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L’India scommette su un mega progetto d’interconnessione fluviale

L’India scommette su un mega progetto d’interconnessione fluviale
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Il National River Linking Project è un progetto ingegneristico di interconnessione fluviale che collega diversi fiumi dell’India trasformandoli in una rete idrica che si estende dall’Himalaya al Mar Arabico e al Golfo del Bengala. È previsto da oltre 50 anni, ma oggi il governo spinge, nonostante diversi esperti di gestione idrica lo esortino a considerare misure diverse.

Il governo indiano sta portando avanti una rischiosa scommessa: un gigantesco progetto ingegneristico che collegherà diversi fiumi del subcontinente, trasformandoli in una mega rete idrica estesa dall’Himalaya al Mar Arabico e al Golfo del Bengala. Si chiama National River Linking Project e lascia dubbiosi diversi scienziati. Perché potrebbe comportare una serie di conseguenze e danni collaterali di portata incalcolabile. Pensato almeno un secolo fa e previsto da oltre 40 anni, ma a lungo rimandato, il progetto – dal prezzo stimato di 168 miliardi di dollari – sembrerebbe ora giunto a una svolta, come racconta Hakai magazine.

L’audace piano di collegamento tra i fiumi nasce dall’idea di reindirizzare l’acqua dove ce n’è bisogno, sottraendola ai luoghi in cui provoca invece devastanti inondazioni. Una riorganizzazione del modo in cui l’acqua scorre nel Paese, per contribuire da un lato all’irrigazione e alla produzione di energia elettrica, dall’altro a contrastare gli effetti dei monsoni. Il National River Linking Project vedrà l’Agenzia nazionale indiana per lo sviluppo idrico scavare 30 collegamenti che, secondo le stime, trasferiranno ogni anno 200 miliardi di metri cubi d’acqua in tutto il Paese.

Autorizzato il primo collegamento di 221 chilometri

Il progetto, “unico nella sua grandiosità senza pari”, è in corso; il governo indiano gli ha “accordato la massima priorità” e ha ottenuto le autorizzazioni per il primo collegamento della rete, tra i fiumi Ken e Betwa nell’India centrale. “L’appalto per la costruzione sarà probabilmente assegnato presto”, secondo il direttore generale dell’Agenzia indiana per l’acqua Bhopal Singh, riportato su Hakai magazine. La costruzione del primo collegamento, lungo 221 chilometri dovrebbe richiedere almeno sei anni.

I dubbi degli scienziati sull’interconnessione fluviale

Himanshu Thakkar, coordinatore della rete indiana no-profit South Asia Network on Dams, Rivers and People si dice preoccupato soprattutto per la mancanza di trasparenza del progetto. Ha fatto parte di una commissione nominata dalla Corte Suprema, ma sostiene che non gli è stato permesso di esaminare i dati idrologici in base ai quali alcuni bacini idrografici sono definiti bacini in eccedenza e altri siti con deficit idrico. Oltre a sconvolgere potenzialmente la distribuzione delle piogge in tutta l’India, il collegamento iniziale del progetto dovrebbe sommergere ampie aree di una riserva critica per le tigri e uccidere più di due milioni di alberi. Thakkar sostiene che il progetto danneggerà anche le popolazioni di gaviale del Gange (una specie di coccodrillo), di avvoltoi e di molte altre specie.

Secondo Upali Amarasinghe, scienziato dell’International Water Management Institute in Sri Lanka, il progetto di collegamento fluviale dell’India potrebbe produrre alcuni benefici finanziari (in Sri Lanka, per esempio, un progetto di deviazione dell’acqua dal bacino del fiume Mahaweli Ganga ha generato, a detta di  Amarasinghe, una maggiore sicurezza alimentare e redditi più alti per la popolazione) ma, secondo i suoi calcoli, al prezzo di sfollare circa mezzo milione di persone e di sommergere vaste porzioni di territorio.

Possibili ripercussioni sui monsoni

Thakkar e Amarasinghe non sono gli unici a temere che il governo non abbia tenuto sufficientemente conto delle potenziali conseguenze pericolose dello spostamento di una simile quantità di acqua. Una ricerca, di cui l’autore principale è Tejasvi Chauhan, ingegnere idrico presso il Max Planck Institute for Biogeochemistry in Germania, ad esempio, considera che il progetto di interconnessione fluviale possa avere ripercussioni sul monsone stagionale del Paese.

Un quarto della pioggia che l’India riceve durante il monsone annuale proviene, infatti, dalle cosiddette precipitazioni riciclate: l’acqua che evapora dalla terra in un luogo e ricade altrove come pioggia. La deviazione dei corsi d’acqua potrebbe interferire con questo processo, spiega Chauhan. Lo studio mostra che il progetto potrebbe esacerbare lo stress idrico, facendo diminuire fino al 12% la quantità di pioggia che cade in alcune regioni aride e aumentando le precipitazioni in altre zone. I bacini fluviali sono parti di un sistema idrologico e cambiamenti in uno di loro possono ripercuotersi in un altro. La ricerca mostra inoltre che, nei bacini fluviali dove si reputa ci sia attualmente un’eccedenza d’acqua, le precipitazioni stanno diminuendo.

Esperti esortano il governo a considerare misure diverse

Il direttore dell’Agenzia indiana per l’acqua, Singh, afferma che il governo sta conducendo una dettagliata valutazione dell’impatto ambientale per ogni collegamento proposto, per preservare gli ecosistemi dagli effetti negativi dell’interconnessione fluviale. La sfida principale per l’avvio del progetto, secondo lui, è la politica: riuscire a far sì che gli Stati indiani raggiungano un consenso sulle modalità di condivisione dell’acqua. Singh è ottimista sul fatto che il progetto contribuirà a risolvere la crisi idrica indiana “in larga misura”. Ma, la costruzione essendo ancora in gran parte allo stadio di progetto, Amarasinghe e altri esperti di gestione idrica esortano il governo a considerare misure diverse – come la raccolta dell’acqua piovana, la ricarica delle falde e la diversificazione delle colture – per affrontare i problemi legati all’acqua in modo meno ambizioso e più efficiente sotto il profilo economico.

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