Non tutti gli eroi indossano dei mantelli, e tra questi possiamo annoverare senza ombra di dubbio anche i cosiddetti waste pickers, persone comuni che quotidianamente si impegnano per rendere il nostro mondo un luogo più pulito. Vediamo insieme chi sono, come agiscono e qual è il loro ruolo per la società civile.
Indice contenuti
- Chi sono i waste pickers?
- Le sfide dei waste pickers
- Le battaglie dei waste pickers
- Un trattato internazionale per i waste pickers
Chi sono i waste pickers?
Con questo termine ci si riferisce a dei lavoratori indipendenti che si occupano di raccogliere, separare e vendere materiali destinati al riciclo o al riutilizzo. Si calcola che ad oggi oltre 20 milioni di persone nel mondo traggano il loro sostentamento da questa attività.
Raccogliendo materiali come plastica, vetro, carta e rifiuti elettronici da abitazioni, strade e discariche, questi lavoratori offrono un contributo fondamentale al recupero dei materiali: si stima a proposito che circa il 60% della plastica riciclata a livello mondiale sia frutto del loro lavoro, il che li rende una componente essenziale dei sistemi globali di riciclaggio.
L’attività dei raccoglitori di rifiuti non solo riduce la quantità di immondizia abbandonata o bruciata, ma diminuisce anche il volume di plastica che finisce nei fiumi e negli oceani (ve ne abbiamo parlato in modo approfondito in questo articolo), contribuendo alla tutela ambientale. Inoltre, questa attività migliora la salute pubblica e sostiene le economie locali.
Ridurre l’inquinamento porta benefici alla salute, poiché i rifiuti non gestiti aumentano il rischio di malattie gravi come patologie cardiache, tumori e infezioni respiratorie, che causano fino a 1 milione di decessi ogni anno. Non dimentichiamoci inoltre che tutto l’indotto legato al riciclo è stato capace negli ultimi anni di creare nuove opportunità di lavoro sostenibile.
Le sfide dei waste pickers
Si tratta purtroppo di un’attività che, per quanto nobile, è davvero poco conosciuta dai più. Anche se questi soggetti danno un contributo fondamentale nella lotta contro l’inquinamento da plastica, e malgrado la loro profonda esperienza e competenza nella gestione e nel riciclo dei rifiuti, il grande pubblico conosce a malapena il loro lavoro. Ci sono poi anche problemi, ben più seri.
I diritti umani e le fonti di reddito dei waste pickers, purtroppo, non sono sufficientemente tutelati dalle autorità né adeguatamente considerati dalle aziende.
Molti raccoglitori di rifiuti non percepiscono alcun compenso (o un compenso adeguato) per vivere e operano sovente in condizioni lavorative precarie. Inoltre, devono frequentemente affrontare discriminazioni, abusi e l’esclusione dai processi decisionali che incidono sulle loro vite e sulla loro sopravvivenza economica.
Le battaglie dei waste pickers
Proprio alla luce dei problemi di cui sopra, ci sono stati negli ultimi anni diversi gruppi di waste pickers che hanno deciso di alzare la loro voce per fare valere i loro diritti.
In alcune città del Sudamerica, specialmente in Colombia e Brasile, i raccoglitori di rifiuti hanno ora il diritto di vendere ai comuni o di partecipare a gare d’appalto per contratti municipali proprio grazie alle loro rimostranze.
Nonostante questi progressi ottenuti con grandi sforzi, per queste persone persistono significative sfide legali e normative. In molte città, i raccoglitori di rifiuti non ricevono un riconoscimento formale e possono lavorare alla mercé dei funzionari locali. I servizi che forniscono e il supporto necessario per svolgere il loro lavoro spesso non vengono considerati nella pianificazione municipale. Come se non bastasse, come molti altri lavoratori in nero, i raccoglitori di rifiuti sono generalmente esclusi dai sistemi di protezione sociale. Quest’ultimo è un problema particolarmente pesante se consideriamo gli elevati rischi per la salute e la sicurezza che affrontano ogni giorno.
Un trattato internazionale per i waste pickers
Come evidenziato anche da un’organizzazione del calibro di Greenpeace, per proteggere il lavoro di questi soggetti sarebbe necessario al più presto un Trattato Globale sulla Plastica capace di offrire un’occasione per sostenere le persone che vivono in condizioni di povertà, riducendo la produzione globale di plastica, migliorando l’accesso ai sistemi di raccolta e riciclo dei rifiuti, e assicurando una transizione equa per i raccoglitori di rifiuti.
L’obiettivo finale di un accordo simile sarebbe quello di porre fine all’inquinamento da plastica in modo equo e al contempo inclusivo, creando opportunità di lavoro dignitose e garantendo che nessuno venga lasciato indietro nel processo.
Già 175 paesi membri delle Nazioni Unite hanno riconosciuto nel 2022 l’urgenza di un Trattato per eliminare l’inquinamento da plastica: purtroppo però i negoziati sono complessi e potrebbero portare a dei compromessi che, nella pratica, ne minerebbero l’efficacia.
A partecipare a questi negoziati è stata anche l’Alleanza Internazionale dei Raccoglitori di Rifiuti, una rete che rappresenta oltre 460.000 lavoratori in 34 paesi: questi delegati si sono impegnati strenuamente negli ultimi anni per ottenere il riconoscimento dei contributi storici e attuali dei raccoglitori di rifiuti, tutelare i loro diritti, garantire una remunerazione equa, promuovere il loro coinvolgimento diretto nelle leggi sui rifiuti plastici e favorire una transizione giusta verso nuovi sistemi.
Interessante proprio da questo punto di vista è stata la testimonianza di Madi Koena, una raccoglitrice di rifiuti del Sudafrica e rappresentante dell’Alleanza nei negoziati, che ha sottolineato:
È essenziale che i raccoglitori di rifiuti partecipino alla definizione delle politiche del Trattato e che le loro voci vengano ascoltate. Come madre e nonna, ho iniziato a raccogliere rifiuti e a vendere materiali riciclabili per assicurare il cibo alla mia famiglia […] Un Trattato efficace deve garantire condizioni di lavoro migliori e dignitose, protezione sociale, maggiori opportunità di formazione e maggiore sicurezza lavorativa per i lavoratori.