Chiudi
Cerca nel sito:

Energia rinnovabile e fichi d’india bio: la scommessa di Wakonda

Energia rinnovabile e fichi d’india bio: la scommessa di Wakonda
Condividi l'articolo

In Salento, l’azienda agricola Wakonda scommette su una bioraffineria a Opuntia ficus indica. Entrano le pale di fico d’india, escono diversi prodotti alimentari e non, tra cui energie e gas. Un progetto circolare, incentrato sulla sostenibilità ambientale. Testati i prodotti, la produzione industriale è ai blocchi di partenza. A ottobre il primo raccolto e il via dell’impianto a biogas.

Il Salento, i fichi d’india e una raffineria alimentata a biogas. L’ambizioso progetto di economia circolare, tutto sostenibile, della società agricola Wakonda parte da qui. Quarantadue ettari di terra in Puglia da coltivare a Opuntia ficus indica e un impianto a biogas ormai prossimo al via. Dalle pale di Ofi, il team di Wakonda prevede di produrre farine per alimentazione umana, bibite, cosmetici e foraggi animali, sfruttando terreni scarsamente produttivi per le colture tradizionali e generando, con gli scarti delle produzioni, energia e calore da riutilizzare.

Ma anche, in un prossimo futuro, gas da immettere in rete attraverso impianti a biometano che l’azienda vorrebbe realizzare grazie al quarto bando biometano del Pnrr. Dopo aver testato la fattibilità del suo progetto di bioraffineria, le condizioni di produzione e la gamma dei prodotti, la società è oggi ai blocchi di partenza. Abbiamo fatto il punto con il suo fondatore e presidente del consiglio di amministrazione Andrea Ortenzi.

A ottobre il primo raccolto per Wakonda

Le prime pale di Ofi sono state piantate all’inizio di giugno dell’anno scorso su dieci ettari di terreno, sufficienti per fare le prime produzioni e mandare avanti l’impianto a biogas. Quest’estate, però, il raccolto è stato rimandato ed è slittato a ottobre, in attesa del completamento dell’impianto. “Lasciamo le piante crescere finché non siamo pronti al trattamento – spiega Ortenzi –. Ci conviene raccogliere la pianta quando ha tra i 12 e i 16 mesi; a ottobre saremo in linea con gli obiettivi di ottimizzazione del processo.

La pianta ha una capacità di creare metano che aumenta fino al terzo anno”. L’azienda procede gradualmente a piantare anche sul resto dei terreni, di cui una trentina di ettari ricade all’interno del parco regionale di Rauccio. Tutti saranno coltivati a biologico.

Elettricità e calore dall’impianto a biogas per abbassare costi e prezzi

Sul fronte dei prodotti, Ortenzi è soddisfatto. Sono stati realizzati i campioni, in particolare di farine alimentari a uso umano e mangimi animali altamente proteici, che sono serviti per acquisire i primi clienti, e ne è stata ottimizzata la resa. Oltre alla farina di pale di fichi d’india, tra i prodotti che usciranno dalla bioraffineria è prevista anche l’acqua di strizzatura dei cladodi, un liquido ricco di sali minerali, fibre solubili, antiossidanti e vitamine, che sarà recuperato inizialmente per l’irrigazione e nel futuro dovrebbe diventare la base di bibite nutritive e innovative che Wakonda sta sviluppando con i suoi partners.

Ora, per la produzione vera e propria, si aspetta che parta l’impianto a biogas realizzato dall’azienda Sebigas. Un impianto a produzione continua nelle 24 ore, con una potenza installata di 300 kW, la massima consentita per un impianto agricolo. Dal cogeneratore verrà recuperato il calore, in un’ottica perfettamente circolare, per abbassare i costi e, conseguentemente, il prezzo dei prodotti.

“Il processo di economia circolare per noi è proprio il cuore del progetto, altrimenti dovremmo mettere dei prezzi molto più alti”, sottolinea Andrea Ortenzi. Che sintetizza così il funzionamento dell’impianto a biogas: “bruciamo il gas prodotto dalle fermentazioni degli scarti di pale, recuperiamo il calore del motore e dei tubi di scarico e ci alimentiamo un piccolo impianto di teleriscaldamento, con una serpentina d’acqua a 95 gradi che alimenta una soffiante che adoperiamo per essiccare le farine e i mangimi”.

Il progetto degli impianti a biometano di Wakonda

Sono ancora solo progetti, invece, gli impianti a biometano che Wakonda vorrebbe realizzare, sempre nel Salento, attraverso la partecipazione alla quarta gara sul biometano prevista dal Piano di ripresa e resilienza, di cui non sono ancora note le graduatorie. L’auspicio è di poterne realizzare sei, tutti in provincia di Lecce, compatibilmente con i risultati del bando e con i tempi stringenti del Pnrr. Progetti che consentirebbero di avviare partnership e di sviluppare un interessante modello partecipato di coltivatori, su una prospettiva di lungo termine.

Comunque vada, Ortenzi è ottimista. “Per noi il biometano è un’opportunità tattica importante – dice – ma non è strategica. Non siamo nati per fare biometano, bensì una bioraffineria: entra il prodotto iniziale che è il fico d’india e ne escono diversi, tra cui anche il gas. Gli altri prodotti hanno un valore aggiunto più importante del gas, che ci darebbe però opportunità di partnership sia finanziarie che industriali, e una certezza prospettica grazie alla tariffa fissa”.

L’Opuntia ficus indica, una scommessa per il futuro

Secondo le previsioni del ceo di Wakonda, le prospettive di vendita dei prodotti sperimentati sono buone. In particolare, spiega Ortenzi: “un mercato importantissimo è quello dei mangimi, previsto in crescita sia a livello del mercato europeo che di quello internazionale, per cui non dovremmo avere problemi di richiesta almeno per i prossimi sette o otto anni”. La farina di pale di fichi d’india, peraltro, può essere impiegata sia nelle industrie alimentari che in altre industrie, come per esempio il biorisanamento.

Si continua a piantare, dunque. E il fico d’india potrebbe tornare ad aggiudicarsi un posto di rilievo anche nella componente paesaggistica. Non solo come barriera antifuoco – per cui, un tempo, veniva utilizzato per dividere i confini tra le proprietà – ma anche perché l’Opuntia ficus indica assorbe e fissa altissime quantità di CO2, che contrariamente alle altre piante cattura di notte e utilizza di giorno. Un percorso fotosintetico unico che le consente di ottimizzare l’efficienza di cattura del carbonio e di ridurre al minimo la perdita di acqua, rendendola adatta e ben adattata agli ambienti aridi e semi-aridi. Capacità non da poco in tempi di riscaldamento globale.

Ultime Notizie

Cerca nel sito