Dalle normative europee fino a quelle regionali, dalle tecnologie ai casi studio nazionali: un documento tecnico dell’SNPA sul riutilizzo delle acque reflue da impianti di depurazione urbani
Davanti ad un testo del genere viene voglia di titolare “Tutto quello che c’è da sapere (o quasi) sul riciclo delle acque reflue”. “Il Riutilizzo delle acque reflue urbane da impianti di depurazione urbani: Ricognizione sui controlli e quadro conoscitivo nazionale”, pubblicato dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) affronta aspetti legislativi (soprattutto), ma anche tecnologici e arriva a stilare una sorta di inventario di buone pratiche nazionali.
Viene esaminato il contesto normativo europeo, nazionale per il riutilizzo delle acque reflue urbane, dalle direttive e dai regolamenti comunitari (come il Regolamento UE 2020/741) alla loro trasposizione in Italia, con particolare attenzione rivolta all’uso irriguo in agricoltura e al risparmio idrico. Vengono illustrati anche i provvedimenti legislativi adottati a livello regionale e provinciale, “con particolare riferimento ai protocolli operativi per il controllo degli impianti di depurazione delle acque reflue urbane destinate al riutilizzo presenti sul territorio nazionale”, mettendo a confronto le differenti modalità di recepimento. Il focus principale è il riutilizzo in agricoltura.
Il documento evidenzia l’importanza del trattamento avanzato delle acque reflue urbane (affinamento) e include una rassegna di esperienze regionali, best practice cui ispirarsi per un’efficace gestione integrata delle risorse idriche.
Reflui e crisi idriche
Il documento sottolinea la crescente attenzione verso il riutilizzo delle acque reflue urbane come soluzione alle crisi idriche e al cambiamento climatico, promuovendo un approccio integrato di gestione della risorsa acqua. In particolare per il riutilizzo irriguo.
Si parte dalla cornice normativa. Quella europea: la Direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane, la direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE) e il Regolamento UE 2020/741, che introduce requisiti minimi per il riuso in agricoltura. A livello nazionale vengono approfonditi il Decreto ministeriale (DM) 185/2003, che regolamenta il riuso per scopi civili, industriali e irrigui; e il Decreto Siccità 2023, che semplifica le autorizzazioni per il riutilizzo irriguo e introduce limiti più stringenti su nutrienti e patogeni.
Sono descritte anche le modalità con cui le regioni italiane hanno recepito le norme, con focus sui controlli della qualità delle acque e sul monitoraggio dei terreni agricoli.
L’importanza del “trattamento avanzato”
Il documento approfondisce il tema del trattamento avanzato (affinamento) come elemento cruciale per garantire che le acque reflue siano idonee al riutilizzo, in particolare per scopi irrigui. Il concetto di “affinamento” viene introdotto dal Regolamento UE 2020/741 per descrivere trattamenti più spinti che trasformano le acque reflue in “acque affinate”, pronte per il riuso. Questo processo ha l’obiettivo di:
- Ridurre la carica microbiologica e chimica: eliminando contaminanti come batteri, virus, nutrienti in eccesso (come azoto e fosforo), metalli pesanti e altri inquinanti;
- Assicurare la sicurezza ambientale e sanitaria: prevenendo rischi per l’ambiente, l’uomo e gli animali attraverso parametri rigorosi di qualità;
- Promuovere l’economia circolare: recuperando nutrienti utili (come azoto e fosforo) per l’agricoltura.
Per ridurre i rischi legati al riutilizzo delle acque affinate, il Regolamento richiede un Piano di Gestione del Rischio affiancato da controlli e monitoraggi affidati al gestore dell’impianto, che verifica regolarmente i parametri chiave, e alle autorità competenti, che vigilano sull’operato del gestore e sulla qualità delle acque distribuite.
Tra le tecnologie di trattamento avanzato, SNPA cita la filtrazione ultrafine e l’osmosi inversa, per rimuovere particelle microscopiche e patogeni; i trattamenti chimici e biologici, per abbattere la carica organica e disinfettare; i processi di disinfezione avanzata (ad esempio i raggi UV o l’ozono) per garantire la sterilizzazione.
Nonostante i benefici, evidenzia il documento, l’implementazione del trattamento avanzato è limitata da alti costi operativi, sia per l’installazione che per la gestione degli impianti; barriere normative e burocratiche, che prendono corpo nelle differenze di recepimento tra le regioni; e, infine, l’accettazione sociale ele resistenze culturali che contribuiscono a frena la diffusione di questi procedimenti.
Andare oltre le barriere culturali
I ricercatori e le ricercatrici SNPA ribadiscono la necessità di superare le barriere culturali ed economiche per una diffusione del riutilizzo su scala nazionale, adottando strumenti normativi chiari e incentivando l’innovazione tecnica. Il riutilizzo deve essere “sistematicamente promosso, specialmente in aree a elevato stress idrico, garantendo che le acque trattate siano conformi ai requisiti normativi”, scrivono. Purtroppo, “la pratica risulta poco diffusa per motivi legati ai costi e a barriere socioculturali”. Il documento presenta, infine, esempi di buone pratiche in regioni come Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna, dove il riuso è applicato per scopi agricoli. Viene infine evidenziata l’importanza di aggiornare gli impianti di depurazione e di utilizzare tecnologi