni Paesi nordici o nel Giappone. Forse non tutti sanno però che in giro per il mondo, come ad esempio in Scozia, esistono degli allevamenti intensivi di questa specie e che essi possono avere un impatto ambientale da non sottovalutare. Vediamo dunque insieme tutte le curiosità riguardo agli allevamenti di salmone in Scozia.

Indice contenuti

Lo stato dell’arte

Ecco tutto quello che devi sapere riguardo agli allevamenti intensivi di salmone in Scozia, al loro impatto e alle soluzioni possibili.
Un piatto gourmet con del salmone

Al momento il salmone è uno dei più importanti prodotti esportati dalla Scozia in giro per il mondo: basti pensare che in questo senso è battuto a livello di volumi solo dalle vendite di whiskey.

In un mondo ideale, la maggior parte del salmone venduto nelle pescherie e nei supermercati dovrebbe provenire principalmente dalla pesca selvatica nei fiumi, ma purtroppo sappiamo che non è così. Un’enorme fetta del salmone che consumiamo deriva infatti da allevamenti, molti dei quali situati lungo le coste scozzesi. A proposito, mentre nel 2018 il numero di salmoni selvatici ha raggiunto un minimo storico, gli scaffali dei supermercati erano comunque pieni di questo prodotto. La situazione attuale dovrebbe dunque portarci a delle serie riflessioni, anche perché sappiamo che gli allevamenti intensivi presentano una serie di problematiche di non poco conto.

Ad oggi, si sta assistendo tra l’altro ad drammatico crollo delle popolazioni di salmoni dell’Atlantico settentrionale, diminuite negli ultimi anni di oltre l’80%. In Scozia, il numero di salmoni selvatici pescati è calato drasticamente, con solo 47.515 esemplari registrati nel 2019, il quarto dato più basso mai rilevato. L’anno precedente aveva inoltre segnato un altro record negativo con appena 37.196 salmoni.

Questi numeri rappresentano una riduzione del 67% rispetto alla media dei cinque anni precedenti, proseguendo un trend di declino iniziato negli anni ‘70. Alcuni ambientalisti descrivono il salmone come un “canarino nella miniera“, vale a dire una sorta di naturale indicatore di gravi problemi ecologici in atto. Nonostante il divieto del 2016 sulla cattura di salmoni selvatici costieri, le popolazioni rimangono in uno stato critico.

I numeri degli allevamenti scozzesi

Per quanto riguarda i dati a nostra disposizione, sappiamo che esistono oltre 200 allevamenti di salmoni lungo le coste scozzesi, che producono complessivamente circa 150.000 tonnellate di pesce all’anno. Con un peso medio di circa 1,8 kg per ogni salmone adulto, servono 500 esemplari per produrre una tonnellata di prodotto. Si stima che ogni anno vengano allevati circa 75 milioni di salmoni destinati al consumo.

Le proteste sull’acquacoltura

Ci sono stati di recente oltre 50 aziende, gruppi comunitari, gruppi giovanili di attivisti e associazioni benefiche in giro per la Scozia ad aver chiesto al Governo scozzese di giustificare il suo storico sostegno politico e normativo all’acquacoltura di salmoni in gabbie aperte.

In una lettera aperta pubblicata a novembre del 2024, una gruppo organizzato composto da 54 organizzazioni aveva sottolineato come i presunti benefici economici dell’allevamento di salmoni in Scozia (di cui si è parlato qui sopra) non sono mai stati bilanciati rispetto ai possibili impatti negativi dell’industria su una vasta gamma di altri settori nel Paese.

Nella lettera si legge:


Vi scriviamo per chiedervi di rivalutare urgentemente la vostra politica sull’industria dell’allevamento di salmoni in gabbie aperte. Questo settore è spesso celebrato come uno dei successi economici della Scozia.

Tuttavia, ricerche sottoposte a revisione paritaria hanno dimostrato che i benefici economici dell’industria non sono stati adeguatamente confrontati con i suoi impatti negativi su altri settori dell’economia scozzese (per non parlare degli impatti negativi sull’ambiente marino, senza il quale non può esistere una crescita economica “blu”).


Ciò che spesso viene dimenticato è che questa industria utilizza le preziose risorse naturali della Scozia per smaltire ‘gratuitamente’ i suoi rifiuti, causando danni diffusi agli ecosistemi che sostengono altre attività commerciali. Questi costi sono attualmente ignorati nelle valutazioni del Governo scozzese sul ‘valore’ dell’industria per la Scozia nel suo complesso.

Le preoccupazioni degli ambientalisti

Gran parte dell’attenzione dell’inchiesta attuale si è concentrata sui tassi di mortalità record dell’industria. In particolare, hanno iniziato a circolare dei filmati controversi che mostrano tonnellate di salmoni morti rimossi da un allevamento vicino a Dunstaffnage a settembre.

Oltre alle crescenti critiche per il benessere degli animali negli allevamenti di cui sopra, ci sono da tempo anche serie preoccupazioni sull’impatto degli allevamenti in gabbie aperte sui pesci selvatici (incluso il salmone atlantico selvatico in via di estinzione), sui suoi impatti ambientali e sulle questioni legate alla sostenibilità.

Soluzioni possibili

Gli allevamenti intensivi di salmone in Scozia presentano un impatto ambientale non indifferente: ecco quali soluzioni sono state proposte.
Salmone da sushi

Quanto detto finora non evidenzia che l’allevamento intensivo di salmoni sia nocivo di per sé: seguendo una serie di buone pratiche, infatti, è possibile rendere questa attività molto più green di quanto non sia.

Un’azienda come Arvia, per esempio, si è impegnata a rimuovere in modo sostenibile le acque di lavaggio necessarie per “pulire” i salmoni dai pidocchi di mare. Attualmente, infatti la maggior parte delle acque di lavaggio utilizzate per il controllo dei pidocchi viene rimossa dalle chiatte e conservata in serbatoi. Questo processo è oneroso sia in termini di impronta di carbonio sia di responsabilità sociale d’impresa. Come alternativa, Arvia sfrutta per esempio i sistemi Rosalox™ capaci di trattare direttamente queste acque altamente inquinate, rendendole riutilizzabili o restituendole all’oceano.

Oltre ai pidocchi di mare, i salmoni allevati affrontano altre sfide come sindrome cardiomiopatica (CMS), la Pasteurella skyensis, malattie del pancreas e fioriture algali. In molti casi, per risolvere tali problemi si utilizzano pesticidi o insetticidi, e i sistemi di Arvia sono altrettanto efficaci nel trattare le acque di scarico derivanti da questi processi.

In generale, i problemi legati alle fughe di pesci e all’ibridazione con specie selvatiche, oltre alle malattie e infestazioni, dovrebbero spingere le aziende che ne occupano verso l’adozione di impianti di acquacoltura a terra, che offrono maggiore controllo sanitario e riducono in parallelo l’impatto ambientale.



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Alberto Muraro

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