Stando al report Istat dello scorso marzo, le perdite idriche nella rete italiana continuano a rappresentare un problema significativo. La situazione richiede azioni immediate e mirate. Relativamente alla distribuzione comunale, l’acqua potabile andata persa lungo il percorso, nelle tubature, avrebbe potuto soddisfare le esigenze idriche di milioni di persone. La situazione italiana è quantomai paradossale. Mentre la nostra domanda di acqua dolce rimane elevata, una quantità significativa di questa risorsa preziosa si disperde nelle reti di distribuzione.
Le reti comunali, fragili e datate, erogano quotidianamente 214 litri di acqua potabile per abitante. Nel 1999, quando l’infrastruttura aveva 25 anni di meno, ne portavano alle nostre case 36 litri in più.
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Perdite idriche: vediamo quanta acqua sprechiamo
Il volume delle perdite idriche totali, nella sola fase di distribuzione dell’acqua, è pari a 3,4 miliardi di metri cubi. È una cifra spropositata, gigantesca se rapportata al nostro Paese. Di fatto, sprechiamo il 42,4% dell’acqua immessa in rete. L’indicatore è in leggera risalita rispetto al 2020 (quando era al 42,2%), a conferma del fatto che la situazione non migliora, anzi, semmai peggiora, seppure in maniera lieve.
Negli ultimi anni, molti gestori del servizio idrico operanti sul territorio nazionale hanno avviato iniziative per garantire una maggiore capacità di misurazione dei consumi, nonché per contenere le perdite di rete. Ciononostante, è cambiato piuttosto poco. La quantità di acqua dispersa in distribuzione continua infatti a rappresentare un volume considerevole, quantificabile in 157 litri al giorno per abitante. Non certo una cifra trascurabile. Stimando un consumo pro capite pari a quello medio nazionale, il volume di acqua disperso nel 2022 soddisferebbe le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone, per un intero anno. Potremmo dunque dissetare il 75% del nostro Paese con l’acqua che sprechiamo annualmente.
Le cause dello spreco
L’analisi dei servizi pubblici di distribuzione dell’acqua potabile, delle loro caratteristiche, delle fognature e dello stato di depurazione delle acque reflue urbane è effettuata dall’Istat, ogni anno, e inserita nel Programma statistico nazionale (IST-02192). La procedura prende il nome di Censimento delle acque per uso civile e fornisce informazioni su tutta la filiera di utilizzo pubblico delle risorse idriche, dal prelievo di acqua potabile alla depurazione delle reflue urbane, nonché sulle principali caratteristiche dei servizi idrici italiani. I dati pervenuti sono sottoposti a procedure di controllo, correzione e validazione. Basandoci su queste rilevazioni, è possibile individuare le principali cause dello spreco nel nostro Paese.
Per quanto sia impossibile ricondurre a cause specifiche il totale delle perdite di rete, poiché andrebbe condotta una ricerca approfondita e certosina che il sistema statistico non può compiere e deve, per forza di cose, delegare parte del lavoro a modelli matematici, si possono additare le principali motivazioni di uno spreco tanto vergognoso:
- allacci abusivi e fattori amministrativi, generalmente legati a errori di misura dei contatori e usi impropri, incidono per larga parte sullo spreco;
- rotture e vetustà degli impianti, diffuse su larga scala e più concentrate in alcune aree specifiche, rappresentano la causa sulla quale sarebbe più semplice intervenire, anche se poi non si opera come si dovrebbe;
- fattori fisiologici dovuti alla realizzazione della rete, che sfortunatamente sono inevitabili a causa della natura stessa dell’acqua, la quale tende a svicolare via dalle tubature che la incanalano, approfittando dell’allentamento dei metalli e delle loro giunture.
Conseguenze delle perdite idriche
Purtroppo, nonostante gli sforzi per migliorare l’efficienza della rete idrica, l’Istat ci conferma che le perdite restano ancora molto elevate. Questo non solo rappresenta lo spreco di una risorsa la cui importanza è chiara a tutti, ma ha anche implicazioni economiche e ambientali. Nel 2021, il 21,8% della spesa per la protezione ambientale è stato destinato ai servizi di gestione delle acque reflue. Gli investimenti per affrontare le conseguenze delle perdite idriche sono ingenti e si farebbe molto meglio a destinarli alla prevenzione.
L’acqua è irrinunciabile anche per l’agricoltura. Le perdite nella rete idrica non solo minacciano la sicurezza idrica delle comunità, ma influenzano anche settori cruciali, mettendo a rischio la sostenibilità di sistemi alimentari, economici e occupazionali.
Allo scopo di affrontare con efficacia questo problema è necessario un approccio pianificato, il quale coinvolga sia investimenti nella manutenzione e nella modernizzazione delle infrastrutture esistenti, sia l’adozione di pratiche di gestione idrica sostenibile. La tecnologia svolge un ruolo di primissimo piano nel monitoraggio delle reti idriche, nonché nella rilevazione tempestiva delle perdite.
Educare e sensibilizzare la popolazione sull’importanza della conservazione dell’acqua e sull’adozione di comportamenti responsabili è un altro passo non rinunciabile. La sfida della riduzione delle perdite idriche nel nostro Paese (e non solo) richiede l’impegno congiunto di governi, autorità locali, operatori del settore idrico e, ovviamente, anche cittadini. Attraverso uno sforzo collettivo possiamo sperare di preservare questa risorsa vitale per le generazioni future. Così facendo, garantiremo una gestione sostenibile delle infrastrutture dedicate allo spostamento dell’acqua dolce e salvaguarderemo l’oro azzurro.
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