Il nuovo volume della collana “Neomateriali nell’economia circolare – Building” di Edizioni Ambiente dedicata ai neomateriali, curato da direttore di Green Building Council Italia, racconta come materiali, certificazioni, strategie progettuali orientate al riuso e al riciclo e una corretta gestione del cantiere edile possono rendere più sostenibile l’ambiente costruito
Siamo abituati a parlare di economia circolare per gli imballaggi, gli elettrodomestici, i pneumatici, ma cosa sappiamo di come il paradigma della circolarità venga applicato agli edifici? Strumento prezioso, allora, “Neomateriali nell’economia circolare – Building”, il nuovo volume della collana di Edizioni Ambiente dedicata ai neomateriali. Curato da Marco Caffi, direttore di Green Building Council Italia, esplora “le potenzialità di una nuova edilizia circolare, dimostrando come sia possibile dare forma a costruzioni che non siano solo belle e funzionali, ma anche rigenerative, in simbiosi con il territorio e a basso impatto ambientale. Il tutto mettendo sotto la lente i tre elementi fondamentali per realizzare la circolarità in edilizia: progetto, cantiere, materiali”.
Edilizia e clima nel volume “Neomateriali nell’economia circolare – Building”
L’edilizia è una delle leve più rilevanti nel contrasto alla crisi climatica. Scrive la Commissione europea: “In quanto principale consumatore di energia in Europa, gli edifici hanno un ruolo cruciale da svolgere nel raggiungimento dell’ambizione dell’UE di diventare il primo continente neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050”. Generalmente quando si parla di emissioni si focalizza l’attenzione sulla fase d’uso, trascurando tutto ciò che viene prima. Sono le emissioni incorporate: tutti i gas serra scaricati in atmosfera per estrarre i materiali, trasportarli, trasformarli, utilizzarli. “Se è ormai chiaro che per mitigare il cambiamento climatico è necessario ridurre il fabbisogno energetico degli edifici in fase operativa, non sempre si è consapevoli dell’impatto che la scelta di un materiale o di una metodologia costruttiva comporta in termini energetici e di emissioni”, scrive il curatore.
Una ricerca del Departement of Civil Engineering della National Univeristy of Ireland, citata nel volume, ha calcolato che le emissioni relative alla produzione dei materiali e alle fasi di costruzione/decostruzione rappresentano circa il 50% del totale delle emissioni di un edificio durante il suo intero ciclo di vita.
Il Circularity Gap Report
Il Circularity Gap Report (rapporto annuale firmato Circle Economy che misura lo stato globale della circolarità) stima il consumo di materia nel settore delle costruzioni attorno alle 39 Giga tonnellate (39 miliardi di tonnelate), per estrarre le quali si rilasciano in atmosfera circa 13,5 GtCO2eq di gas serra (miliardi di tonnellate di CO2 equivalente). Sempre Circle Economy stima che, nel caso si attivino adeguate misure di circolarità, si innescherebbe una potenziale riduzione del consumo di materiali pari a circa 12,7 Gt, con una correlata riduzione delle emissioni di circa 11 GtCO2eq.
“Dunque è chiaro – sottolinea Caffi – come la decarbonizzazione dell’ambiente costruito non possa prescindere dalla capacità di tutto il settore edilizio di ridurre il peso energetico e delle emissioni connessi ai materiali utilizzati”. Con l’economia circolare come leva fondamentale. E torniamo alla prima domanda: cosa vuol dire economia circolare quando è riferita all’ambiente costruito?
Economia circolare in edilizia nel volume “Neomateriali nell’economia circolare – Building”
Sarebbe riduttivo e non corretto ridurre (come si fa spesso nel discorso pubblico) l’economia circolare al solo riciclo, trascurando le fasi (come la riparazione o il riuso) più importanti perché agiscono sulla prevenzione e quindi riducono i rifiuti prodotti. Altra accortezza alla quale ci invita il direttore di Green Building Council Italia quando riflettiamo – e interveniamo – sulla circolarità dell’edilizia, è declinare le diverse fasi dell’economia circolare alle diverse scale dell’ambiente costruito: i materiali, gli edifici, le città. “È necessario mettere in atto soluzioni di circolarità su diversa scala (città, edificio, componente) con differenti modalità (sharing, riuso/riutilizzo, riciclo) e relative strategie di applicazione per le diverse fasi, dal progetto al fine vita”, si legge nel volume.
