La ricerca scientifica nel campo dei micromateriali sta compiendo passi da gigante. Ci si attende che, nel prossimo futuro, emergerà una quantità di nuovi materiali composti di particelle grandi qualche milionesimo di millimetro. Questi avranno proprietà antiossidanti, anti-UV, antimicrobiche e vanteranno possibili applicazioni in biomedicina, nel campo dei biosensori, della cosmesi e della purificazione dell’acqua, per citarne alcune. Molti di questi composti deriveranno dagli alberi, o meglio dal principale rifiuto legato ai processi produttivi della carta e dei biocarburanti ottenuti dalle piante: la lignina.
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Cos’è la lignina e quali sono i suoi pregi
La lignina è un polimero naturale, tra i più abbondanti in natura. Tra i suoi tanti pregi, c’è l’elevata compatibilità biologica. Per descriverla con le parole della massima esperta italiana di nanoparticelle e nanocapsule di lignina, Claudia Crestini, professoressa ordinaria presso il Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi dell’Università di Venezia Cà Foscari, possiamo esprimerci in questo modo:
“La mangiamo con le verdure. La particelle di lignina sono estremamente sicure per l’organismo. Parliamo di un biopolimero di difficile caratterizzazione, eterogeneo e variabile. Per realizzare prodotti riproducibili normalmente vengono usati trattamenti chimici. Dall’altro lato, è comunque possibile utilizzare metodi fisici, più sicuri ed economici. Possiamo anche selezionare la dimensione delle particelle in laboratorio, a seconda dell’utilizzo che dobbiamo farne”.
“Nanoparticelle e nanocapsule di lignina possono trasportare e rilasciare, in modo controllato, principi attivi o integratori. Tuttavia, l’utilizzo in medicina richiede ancora del lavoro di ricerca. I materiali di partenza hanno una certa variabilità, quindi sono necessari studi biologici e valutazioni approfondite relative al loro impatto sulla salute”.
Sul composto sono in corso ricerche in tutto il mondo. L’auspicio è quello di riuscire a renderlo un materiale di ampio utilizzo, sano e sostenibile. La ricerca di Crestini e di altri accademici, con la sua stessa curiosità e le sue stesse competenze, si muove in questa direzione.
La lignina come motore di economia circolare
Oggi la lignina di scarto prodotta dall’industria della carta si brucia. Parte di quella residua da processi industriali arricchisce cementi e asfalti, prodotti certamente ad alta diffusione, ma dal basso valore aggiunto. La ricerca è sicura di poter presto scoprire nuovi materiali a base di lignina. Una volta studiati a dovere, sarà pensabile standardizzarne la produzione. Le multinazionali sono attente agli avanzamenti di queste ricerche, perché i risultati potrebbero potenziare le performance di prodotti di largo consumo che producono e mettono sugli scaffali dei negozi.
“Le nanostrutture di lignina possono funzionare anche come additivi in vernici, colle o plastiche. Sono infatti in grado di fornire caratteristiche specifiche, rendendole antimicrobiche, resistenti all’acqua o persino alla radiazione ultravioletta. C’è poi l’aspetto della sicurezza: il composto non crea pericoli alla salute, né all’ambiente. Le possibilità di applicazione interessano anche l’industria del packaging. Si possono realizzare incarti con una barriera all’ossigeno e all’umidità, aumentando così la capacità di conservazione dei cibi, grazie a questo composto”.
Prosegue la professoressa Crestini, in un approfondimento dedicato alla lignina e alla sua carriera accademica pubblicato sul sito del suo ateneo. Nano è bello. Le microdimensioni potrebbero essere la chiave dei materiali del futuro. Le proprietà delle particelle sono magnificate e anche una piccola quantità di sostanza può avere un impatto molto elevato sul prodotto finale. Secondo l’idea della ricercatrice, la valorizzazione della lignina è un valido esempio di come da uno scarto si possano trarre materiali preziosi. Il suo impiego, dunque, è un esempio virtuoso di economia circolare.
Le caratteristiche del polimero
La lignina, come la cellulosa, è presente nelle pareti di vari tipi di cellule. La sua comparsa è naturale. È particolarmente diffusa nei tessuti di sostegno e nei sistemi conduttori delle piante cormofite. Questo polimero è una componente pressoché essenziale del legno: all’interno di fusti teneri, come per esempio il pioppo, rappresenta il 25% della massa totale. Procurarsela è molto semplice, poiché si tratta di un prodotto abbondante e ampiamente diffuso in natura. In alberi molto duri, come l’ebano, si può trovare anche il 50% di lignina nella massa legnosa.
Si forma in seguito alla polimerizzazione di derivati dell’acido cinnamico. Dal punto di vista chimico, queste unità costitutive danno vita a una complessa struttura reticolare rigida, che non è ancora del tutto chiara. Per questo motivo, i ricercatori sono ancora molto assorti nel loro lavoro, e ci basiamo principalmente su speculazioni. La sostanza, in sé e per sé, si presenta amorfa all’occhio e il suo colore è tra il giallo e il bruno. In presenza di acqua diventa plastica. Qui sta tutto l’interesse nei suoi confronti. È davvero possibile ottenere un materiale tanto versatile e impiegarlo per tutti gli utilizzi cui lo destiniamo partendo da uno scarto del legno?
I possibili usi della lignina sono molti di più rispetto a quelli di combustibile, adesivo in linea di produzione o materiale di riempimento per laminati. Gli unici a cui oggi la destiniamo. Se attualmente non siamo in grado di impiegarla altrove, non significa che la nostra maestria resterà tale molto più a lungo. Il contributo della ricerca sarà essenziale nel rendere la lignina un materiale chiave dell’industria green ed ecosostenibile di domani.
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