Con il termine inglese capacity market facciamo riferimento ad un sistema mediante il quale Terna (cioè l’azienda elettrica nazionale) acquisisce capacità attraverso contratti di approvvigionamento a lungo termine, assegnati tramite una procedura di gara competitiva.
In Italia, tale sistema è stato creato per assicurare la capacità di generazione di energia elettrica e la stabilità della rete elettrica nazionale nel medio e lungo periodo, compensando in questo modo i produttori per la loro capacità di generare energia. Qui di seguito proveremo a spiegarne più nel dettaglio il funzionamento e il suo ruolo nel settore energetico.
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Come funziona il capacity market
Il meccanismo si basa su aste, dove i produttori di energia si impegnano a essere pronti a fornire elettricità in futuro, ricevendo un compenso in cambio. Questo sistema gioca un ruolo cruciale nella transizione energetica, perché dovrebbe supportare l’integrazione delle fonti rinnovabili intermittenti e garantire l’equilibrio tra domanda e offerta, migliorando così la flessibilità del sistema energetico.
La storia dietro al capacity market
Tutto è iniziato, in un certo senso, con l’inaspettato blackout nazionale che il 28 settembre 2003 ha lasciato l’intera Italia senza corrente per qualche ora e che ha dato avvio a un dibattito – molto acceso – sull’adeguatezza della capacità di produzione energetica del Paese. Quanto accaduto è infine culminato nell’emanazione del Decreto Legislativo n. 379/03, che ha introdotto un sistema finalizzato a “garantire un livello sufficiente di capacità di produzione di energia elettrica”.
Nel frattempo, negli ultimi anni, il settore energetico, sia in Italia che a livello internazionale, ha subito cambiamenti profondissimi: da segnalare in particolare la riduzione significativa della capacità delle centrali termiche, insieme al forte sviluppo delle energie rinnovabili, dinamiche che hanno scatenato una serie di effetti a catena all’origine del problema della capacità produttiva.
Il dibattito che ne è scaturito ha portato all’adozione in Italia – e precedentemente anche in altri Paesi europei (Regno Unito, Irlanda, Francia, Polonia) ed extra-europei (Stati Uniti) – di meccanismi per la remunerazione della capacità produttiva. La seconda metà del 2019 ha poi rappresentato un momento di svolta: nell’arco di sei mesi è stato prima emanato un decreto ministeriale di approvazione, e poi si è giunti ad una regolamentazione tecnica definitiva in materia.
Il meccanismo è così entrato in vigore con il lancio delle prime procedure di gara. Questo susseguirsi di iniziative, che hanno interessato l’intero settore elettrico, ha finalmente messo al centro del dibattito il Capacity Market, che un numero crescente di operatori ha così iniziato a conoscere.
Il funzionamento del capacity market
Al momento, il mercato prevede contratti annuali (della durata di 15 anni per i nuovi impianti) stipulati tra Terna e il proprietario dell’impianto, il quale, impegnandosi a garantire la disponibilità della propria capacità produttiva, riceve un compenso fisso in euro/MW/anno. L’adempimento di questo impegno nei confronti del TSO (acronimo per Transmission System Operator) è assicurato da un sistema di penali che vengono applicate all’operatore qualora non fosse in grado di erogare la capacità concordata nel contratto.
Il sopracitato accordo formale con Terna impone inoltre all’operatore il pagamento di un contributo a Terna stessa ogni volta che il prezzo orario sul mercato elettrico supera il costo variabile di produzione di un impianto a turbina a gas a ciclo aperto, come stimato dall’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA). Questa clausola è pensata per incentivare tutti gli operatori a vendere energia nei momenti di maggior costo, che spesso corrispondono ai picchi di domanda.
Il sistema di obblighi e sanzioni rende questo particolare meccanismo decisamente rigido: si tratta di una caratteristica distintiva del sistema italiano che, oltre a differenziarlo dagli altri Paesi europei, di fatto esclude la partecipazione di parchi eolici e impianti fotovoltaici, e questo nonostante tali tecnologie rinnovabili siano formalmente incluse nel Capacity Market.
Sarebbe tra l’altro auspicabile che quest’ultimo limite del sistema venisse presto risolto e superato: è infatti importante continuare a puntare sulle rinnovabili nel nostro sistema elettrico, soprattutto in vista degli obiettivi clima-energia per il 2030, che richiedono una quota del 55% proveniente per l’appunto da fonti rinnovabili.
I limiti del sistema
In linea teorica, se il sistema del capacity market funzionasse come previsto, non ci sarebbero problemi teorici nella sua attuazione. Ma purtroppo non è così. Nella forma attuale impostata dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, esso come abbiamo già anticipato non garantisce parità di condizioni per le fonti rinnovabili, che risultano penalizzate essendo escluse da questo mercato.
L’approvazione del provvedimento da parte della Direzione Generale Concorrenza della Commissione Europea, avvenuta il 14 giugno, consente la partecipazione al capacity market solo agli impianti termoelettrici, siano essi già esistenti o nuovi.
Un’altra seria criticità è che gli impianti partecipanti alle aste del capacity market potranno anche partecipare al mercato dei servizi di dispacciamento, guadagnando ulteriormente dalla vendita dell’energia, sebbene con un prezzo massimo stabilito, anche conosciuto come strike price, che potrebbe distorcere il mercato. Il processo, nel suo complesso, andrebbe di conseguenza rivisto in modo molto più trasparente.