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Deforestazione importata: cos’è e come possiamo fermarla

Deforestazione importata: una foresta
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Il testo europeo sulla deforestazione importata era unico al mondo nel suo genere, e dimostrava come l’agenda di Bruxelles avesse davvero a cuore – almeno per quanto riguarda la programmazione politica – l’ambiente. I verbi sono al passato non perché il testo sia stato cancellato ma a causa del suo fattuale depotenziamento. L’opera è iniziata la scorsa primavera, nella fase calda della campagna elettorale per le europee di inizio giugno. Il regolamento doveva entrare in vigore entro il prossimo 31 dicembre. Numerosi Paesi però, Italia compresa, ne henno richiesto una profonda revisione.

La misura sulla deforestazione importata è stata annacquata

L’agenzia di stampa Reuters ha reso nota la notizia per prima. Interpellati dai reporter, tre diversi funzionari europei, provenienti da altrettanti focus group, hanno confermato il fatto che i governi di Austria, Francia, Polonia, Svezia e Italia hanno battuto i pugni sul tavolo contro questa misura. Si tratta di una presa di posizione che la dice lunga su quali siano i reali obiettivi di questi Paesi, e, dunque, di buona parte della UE, in merito alla sostenibilità del loro import. È un vero peccato, perché la normativa avrebbe potuto settare standard straordinariamente elevati per le buone pratiche commerciali del mercato europeo. A quanto sembra, invece, si finirà per favorire di nuovo chi produca impattando sul pianeta.

Il documento sulla deforestazione importata

Deforestazione importata: alberi tagliati
Il documento sulla deforestazione importata voleva indirettamente limitare il disboscamento mondiale

Il regolamento era indubbiamente severo, ma si muoveva nella direzione giusta. Il principio base era quello di obbligare ogni Stato membro a stoppare le importazioni di tutti quei beni di provenienza extra-UE prodotti attraverso deforestazione indiscriminata. La lista di queste merci è piuttosto lunga. Pensiamo a cacao, caffè, soia, olio di palma, carne bovina e altri beni di uso quotidiano. La normativa si scagliava principalmente contro prodotti extra-europei ma puniva anche prodotti made in Europe che non rispettassero gli standard stabiliti. Tra questi rientrano naturalmente legnami ma anche caucciù, cuoio, carta, carbone, pneumatici o cosmetici.

Incuranti dello scopo nobile e virtuoso, che avrebbe fatto un gran bene al nostro pianeta, i governi europei citati e gli altri che non si sono opposti alla proposta di revisione hanno deciso che la norma era troppo restrittiva. La loro priorità, a quanto pare, non è tanto la tutela dei polmoni verdi del pianeta, messi a rischio da queste produzioni incuranti della loro salvaguardia, bensì l’avanzamento del business. Continuando a privilegiare l’economia sulla sostenibilità, difficilmente salveremo la nostra casa comune.

Alcuni analisti si sono detti convinti che l’idea di fare marcia indietro non si debba soltanto a coloro che stanno nelle stanze dei bottoni. Anche il parere degli agricoltori avrebbe influito sulla decisione di rimettere il tutto in discussione.

Deroghe, ritardi e revisione: le richieste degli agricoltori in protesta

Durante i primi mesi dell’anno si tenne una protesta degli agricoli che fece molto scalpore. Tutti ricordiamo le code causate sulle infrastrutture viarie del nostro Paese, e dell’intero continente, dai trattori dei coltivatori insorti. Ebbene, la politica aveva promesso fin da subito che li avrebbe ascoltati, e così pare aver fatto.

Nel corso del Consiglio Europeo dedicato all’Agricoltura, risalente allo scorso 26 marzo, l’Austria ha avanzato due richieste. In primo luogo, una revisione mirata e immediata dei contenuti del regolamento sulla deforestazione importata. In seconda misura, ha auspicato un ritardo, definito dagli stessi rappresentanti austriaci considerevole, dell’entrata in vigore della misura. Ognuno faccia le proprie considerazioni su questo aggettivo. La necessità di rimandare l’applicazione sarebbe dovuta all’esigenza di lasciare sufficiente tempo di conformarsi ad agricoltori, forestali e Stati membri.

Quando nel 2022 si indicò il termine del 2024 come soglia per l’entrata in vigore della normativa, la maggior parte dei Paesi membri, Austria compresa, si dissero convinti che 24 mesi sarebbero stati sufficienti. In aggiunta a queste già significative richieste, Vienna domandò anche una deroga generale, per tutti gli Stati membri la cui superficie forestale non fosse diminuita nel corso degli ultimi decenni nonché per i piccoli produttori. Si potrebbe ritenere che questa seconda proposta abbia senso di esistere, dal momento che i modesti artigiani non possono essere messi sullo stesso piano dei produttori industriali, ma la prima è sorprendentemente insensata.

Nulla impedisce a uno Stato che abbia salvaguardato fino a ieri le proprie risorse forestali di cambiare politica oggi, magari in seguito a richieste differenti del mercato o a qualche stravolgimento politico. 

Una nuova vittoria per un modello di business basato sulla distruzione della natura

Allo stato attuale delle cose, si fa difficoltà a prevedere che cosa accadrà al regolamento europeo sulla deforestazione importata. Quel che è certo è che non entrerà in vigore il prossimo primo gennaio, ma lo farà considerevolmente più avanti, per parafrasare gli austriaci, e in una veste sensibilmente rivista. Ci auguriamo che non finirà per essere soltanto una misura vuota e completamente inutile, se non ai fini di un intollerabile greenwashing.

Questo episodio ci ricorda, se ve ne fosse ancora bisogno, che l’economia del pianeta si basa su un uso insensato e insostenibile delle risorse naturali. Un elevato numero di business è ancora troppo legato alla distruzione della biosfera e il fatto che cambiare modello di produzione sia tanto complicato non è che un’ulteriore riprova di questa realtà.

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Mattia Mezzetti

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