Il riuso dei materiali
Il riuso, ad esempio può essere applicato ai materiali (riutilizzare il legno strutturale usato in un edificio, o il parquet di un appartamento, col risultato di evitare il prelievo di nuove materie prime) ma anche agli edifici, mediante l’adattamento e la riqualificazione dell’esistente (col risultato di evitare nuovo consumo di suolo). Nuove destinazioni d’uso degli immobili possono essere considerate una forma di economia circolare, e i fabbricati possono essere considerati anche “come una risorsa di spazio condivisibile” svolgendo funzioni ed ospitando attività diverse.
Le città possono allora essere viste come vere e proprie “scorte antropogeniche di risorse (anthropogenic stocks)”, sotto forma di residui derivanti dalle varie attività umane o immagazzinate nel corso degli anni nel tessuto urbano. Che, ribaltando il paradigma delle costruzioni, possono essere valorizzati grazie alla decostruibilità, che facilita “il futuro uso circolare di elementi, componenti e parti dell’edificio, consentendo così la riduzione e la valorizzazione dei rifiuti di demolizione”. Caffi ci ricorda che questo è “il concetto di Urban Mining che favorisce la gestione sistematica di tali risorse (prodotti, edifici, spazi), proponendo una conservazione a lungo termine con evidenti ricadute economiche”, oltre che ambientali.
E se per la città si parla appunto di miniere urbane “per gli edifici si fa ricorso a quello di Building as Material Bank. Le costruzioni possono essere cioè concepite come stoccaggio temporaneo di materiali”.
Gli strumenti tecnologici, progettuali e normativi per abilitare la circolarità
La conversione da un modello lineare ad uno circolare nel settore dell’edilizia non potrà non partire dalla progettazione, “che deve perseguire, sin dalle prime fasi, le strategie di riuso, durabilità, adattabilità e decostruibilità dell’opera”. Per farlo potrà giovarsi di strumenti come le analisi LCA (Life Cycle Assessment – valutazione lungo tutto il ciclo di vita) e il Building Information Modeling (BIM). Proprio le piattaforme BIM permettono di realizzare un “gemello digitale dell’edificio”, fondamentale per poter disporre di “informazioni aggiornate sui componenti e materiali installati, nonché sul loro stato a seguito delle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Solo con queste informazioni si potrà ottimizzare la decostruzione e il pieno recupero dei materiali”. Le LCA sull’impatto della costruzione durante l’intero ciclo di vita devono diventare i presupposto per scelte tecnologiche e costruttive più sostenibili.
Il Reversible Building Design
Affinché gli edifici possano essere abilitati a nuove funzioni o smontati in componenti costruttivi o materiali da riciclare sarà essenziale, in fase progettuale, servirsi anche dei principi del Reversible Building Design: “La progettazione reversibile consente la riparazione, il riutilizzo e il recupero efficienti delle risorse di materiali, prodotti e componenti da costruzione, poiché è possibile accedere a diversi strati come pavimenti, finestre, cavi elettrici, ventilazione, pareti interne senza danneggiare altre parti dell’edificio, e i componenti possono essere facilmente rimossi o sostituiti. Può anche essere utilizzato per progettare edifici flessibili e facilmente trasformabili”.
Tra i fattori abilitanti evidenziati dal direttore di Green Building Council Italia nel volume curato per Edizioni Ambiente, ovviamente, anche “un impianto normativo che aiuti gli operatori del settore edile a raggiungere un’effettiva e diffusa riduzione dell’uso di materia prima”. Norme – che ovviamente includono anche i criteri ambientali minimi (CAM) per gli acquisti verdi della pubblica amministrazione – che dovrebbero contemplare (come avviene ad esempio già per gli imballaggi) percentuali minime di materia riciclata, ma “anche e soprattutto incoraggiare l’efficace gestione del fine vita degli edifici, il riuso dei prodotti di demolizione e dei componenti provenienti dalle decostruzioni selettive”. Dal ragionamento sulla circolarità dell’edilizia non poteva infime mancare il dato economico: “Servono anche strumenti finanziari, che premino quegli investimenti che traguardano e dimostrano di raggiungere dati livelli di circolarità misurabile”. Di fatto una auspicabile premialità finanziaria legata alla circolarità.